1

Razzismo negli stadi fenomeno dilagante: servono pene senza condizionale

Uno spettro si aggira ormai costantemente negli stadi italiani durante le partite di calcio: il razzismo.
È diventata una triste consuetudine leggere nelle cronache del post partita quanto avvenuto di oltraggioso ed offensivo nelle curve di mezza Italia.  Cori razzisti, inni antisemiti, ed un corollario di ululati verso giocatori di colore sono diventati la colonna sonora di un tifo che non è più rivolto a sostenere la propria squadra con passione ed amore ma che diventa un modo per denigrare ebrei, Rom, omosessuali o per dileggiare intere città italiane, Napoli in testa, con i suoi abitanti.  Per non parlare poi degli striscioni infamanti entrati non si sa come negli impianti, nonostante i rigidi controlli delle forze dell’ordine e degli steward presenti negli stadi anche per garantire che questo non avvenga e che compaiono impunemente per essere srotolati prima e durante le partite.
A chiudere  questo cerchio, sempre più simile a un girone dantesco piuttosto che ad un evento da vivere con passione in maniera gioiosa, città troppo spesso devastate e messe a ferro e fuoco da pseudo tifosi che dietro la sciarpa con i colori della squadre di calcio nascondono le loro vere intenzioni distruttive.  Per sconfiggere questo fenomeno purtroppo si dovrebbe (o si dovrà) agire in maniera intransigente e con pene severe che non consistono solo nell’allontanamento di queste frange violente dagli stadi, ma anche nell’applicazione di leggi che ne restringono il raggio d’azione perché non può e non deve essere lo stadio un porto franco e sicuro per compiere atti che, se messi in pratica al di fuori di un impianto sportivo, verrebbero puniti dal codice penale senza ambiguità e indulgenza.
L’odio razziale e l’incitamento ad esso sono reati da perseguire usando il codice penale, così come è da perseguire chi produce danni a persone o cose e come tali questi avvenimenti vanno trattati.
Non ci si può limitare ad utilizzare lo strumento pur necessario del Daspo, ma per sconfiggere una piaga del genere è necessaria l’applicazione di leggi esistenti ed il momento è arrivato  ormai ineluttabile perché questo avvenga, prima che il fenomeno travolga il sistema come sta rischiando di accadere.
Non si tratta più, quindi, di un fattore transitorio e trascurabile ma soprattutto va preso atto che le curve stanno diventando sempre di più terreno fertile per il reclutamento di giovani leve allevate a slogan e razzismo e che quanto hanno fatto proprio in quei luoghi viene poi esportato da lì.
Troppo spesso le cronache ci raccontano di pestaggi, vessazioni e rapine ai danni di immigrati da parte di bande di violenti o di raid razzisti, e altrettanto spesso poi sono riconducibili le stesse gang le ritroviamo a gruppi violenti del tifo.
Tutto ciò non può essere considerata una semplice coincidenza e meriterebbe uno studio più attento ed approfondito da parte di chi si occupa professionalmente del fenomeno, perché si arrivi finalmente ad una virata e gli stadi tornino ad essere un luogo di aggregazione sociale, di amore e passione.  Di certo le sentenze della giustizia sportiva che comminano squalifiche delle curve con la “condizionale” non sembrano essere un grande deterrente perché questi atti non si ripetano.
Sarebbe molto più utile che il giudice utilizzasse lo strumento della pedagogia allestendo iniziative contro il razzismo piuttosto che attendere invano un anno perché non si reiterino cori ed insulti, obbligando i colpevoli a quel lavoro socialmente utile di studio ed applicazione della educazione civica e del rispetto verso il prossimo.