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Orvieto, il turismo è al “bando?”

L’inizio della settimana che porta alla Pasqua è stato piuttosto movimentato per il secco botta e risposta tra Federalberghi e la sindaco Roberta Tardani.  Cifre, promozione, destinazione dell’imposta di soggiorno, presenze, arrivi, tutte questioni che hanno fatto alzare improvvisamente i toni tra la categoria imprenditoriale e l’amministrazione comunale.  Tutto è partito dal comunicato di Federalberghi relativo a un incontro avuto proprio con l’amministrazione.  Ecco cosa è scritto nel comunicato, “abbiamo preso atto di alcune iniziative che l’Amministrazione Comunale ha promosso, sottolineando le differenze tra eventi per il territorio e quelli con valenza turistica, ovvero che hanno le caratteristiche per trasformarsi in attrattori di cui tutta l’economia del territorio può beneficiare.
Sappiamo che recuperare il mercato estero non sarà assolutamente facile, ma dobbiamo provarci con progetti di ampio respiro ai quali vogliamo contribuire con le nostre proposte. Al sindaco Tardani – aggiunge il presidente Simone Fittuccia – abbiamo chiesto, ad esempio, di essere coinvolti a priori, con le nostre proposte, nelle scelte per l’utilizzo dell’imposta di soggiorno: già questo sarebbe un salto di qualità per il futuro. Ringraziamo per le aperture incoraggianti che abbiamo colto… Nel centro storico, negli ultimi anni, hanno chiuso due strutture alberghiere, ma ce ne sono altre che hanno investito per rilanciare l’offerta ricettiva di questa città. Nell’attuale situazione, non ci sembrano invece percorribili progetti come quello della riconversione dell’ex ospedale in struttura alberghiera. Il turismo orvietano ha perso negli ultimi due anni il 35% degli arrivi e il 30,3% delle presenze: una situazione perfino più pesante della media regionale che ha comunque registrato un -30,8% degli arrivi e -23,8% delle presenze.  Il dato relativo strettamente al settore alberghiero è ancora più drammatico: -46,5% degli arrivi e -42,6% delle presenze, contro una media regionale di -37,2% degli arrivi e -29,7% delle presenze”.

Immediata e piuttosto dura la replica del sindaco Roberta Tardani, “I dati diffusi da Federalberghi sul movimento turistico nel territorio orvietano negli ultimi due anni si limitano a riportare nudo e crudo il calo complessivo degli arrivi e delle presenze italiane e straniere registrato dalle statistiche della Regione Umbria senza tenere conto di quanto la pandemia ha condizionato i flussi turistici provenienti dall’estero il cui peso su Orvieto è sempre stato maggiore rispetto all’importanza che questa componente ha avuto in altre parti dell’Umbria. E’ noto e appurato di come la pandemia abbia influito negativamente più sui turisti stranieri che su quelli italiani quindi ogni tipo di analisi che possa fornire una fotografia veritiera della situazione attuale, e sulla quale misurare i risultati del lavoro fatto dalla città in questi due anni, non può che partire da queste premesse.   Pertanto, prendendo in considerazione le stesse statistiche regionali riferite al turismo italiano nell’unico periodo confrontabile del 2021, ovvero il secondo semestre, a giugno 2021 il comprensorio orvietano è stato l’unico insieme al Trasimeno a far registrare un segno positivo rispetto al 2019 mentre tra luglio e ottobre l’aumento percentuale su arrivi e presenze va dal 48 al 63% rispetto al 2019, contendendosi alternativamente con Todi il dato migliore dell’Umbria. Il pozzo di San Patrizio, da sempre ‘termometro’ dei flussi in città, dal 1° giugno al 31 dicembre, ha fatto registrare nel 2021 167.481 contro i 132.684 del 2019 con un incremento del 26% e punte fino al 40% in più nel periodo estivo. Mi preme sottolineare come nelle nostre valutazioni confrontiamo sempre i dati del 2021 con quelli del 2019, anno pre pandemia, perché le statistiche del 2020 potevano essere condizionate dalle tendenze del turismo di prossimità che aveva generato il primo lockdown mentre consolidare e aumentare le presenze l’anno successivo era un risultato tutt’altro che scontato. In questi due anni – conclude il sindaco – l’Amministrazione Comunale, confrontandosi sempre con tutti gli operatori di settore, ha investito moltissimo e più di sempre sul marketing territoriale, sulla promozione, sugli eventi e soprattutto sull’innovazione e digitalizzazione dei servizi turistici per creare le condizioni per una immediata ripartenza. I progetti e i risultati raggiunti, presi a modello anche in occasione di importanti meeting del settore, non sono casuali e sono il frutto dell’impegno che ha saputo mettere a sistema tutta la città e non solo l’Amministrazione Comunale. Dovevamo rimetterci al passo con il mondo, ritornare subito attrattivi dopo la tempesta della pandemia, tutte condizioni necessarie per tornare ad aggredire i problemi mai risolti che avevamo prima della pandemia: aumentare la permanenza media sul territorio, puntare su un turismo di qualità e proporre Orvieto non solo come destinazione ma anche come luogo dove vivere. Su queste sfide ci aspettiamo il contributo concreto e costruttivo delle associazioni di categoria, degli operatori di settore e della città intera”.  

