Roberta Tardani, i disperati fuochi d’artificio di chi sa di aver fallito su tutto

Presenziare, asfaltare, postare, inseguire. Inseguire, postare, asfaltare, presenziare. Osservare il frenetico attivismo in cui si dibatte il sindaco uscente di Orvieto Roberta Tardani consente di capire come si comporta una persona furba quando capisce di non aver combinato niente, di aver fallito il 99,9 % delle promesse elettorali, ma con la forza della disperazione è anche convinta di poter convincere tutti che non sia affatto cosi e che, al contrario, si debba anche rivotarla.  Basta dare un’occhiata al programma elettorale del 2019 per avere conferma di quanto totale sia il fallimento di Roberta Tardani.  E’ una lettura imbarazzante, pochi politici hanno collezionato tanti flop. Siamo di fronte a una sindaca che ha sempre concepito questo ruolo nella versione paesana della presidente della pro loco, essendo incapace di agire come un soggetto concentrato sul creare occasioni di sviluppo.

In questi anni Orvieto ha continuato a perdere opportunità, abitanti e speranze. Non esiste nessun indicatore che confermi qualche minino andamento positivo delle cose che contano: servizi per i cittadini, sanità, trasporti, economia, demografia. La Orvieto del 2024 è, se possibile, messa ancora peggio di quella del 2019 e la colpa è soprattutto di una destra priva di classe dirigente e guidata da colei che il suo predecessore aveva profeticamente bollato come “inadeguata a fare il sindaco”. L’ospedale di Orvieto versa in condizioni che definire precarie è dire poco mentre la sanità privata è decollata. I problemi dei pendolari si sono aggravati e non è stato fatto nulla per migliorare i collegamenti ferroviari.  Il centro storico è un non luogo sempre più spettrale. Nessuna politica per attrarre investimenti è stata mai realizzata.  Nessuna azione per attrarre nuovi residenti anche smart worker ha avuto successo.  La fuga dei giovani non accenna a diminuire.  Sono stati buttati tanti soldi dalla finestra per l’inutile candidatura a capitale della cultura. Il Centro studi è rimasto abbandonato a se stesso e nessuna politica sull’alta formazione è stata intrapresa. L’elenco è lunghissimo.

La sindaca Tardani è stata solo brava a far finta di essere stata lei l’artefice di quell’incremento del turismo che, dopo il covid, sta interessando anche il più piccolo paese della provincia italiana. Per mantenere la poltrona sempre più incerta la vostra sindaca confida disperatamente nella tenuta elettorale di quella rancorosa e ben nota fascisteria locale da cui molti elettori di destra stanno ormai prendendo le distanze di giorno in giorno.  Lì siamo alle comiche vere e proprie con Stefano Spagnoli che giovedì ha descritto i tardaniani come un gruppo di incapaci e il giorno dopo è stato costretto a rimangiarsi tutto ed accodarsi come ruota di scorta allo stesso gruppo a cui il giorno prima non avrebbe affidato la gestione del suo pianerottolo.  Intanto la povera Tardani asfalta freneticamente le strade come facevano nel dopoguerra prima delle elezioni i sindaci dei paesini, presenzia a tutto, adesso a maggio arriveranno anche cresime e comunioni.  E poi posta, posta, posta, posta su facebook tutto senza prendere fiato.   Scomparso Pier Luigi Leoni, a destra gli è rimasto solo facebook e la tendenza disperata a cercare di intestarsi tutti i meriti dell’ultimo minuto.

Nell’arco di una manciata di giorni il suo forsennato movimentismo dovrebbe servire a convincere gli elettori che ha risolto tutte le questioni che ha invece abbandonato per anni. Dai regolamenti sui B&B, alla riapertura del tribunale fino all’imminente novità di una soluzione per la Piave. Il solito repertorio degli inconcludenti insomma, ma ancora detentori di una certa popolarità. Sempre più sola e sempre più nervosa, la sindaca sa di non aver combinato nulla di significativo per gli orvietani che presto potrebbero riservarle la fine politica di Toni Concina. Che almeno aveva il suo stile e suonava benissimo il piano.