Questo insostenibile atteggiamento kafkiano nei confronti dei pendolari orvietani

La tematica che ruota attorno al mondo dei pendolari orvietani sta assumendo caratteristiche a dir poco kafkiane. L’assessore ai trasporti regionali, nei giorni scorsi, ha pubblicamente affermato sulla stampa locale  che negli ultimi cinque anni la condizione degli orvietani che usano  il treno è migliorata, grazie al proficuo impegno del suo assessorato in collaborazioni con gli amministratori della città sulla rupe e in costante sinergia con il comitato pendolari. Ha affermato che negli ultimi anni sono aumentati i servizi offerti. E che di conseguenza i pendolari del comprensorio orvietano sono tra i più fortunati del Bel Paese per quanto riguarda il discorso treni e dintorni.
A queste parole ha fatto seguito l’ovvio compiacimento e pacche sulle spalle da parte degli attuali amministratori orvietani e, qui il termine grottesco non descrive bene la situazione, da parte del comitato pendolari. Due pensieri istantanei sorgono a questo punto.
Il primo punto è che certamente l’assessore regionale non usa il treno come mezzo di trasporto  per assolvere i suoi impegni (beato lui). Il secondo punto è che gli appartenenti a questo comitato dei pendolari non ben conoscono la condizione di viaggio dei treni da e per Orvieto. Qualcuno dovrebbe fare osservare all’assessore regionale, alla amministrazione orvietana e a questo non semisconosciuto comitato dei pendolari, che negli ultimi cinque anni le cose non sono proprio andate così.
Cinque anni fa c’era un treno alle 8,02 che collegava in meno di un’ora Orvieto con la Capitale.
Sparito senza nessun collegamento sostitutivo previsto. Cinque anni fa c’era un collegamento diretto alle 19,14 da Termini, con arrivo a Orvieto pochi minuti dopo le otto. Sparito pure quello.
Analizzando il trasporto regionale si ha attualmente un buco di 4 ore la mattina, dalle 7,25 alle 11,20 (tanto vale non considerare il regionale delle 7,57 che impiega un tempo biblico per percorrere il tratto Orvieto/Roma).
Situazione non rosea neanche per il rientro a casa dopo una pesante giornata di lavoro.
Dopo il regionale delle 17,20 (costituisce l’incubo di tutti i pendolari orvietani  che devono rientrare a casa per le inumane condizioni di sovraffollamento che comporta), occorre attendere le 20,02 per un collegamento regionale senza cambio Roma/Orvieto (c’e’un collegamento alle 19,02 con treno per Perugia e cambio a Orte).
Inoltre, rispetto a cinque anni fa, il collegamento con intercity delle 18,15 costituiva una garanzia per un sereno ritorno a casa. Attualmente è perennemente in ritardo e non si capisce mai se parte dai binari principali o dai binari 1 e 2 est.
Per non parlare della domenica. Rispetto a cinque anni fa poco o nulla è rimasto. Se una famiglia vuole fare una passeggiata nella Città Eterna o deve rinunciare al sonno notturno e prendere un intercity che ferma alle 5,10 la mattina, o ricorrere, come unica alternativa di viaggio, a quell’improponibile regionale (non si capisce per quale misteriosa ragione denominato “veloce”) delle 8,57 che permette di arrivare a Roma per l’ora di pranzo. Inoltre qualcuno dovrebbe ricordare all’assessore regionale, alla amministrazione locale e a questo non ben definito comitato pendolari, che cinque anni fa solo in casi di emergenza o di criticità oggettive i regionali e intercity che servono Orvieto venivano “dirottati”sulla linea lenta. Oggi è l’opposto. Solo in casi eccezionali i regionali e intercity rispettano il loro tracciato sulla linea direttissima.

Unico segno più in questi cinque anni è l’incremento del costo di biglietto e abbonamento. Oggi occorrono, per raggiungere la Capitale, poco meno di dieci euro con il regionale, poco meno di venti euro con l’Intercity e oltre 1500 euro per abbonamento annuale abbinato a carta tutto treno. Ma questo segno più, cresciuto anno per anno, non è stato annoverato e citato dall’assessore e altri convenuti. Quindi nel presentare la questione in certi termini qualcosa non torna e qualcuno dei soggetti sopra citati evidentemente parla senza abitare su questo pianeta.
Che per i pendolari orvietani, al netto dell’isola felice decantata pubblicamente, non è un bel pianeta.
Viaggiano in treni sempre affollati, viaggiano con l’ansia e l’angoscia di non avere garanzia su rispetto ora di arrivo e su rispetto ora di rientro a casa.
E, soprattutto, con certi soggetti a tirare le file delle loro condizioni di viaggio non possono nemmeno cullare l’illusione che un domani anche per loro possa apparire una piccola luce in fondo al loro tunnel.