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PD, Per la sanità è vero SOS dal distretto all’ospedale fino alla Casa di Comunità al Duomo

Si è tenuta venerdì scorso la partecipata iniziativa pubblica sul tema Sanità promossa da Partito Democratico di Orvieto.  Le innumerevoli e inascoltate grida di allarme di operatori, sigle sindacali, amministratori e cittadini, che affrontano nel nostro territorio tutte le criticità connesse con la sostanziale impossibilità di accesso ai servizi pubblici di cura e diagnostica, hanno imposto una riflessione sul modello di sanità che si sta delineando alla luce del nuovo piano sanitario regionale.

Ed hanno imposto una riflessione sugli scenari che, in assenza di un improcrastinabile cambio di rotta, si prospettano per il nostro territorio, definitivamente marginalizzato dalla geografia sanitaria del nuovo piano regionale, come nitidamente testimoniato dai vari interventi.

Da più voci è emerso come l’emergenza pandemica, che ci si augura ormai alle spalle, abbia restituito tutta l’urgenza di ricostruire l’ossatura della medicina territoriale nonché l’evidenza di un’organizzazione sanitaria che è riuscita a non farsi travolgere del tutto solamente grazie alla dedizione, all’impegno, all’abnegazione ed al sacrificio dei dipendenti sanitari.  Abbiamo e stiamo sperimentando il dovere di una revisione profonda del nostro sistema sanitario, dentro e fuori l’ospedale, dovere a cui sembra si sia abdicato, così come a quello della tutela del diritto alla salute costituzionalmente garantito. Del resto, cosa rimane di questo diritto di fronte allo scenario delineatosi per la sanità pubblica del nostro territorio e per le sorti del nostro presidio ospedaliero?  Cosa rimane se l’assenza di programmazione, organizzazione, progettualità, investimenti e razionale distribuzione delle risorse, ne stanno colposamente e dolosamente segnando il destino?  Cosa rimane se l’unica revisione adottata è sostanzialmente dettata dallo sciagurato proposito di trasformare i luoghi e le modalità di assistenza sanitaria in modelli dettati da logiche privatistiche di profitto?  Cosa rimane se il Recovery Plan, opportunità unica per un significativo potenziamento dei servizi sanitari del territorio, rischia di trasformarsi in un’occasione mancata e di relegare la nostra sanità al ruolo di Cenerentola dell’Umbria?

Dagli interventi che si sono succeduti sono emerse con vigore tutte le distonie delle scelte che promanano da Perugia, con il timido placet dell’amministrazione locale.   A partire dalla riduzione dei distretti e l’accorpamento di quello di Orvieto, soluzioni incompatibili con l’esigenza di rafforzare la medicina del territorio e particolarmente gravi per l’area dell’Orvietano e dell’Alto Orvietano che, di confine tra Lazio e Toscana e periferiche rispetto alle altre strutture aziendali, stanno pagando un costo altissimo in termini di reale capacità di erogare servizi sanitari ai cittadini.  Le criticità manifeste del nostro ospedale, depotenziato in termini di posti letto nelle Unità Operative e di attività ambulatoriali, non possono più essere ignorate o minimizzate.   La risposta alle ormai insostenibili carenze di organico, rappresentata oggi da contratti a tempo determinato, impiego di agenzie interinali, contratti flessibili, unitamente alla totale mancanza di strategia e programmazione, determina inevitabilmente la progressiva perdita di attrattività dell’Ospedale anche per i professionisti sanitari, con conseguente dispersione di risorse e professionalità.  Mentre le liste di attesa si allungano esponenzialmente, cresce l’attività di intramoenia degli specialisti e prospera la sanità privata, a beneficio di chi ha la fortuna di potersela permettere.  L’assoluta assenza di reale confronto e condivisione ha condizionato molte delle scelte adottate così come quelle compiute nell’ambito degli investimenti previsti dal Pnrr per l’edilizia sanitaria.

Tra queste, stride la nuova collocazione individuata per la Casa di Comunità (dove troverebbero spazio un poliambulatorio, un hospice e un ospedale di comunità, con attività sia di ambito ospedaliero che territoriale) all’interno dell’ex ospedale in piazza Duomo.  Una scelta disfunzionale, per l’incompatibilità con la natura e la vocazione di Piazza Duomo, per le enormi criticità in termini di logistica ed accessibilità, stante il potenziale bacino di utenza, per l’ammontare dell’investimento e per i tempi di realizzazione.  Le letture edulcorate, che promanano dall’amministrazione locale e regionale, circa le misure adottate dal nuovo piano sanitario non ci rassicurano così come non ci rassegnamo a quella che sembra essere una strada segnata.

Le numerose presenze di venerdì sera, a cui avremmo voluto dar voce se il tempo a nostra disposizione non si fosse esaurito nei numerosi interventi, testimoniano peraltro che il fronte che non si rassegna è un fronte largo.