Pace e dialogo

Viviamo in un mondo sconvolto e ferito da una guerra mondiale a pezzi, abitiamo in un pianeta dove vive un’umanità assetata di pace e comprendiamo sempre più quanto sia necessario essere artefici di pace e di fraternità per costruire un mondo migliore. La pace è la base della convivenza civile fra gli uomini, è un tesoro prezioso da difendere. Per garantirla non basta il desiderio di dialogo, occorre renderlo operativo. L’umanità è giunta ad un momento decisivo e solo l’impegno e la buona volontà dei popoli, a tutti i livelli, dalla famiglia alle istituzioni internazionali, possono cercare di risolvere le questioni che egoismo, disparità, ingiustizie e vendette hanno creato. La pace è opera della giustizia, non è la semplice assenza di violenza, laddove il più forte soffoca e opprime il debole. Tanti progetti di pace sono ostacolati dall’odio tra gli uomini, avidi di potere e di ricchezza. Contro le minacce della guerra e le durezze dell’animo umano ha insistentemente operato il Magistero della Chiesa attraverso il Concilio e i Papi: da Benedetto XV, che visse il dramma della Grande Guerra e ne fu fermo avversario, alla strenua opposizione di Giovanni Paolo II alla guerra in Iraq nel 2003, a Papa Francesco, che soffre e prega per la martoriata Ucraina. Il Concilio prevedendo gli orrori di una guerra che distruggerebbe l’umanità, fra sofferenze indescrivibili, – nella Costituzione Apostolica Gaudium et Spes, dove nell’ultima parte vengono trattati “Alcuni problemi più urgenti” – ammonisce a rimuovere le cause per impedirne lo scoppio e invita tutti a cooperare, cristiani e non cristiani, a difendere i diritti dell’uomo e dei popoli per realizzare la via della pace. La Chiesa nella sua missione “è segno di quella fraternità che permette e rafforza un sincero dialogo”. È quanto si legge al n.70 della Gaudium et Spes. Il documento è un forte invito al dialogo e alla collaborazione paziente e coraggiosa, adeguato al nostro tempo sia per comprendere la concezione della vita che per l’incisività del linguaggio, perché “possiamo e dobbiamo lavorare insieme alla costruzione del mondo nella vera pace” (GS n.92). San Giovanni XIII aveva scritto nell’aprile 1963 l’enciclica Pacem in terris, un capolavoro di coraggio per denunciare gli orrori delle guerre e per indicare quattro pilastri a fondamento della pace: verità, giustizia, amore, libertà. Quanto, poi, iniziato da Papa Roncalli, cioè quell’evento straordinario del Concilio Vaticano II, è stato portato a compimento da Papa Montini. Fu proprio lui che, prendendo l’avvio da quanto era stato promulgato nella G.S., volle celebrare la Giornata Mondiale della Pace, fissandone la data al primo giorno di ogni anno. Fu suo desiderio dedicare il giorno di Capodanno alla meditazione e alla preghiera per la pace. Così, durante l’omelia della prima celebrazione, il I° gennaio 1968, affermava “la pace deve recare con sé l’ordine, la serenità, la letizia, la speranza, l’energia e la sicurezza del buon lavoro, il proposito di ricominciare e di progredire, il benessere sano e comune, e quella misteriosa capacità di godere la vita scoprendone i rapporti con il suo intimo principio e con il suo fine supremo: il Dio della pace.”. Oggi siamo arrivati alla 56.a edizione della Giornata Mondiale e da allora i Pontefici annualmente inviano un messaggio a tutti i popoli della terra, per invitarli alla riflessione sul tema della pace rivolgendo un appello accorato per far cessare le guerre. Nel 1981 anche l’ONU ha istituito la Giornata Internazionale per la pace che viene celebrata annualmente il 21 settembre. L’ONU esorta a commemorare in maniera appropriata la ricorrenza, come giorno di pace, durante il quale devono cessare le ostilità e le violenze. Ma spesso non si tiene conto di queste raccomandazioni e nessuna tregua viene rispettata. Perché ci sia pace sulla terra deve regnare pace fra le nazioni. Attualmente nel mondo sono in atto circa 70 conflitti: dalla crisi ucraina alle varie guerre e guerriglie in Africa, in Yemen, nell’America Latina e nel Continente asiatico. La guerra è strumento di sofferenza perché con essa c’è solo distruzione: dalla vita umana a tutte le opere create dall’ingegno dell’uomo per il bene e il progresso della società. La guerra, come sosteneva san Giovanni Paolo II, “è un’avventura senza ritorno”. Pertanto è compito della Chiesa esercitare un forte impegno comune per realizzare la pace, la giustizia, la libertà, la democrazia ed essa con fermezza esprime la sua condanna contro ogni forma di violenza. L’uomo avverte l’esigenza di riscoprire il valore della pace, di quella vera che trova il suo fondamento