PrometeOrvieto a proposito di Sanità. Il buio che si oppone alla visione

Domenica 10 marzo, alle ore 11:00, PrometeOrvieto si è recato a Bologna a visitare una Casa di Comunità per verificare quale fosse la sua organizzazione e quali servizi offrisse alla cittadinanza.

Si tratta della Casa di Comunità di Navile, vicino alla stazione centrale, in una zona di riqualificazione urbana, bella esteticamente, facilmente raggiungibile, con centinaia di parcheggi. L’abbiamo trovata in piena attività, con un servizio di accettazione, due ambulatori aperti ed una dozzina di persone che stavano attendendo il loro turno per essere visitate o ascoltate. I servizi forniti erano indicati con chiarezza. Abbiamo trovato un vero punto di accesso per la soluzione e l’indirizzamento delle persone alla soluzione dei problemi di salute.

Per stessa indicazione del personale che ci ha accolto, in quella struttura venivano assolti tutti i codici bianchi e verdi del Pronto Soccorso, con evidente beneficio per l’Ospedale di riferimento, il Sant’Orsola. Chiara era l’evoluzione che si era concretizzata nel passaggio da Casa della Salute a Casa di Comunità. Abbiamo terminato la visita e ce ne siamo andati con grande invidia nel vedere quanto erano avanti a noi in termini organizzativi, una distanza che evidenzia quanti anni serviranno per essere colmata.

Chiara la scelta urbanistica, così come chiaro il modello di servizio, tutti e due centrati sui servizi da fornire e non su un palazzo da utilizzare. In Umbria nessuno si è occupato negli anni scorsi in modo fattivo della Casa della Salute, evoluta in Casa di Comunità, e l’argomento non è entrato tra le priorità di nessuna Amministrazione regionale e locale prima del PNRR, che ha poi finanziato la Casa di Comunità come approccio al nuovo servizio sanitario regionale.
Noi, a Orvieto, ci abbiamo messo del nostro per fare peggio di quanto si potesse e Regione e Comune si sono imbarcati in un progetto di ristrutturazione dell’ex ospedale a piazza Duomo dove realizzare Casa ed Ospedale di Comunità, con fondi che non sappiamo se saranno sufficienti, senza prevedere gli arredi, da realizzare in tempi strettissimi, senza un piano della viabilità e senza avere ben chiaro l’impatto che la struttura avrà sull’organizzazione del centro storico.

Nel frattempo, non esiste neppure un progetto per garantire i servizi previsti dal piano sanitario nazionale e regionale, da ora al 2026, quando dovrà essere consegnato l’immobile, e poi fino a quando non ci saranno arredi, strumentazioni e personale.

Il buio che si oppone alla visione, letteralmente.