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Pci, “è veramente giusto il tracciato del secondo stralcio della complanare?”

Si è dato notevole risalto all’ autorizzazione del nuovo stralcio della complanare, arteria che dovrebbe ricollegare la SS 71 con il casello autostradale e la SS 205, eliminando i tratti interni ai centri abitati di Segheria, Sferracavallo, Orvieto Scalo ed in parte Ciconia. Il nuovo tratto previsto, di circa 3,6 km, che dovrebbe agevolare, i flussi di traffico da e verso la zona industriale di Bardano, si attesterà alla rotonda del ponte sul fiume Paglia e correndo parallelo alla autostrada, terminerà sulla SP Sferracavallo – Allerona, all’altezza del torrente Romealla. Se poniamo l’attenzione alla finalità che ha motivato e finanziato il progetto nel suo complesso, questo stralcio è quello che meno di tutti contribuisce allo scopo. Infatti, mentre il primo, pur lasciando immutata la criticità di via Angelo Costanzi, ha realizzato un ulteriore ponte sul Paglia, utile per gli abitati di Ciconia e La Svolta ed indispensabile se dovesse risultare impraticabile il ponte dell’Adunata.

Questo progetto consentirà solo di eliminare una parte dell’ormai minimale traffico di mezzi pesanti che accedono alla zona di Bardano, industriale di nome, ma non più di fatto, vista la progressiva, irreversibile diminuzione delle attività produttive. Rispetto al più consistente traffico che attraversa Orvieto verso l’alto Lazio e la costa tirrenica, nulla cambia infatti, finché non verrà realizzato il raccordo mancante con la SS 71, che riteniamo sia quello più complesso ed impattante a tutti gli effetti. Di questo naturalmente non possiamo attribuire particolari responsabilità alla Giunta attuale, risultando sia il progetto generale che la sua suddivisione cronologica in stralci, antecedenti al suo insediamento.

Ciò che invece vorremmo ci fosse chiarito da questa Amministrazione comunale, è il perché, a fronte del progetto originario che ci risulta essere stato votato all’unanimità dal Consiglio comunale dell’epoca, ci vediamo presentare oggi un nuovo tracciato, completamente diverso dal precedente. Quali sono gli elementi intervenuti nel frattempo, che hanno portato a questo cambiamento? Rispetto al posizionamento di una nuova arteria viaria del primo progetto, previsto a ridosso di quelle esistenti, che pur aumentando il volume e la invasività delle infrastrutture, avrebbe almeno contenuto l’impatto all’interno della medesima fascia, vorremmo sapere perché si sia scelto di realizzare la strada, costruendo ex novo in altro sito, superando a priori qualunque riflessione su quanto di negativo possa determinare al contesto circostante. Prima di entrare nel merito oggettivo di questo stralcio di complanare, quello che più contestiamo è il disinteresse e la mancanza di qualsiasi attenzione al territorio ad alla sua naturale e potenziale vocazione.  Traslare di decine di metri l’asse del nuovo raccordo, allontanandolo da quello autostradale, non è indolore come se fossimo nel deserto africano o nella steppa siberiana.

Significa, anche, ridurre drasticamente l’esercizio della ottimale attività agricola su una vasta area ad elevata produttività e destinazione pregiata, peraltro anche sede di produzioni ricadenti nei presidi slow food, significa creare dei refusi di incolto, nei quali diventerà difficile e non remunerativo attuare qualunque attività agricola ma che comunque, non potendoli abbandonare, richiederanno in ogni caso la ricorrente manutenzione a cura dei rispettivi proprietari. Oltre al danno, anche la beffa!

Ed aggiungiamo danno a danno!

Per anni, sotto qualunque tipo e colore di Amministrazione, è stata consentita sul piano del fiume Paglia la pressoché totale possibilità di escavazione di inerti, tanto da determinare, una diversa struttura e stratificazione del terreno rispetto a quella originaria, con perdita di qualità organica e soprattutto di capacità drenante. Perseverando nel non voler ammettere che forse, una delle vie per la transizione ecologica tanto decantata sul PNNR, fino ad ora solo a parole  dal nostro premier, passa anche per una nuova concezione di sviluppo che includa a pieno titolo l’agricoltura e la salvaguardia del territorio, oltre a digitalizzazione ed alta velocità, si continuano a privilegiare infrastrutture, quali una  strada, a servizio di uno sviluppo industriale e di un commercio che non ci sono più, noncuranti del sito dove verrà ad essere collocata e minimizzando le ripercussioni derivanti. Tra le ripercussioni, la più importante, è senz’altro la perdita di suolo agricolo utile e pregiato. L’ingombro del nuovo rilevato stradale, comprensivo delle fasce di rispetto laterali, delle strade vicinali di raccordo, delle cunette e quanto altro, assomma a diversi ettari, non pochi metri quadri. Si tratta di perdere ancora una volta terreno, attività, produzioni tipiche.

Non riusciamo a capire quale credibile e sostenibile visione di futuro, induca ancora a sviluppare e costruire, senza una minima certezza di risultato e di impatto economico e sociale, spendibile e vivibile dalla gente. Altra prova lampante che si ragioni per segmenti ed a compartimenti stagni, è data dal conflitto di intenti che si viene a determinare con il progetto della Regione, tramite il Consorzio di Bonifica, relativo alla trasformazione e potenziamento dell’impianto di irrigazione interrato per l’area di circa duecento ettari, tutta potenzialmente utilizzabile per colture ad elevata redditività, che verrebbe ad essere tagliata a metà della arteria stradale.

Ci sembra, anche, “una cattedrale nel deserto”, la rotonda intermedia prevista in corrispondenza della intersezione con la strada comunale del Molinaccio. Costi ed ingombro non sono di certo giustificati dall’insignificante volume di traffico che interessa quella “stradina”, a tutti gli effetti di campagna. In secondo luogo, ci sembra molto forzato il sottopasso delle linee ferroviarie e della autostrada in corrispondenza del torrente Romealla, dove le quote di intradosso dei relativi ponti, obbligano a posizionare la nuova strada praticamente al livello di scorrimento del torrente, in regime di magra e non di piena.

Noi, ed insieme a noi gli agricoltori, gli imprenditori agricoli, alcune associazioni di categoria e ci auguriamo tutti coloro che individuano nell’ambiente, nell’agricoltura e nelle opere di regimazione e valorizzazione del territorio la vera nuova fonte di sviluppo e la matrice di una transizione virtuosa, chiediamo che venga rivista la scelta progettuale in atto, rivalutandola e magari condividendola all’interno di una partecipazione più lungimirante e molto più convinta.

                                                                                                                         PCI Federazione di Orvieto