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Orvieto, mini-rinvio del canone unico patrimoniale. No a soluzioni spot serve programma di rilancio dell’economia

La notizia è semplice, la giunta comunale, con apposito atto deliberativo e allo scopo di eliminare rischi di potenziali disagi ai contribuenti, ha posticipato al 31 marzo 2021 il termine di pagamento del canone unico patrimoniale riferito al corrente anno che, dal 1° gennaio scorso per effetto della Legge n. 160/19, sostituisce la Tassa occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP), l’imposta comunale sulla pubblicità e il diritto sulle pubbliche affissioni (ICP DPA) che venivano versate entro il 31 gennaio.
Quindi tra la metà di marzo e aprile, quando scadranno gran parte degli aiuti economici e degli “sconti fiscali”, le imprese si troveranno a dover versare il primo denaro fresco che eventualmente incasseranno all’erario e agli Enti Locali.  Da tempo sosteniamo la battaglia, non condividendo la parte dello sciopero fiscale, reato e inapplicabile perché obbliga al reato anche il cliente, ad esempio delle aziende dell’Horeca strette dalla morsa Covid e da regole che non chiudono ufficialmente, ma solo ufficiosamente.  Sono strette da ristori che in parte sono arrivati e in parte sono in attesa dei famosi decreti attuativi per essere veramente di concreto aiuto, almeno questi, alle categorie produttive.
Sicuramente gli Enti Locali hanno un loro ruolo altrettanto fondamentale anche con la leva fiscale.  Occupazione delle aree pubbliche, pubblicità, affissioni, imposta di soggiorno e tariffa rifiuti, che ricordiamo è indivisa, sono gli strumenti più diretti che hanno in mano i comuni per alleggerire i costi delle imprese.
Il rinvio della scadenza tampona l’emergenza immediata, permane però, la crisi di liquidità dovuta al lunghissimo stop delle attività, anche di quelle che ufficialmente non hanno chiuso, e agli impegni previdenziali e delle forniture di gas, luce, telefono e acqua che non si sono mai fermati.  Proprio in queste settimane in tanti si stanno lamentando di bollette del servizio idrico particolarmente elevate e non troppo comprensibili.  Cifre anche di molto superiori ai mille euro a fronte di consumi ridotti e con il peso degli oneri di sistema e della fiscalità molto alto, troppo.  Lo stesso avviene per le altre utilities, con consumi spesso irrisori o pari allo zero, ma che con tasse e oneri fissi a prescindere dai consumi.
Lo Stato, dunque, sembra quasi porgere una mano e ritirare l’altra e gli Enti Locali?  Troppo spesso si è confusa l’emergenza con l’estemporaneità, con provvedimenti spot che hanno prodotto tanta spesa ma con ritorni inesistenti o quasi; tanto ritorno d’immagine ma poco ritorno concreto per le aziende e i cittadini.  Certamente gli enti Locali devono combattere con bilanci spesso già critici o in precario equilibrio ora appesantiti dalla gestione dell’emergenza e allora a maggior ragione spendiamo i soldi dei cittadini cum grano salis, senza scelte estemporanee e rincorrendo una normalità che non c’è, per ora.