nel riconoscimento dei diritti umani. Impegno del cristiano è edificare la pace, per questo motivo il mondo ha bisogno di operatori di pace, di uomini miti e tolleranti, che sappiano inserirsi nel contesto delle attuali situazioni storiche di conflitto per portare testimonianze e soluzioni di riconciliazione (ad es. la Comunità di Sant’Egidio). Occorrono uomini di dialogo, animati da quel “sincero dialogo” e dal “desiderio di stabilire un dialogo che sia ispirato dal solo amore della Verità e condotto con opportuna prudenza”, dialogo che la Gaudium et Spes sostiene e che Papa Francesco suggerisce per disinnescare le ostilità. Non dimentichiamo poi la preghiera quale forza e strumento della pace. Nell’ottobre 1986 Papa Giovanni Paolo II, convinto che le religioni possano spegnere l’impeto delle guerre, invitò ad Assisi, per un incontro internazionale di preghiera, autorevoli esponenti di fede cristiana e altri illustri capi religiosi che promuovevano ed alimentavano nel cuore il senso profondo della pace. Fu un avvenimento straordinario e dopo 36 anni l’esperienza di quell’incontro si ripete puntualmente, ma con modalità più semplici. Nell’ultimo incontro, avvenuto il 26 ottobre scorso al Colosseo, Papa Francesco, dopo la preghiera delle varie comunità religiose, ha rivolto questa esortazione: “Non lasciamoci contagiare dalla logica perversa della guerra; non cadiamo nella trappola dell’odio per il nemico. Rimettiamo la pace al cuore della visione del futuro, come obiettivo centrale del nostro agire personale, sociale e politico, a tutti i livelli. Disinneschiamo i conflitti con l’arma del dialogo”. Spesso il grido del Santo Padre è un accorato appello perché si ponga fine ai tanti combattimenti che spargono sangue nel mondo e si instaurino azioni di pace: “Sì al dialogo e no alla violenza, sì al negoziato e no alle ostilità e alle provocazioni” (13 marzo 2023). Recentemente alla GMG di Lisbona, il card. Zuppi, incaricato dal Papa per mediazioni di pace, ha chiesto di continuare a pregare per la cessazione del conflitto in Ucraina perché “senza la pace è la fine”. Ed una tragica fine è stata evitata nel lontano ottobre 1962 grazie al dialogo e alle preghiere di San Giovanni XXIII. Il mondo era sull’orlo di una catastrofe nucleare: USA e Unione Sovietica tra il 16 e 28 ottobre erano pronti a sterminare gran parte del genere umano. Un braccio di ferro tra Kennedy, Chruscev e Fidel Castro aveva creato l’incubo di una imminente guerra. Mosca aveva costruito a Cuba una base per lanciare missili nucleari e colpire gli USA. Il Papa, dopo una delicata consultazione, svolta dalla diplomazia della Santa Sede, intervenne il 25 ottobre con un radiomessaggio, trasmesso in lingua francese dalla Radio Vaticana, per esortare alla pace. Prevalse l’appello di mediazione del Santo Padre fra i due contendenti e il 28 ottobre si giunse ad un accordo. Sembrava una situazione disperata in quanto nessuno voleva cedere, quando improvvisamente, e fu un miracolo, si giunse ad un compromesso da ambo le parti. In quella circostanza l’opera del dialogo, avviata dalla Santa Sede, e la forza della preghiera, strumento anche di pace, consentirono all’umanità di evitare che si piombasse in una terza guerra mondiale.

Ed infine desidero aggiungere un’ultima riflessione. Il mondo è in crisi per le lotte che minacciano il tracollo delle civiltà, per le guerre che promettono pace e sono negatrici di libertà. Non esistono guerre giuste o sante, le guerre sono una follia. E nell’attuale contesto storico pace, libertà e dialogo sembrano le parole magiche adatte per concedere una tregua nei campi di battaglia che, in ogni angolo della terra, vedono in azione la spietata clava di Caino ed ascoltano impotenti il pietoso grido di Abele. La pace è rispetto per l’altro, è un bene inestimabile cui anela il cuore di ogni uomo. La libertà è necessaria all’uomo, ne condiziona la vita in tutte le sue manifestazioni, è una sua esigenza vitale, è per la sua dignità. Il dialogo autentico è possibile instaurarlo solo se c’è rispetto per le persone e amore per la verità. Deve essere animato dallo sforzo comune, volto all’unione effettiva delle coscienze per il conseguimento della verità. Così ogni volta che l’uomo si rivolge all’altro uomo in cerca di aiuto, bussa al suo cuore in cerca di affetto, alla sua mente in cerca di luce, il dialogo diventa una realtà vivente. Allora, se riusciremo ad instaurare un clima di dialogo tra Oriente ed Occidente, fra Nord e Sud, fra le diverse religioni, fra le varie etnie, tra destra e sinistra, potremo smorzare e spegnere tutti i focolai di guerre che stanno distruggendo la pace universale.