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Politica monetaria: dilemma tra inflazione e stabilità sistemica

Per un lungo periodo di tempo, come risposta alla crisi finanziaria statunitense avviatasi nel 2007 e poi a quella sull’economia reale indotta dal 2020 dalla pandemia, le banche centrali hanno mantenuto i tassi molto bassi e la liquidità assai abbondante. Tale impostazione ha indotto gli operatori a effettuare investimenti significativamente rischiosi essendo quelli a contenuta alea non profittevoli. Finché la politica monetaria è espansiva, sebbene distorti, i mercati tengono ancora a galla l’eccesso di rischio, al contrario, quando la politica monetaria inverte l’impostazione si possono provocare crisi sistemiche.

Una politica monetaria restrittiva a fronte di un’inflazione da costi è la risposta che le banche centrali stanno fornendo: i più elevati tassi d’interesse rendendo più costosi gli investimenti industriali raffreddano il mercato del lavoro, inducendo un impulso sui prezzi di segno opposto rispetto a quello dato dalla crescita dei costi. In un habitat di questo tipo, le banche centrali si trovano di fronte a un dilemma, oltre quello tradizionale minore crescita-inflazione, questo in quanto l’obiettivo dell’inflazione e quello del rischio sistemico, spinto da lustri di tassi risk-free nulli, si pongono in alternativa.

La Silicon Valley Bank (SVB), banca statunitense specializzata nel credito alle start up innovative, investiva in titoli di stato USA la parte di mezzi finanziari non dedicata al core business, i bassi tassi d’interesse hanno spinto la banca verso scadenze più lunghe che hanno una maggiore resa ma anche maggiori perdite in caso di rialzo dei tassi; quando il drenaggio di liquidità da pare della FED ha alimentato voci sulla difficoltà della SVB, le richieste di ritiro dei depositi e la necessità di liquidità hanno indotto la vendita con forti perdite dei titoli del tesoro USA. Negli Stati Uniti i depositi presso le banche sistemiche fino 250 mila dollari sono garantiti e dal 12 marzo tale salvagente è stato esteso anche a tutti i deposi di SVB; il tal modo si è segmentato il mercato, i depositari delle banche sistemiche hanno una garanzia aggiuntiva che non copre le banche regionali, questo sta creando una fuga di depositi dalle seconde alle prime: da più parti si sta perorando la copertura per i depositi per tutte le banche, anche quelle regionali. 

In Europa, la crisi indotta dal rialzo dei tassi ha colpito la svizzera Credit Suisse, che aveva già palesato perdite da investimenti in fondi d’investimento nei precedenti esercizi. La soluzione è stata individuata nell’incorporazione della banca in UBS, creando anche in questo caso distorsioni; in primo luogo, il valore delle obbligazioni Credit Suisse subordinate è stato azzerato, mentre gli azionisti, di solito primo argine alle perdite, per quanto colpiti incasseranno le azioni UBS frutto del concambio; in secondo luogo, la banca ottenuta dalla fusione ha dimensioni da monopolista: il totale attivo sarà circa il doppio del PIL della Svizzera e un quarto dello stock di mutui del paese.

Nell’eurozona le banche, non avendo subito la deregolamentazione trumpiana, sono patrimonialmente più solide e con maggiore liquidità precauzionale; tuttavia, la mancata ratifica, da parte dell’Italia, del MES (meccanismo europeo di stabilità) non consente l’utilizzo a pieno di questa rete di protezione in caso di crisi bancaria.

La distorsione creata da lustri di politiche monetarie ultra espansive, sebbene rese necessarie e attivate a fronte di crisi globali, ha ingenerato una messe di bombe a tempo sparse qua e là nel sistema finanziario, pronte a scoppiare di fronte a un rialzo troppo veemente dei tassi: occorre che le banche centrali si muovano con grande cautela, bilanciando il rischio dell’inflazione con quello dell’instabilità del settore finanziario, esercizio complicatissimo! Peraltro, il rialzo dei tassi con l’innalzamento del cut-off rispetto alla redditività degli investimenti industriali, ridimensiona l’offerta di credito in quelle aree a più contenuta redditività, come purtroppo quella dell’orvietano.

Intensi aumenti dei tassi? Come a tutte le domande io rispondo: “preferirei di no”.