Lunedì è stata anche la giornata dell’asta andata deserta per la gestione integrata di teatro, Palazzo del Popolo e Servizi turistici.  Il duro botta e risposta evidenzia un malumore profondo dovuto anche al periodo complesso che stiamo attraversando tutti, dopo pandemia e guerra, ma non solo.  Vorremmo puntualizzare alcuni punti per aprire una discussione franca e aperta sull’intera questione. 

Prima di tutto facciamo parlare i numeri e mettiamoci d’accordo su una lettura univoca.  I dati del Pozzo di san Patrizio evidenziano sì un successo per le casse comunali, ben venga, ma non c’è un nesso diretto con i flussi turistici.  Insomma, diciamolo chiaro e tondo si può andare al Pozzo e poi ritornare allo Scalo e ripartire in meno di un’ora sfruttando un solo biglietto.  Il turismo mordi e fuggi è sempre più evidente soprattutto in questo scorcio di 2022 con tanti gruppi che arrivano già con il panino in mano che addentano mentre camminano verso la Torre del Moro e il Duomo, si fermano per un breve descrizione esterna e, non tutti, entrano pagando il biglietto per la visita alla Cappella di San Brizio e del Corporale, escono, vagano un’oretta tra piazza del Popolo, Corso Cavour e ancora Torre del Moro per poi correre verso la funicolare e ripartire per le altre destinazioni previste nel tour…”de force”.

Un’altra questione riguarda la promozione e gli eventi.  Qui ha ragione Federalberghi nel distinguere tra eventi per la città e per attrarre turisti.  Gran parte del cartellone estivo, fatti salvi quelli relativi alla musica lirica e non solo, sembrano tarati per chi è di Orvieto o ha già scelto la città per le proprie vacanze.  La promozione invita a visitare Orvieto, manca la seconda e terza fase e cioè il territorio, il vivere bene ma qui devono assolutamente intervenire gli imprenditori perché il Comune non può finanziare vere e proprie campagne pubblicitarie in favore di una parte delle imprese. 

Federalberghi sottolinea la propria contrarietà a un albergo 5 stelle in Piazza Duomo, questione archiviata dalla decisione, non vincente, di dedicare gran parte dell’immobile a uffici e ambulatori.  La questione da affrontare sarebbe ben più vasta a partire da una rivisitazione delle categorie alberghiere, insomma delle stelle, da un forte incentivo per il riammodernamento delle strutture e dalla creazione di una seria rete, così come ha sottolineato Antonio Rossetti, Cittadinanza Territorio Sviluppo, in un’intervista concessa proprio a OrvietoLife, per innescare un circolo virtuoso e per rendere più competitive le aziende sul mercato globale.  Un hotel 5 stelle significherebbe avere una vera città turistica di qualità e un conseguente innalzamento della qualità dei servizi commerciali in genere, con un ampliamento ad esempio degli orari di apertura, ma significherebbe un potenziamento dei collegamenti ferroviari di fascia alta, IC e ES, un miglioramento dei servizi si sanità pubblica, quindi un conseguente innalzamento della qualità della vita della città intera.  Anche qui il Comune può fare poco, sono le imprese, le associazioni che devono muoversi e agire, insieme e non singolarmente altrimenti la sfida con il mercato globale è persa in partenza.

L’ultimo punto riguarda l’attrattività di Orvieto nel suo complesso.  Il bando di gestione integrata p andato deserto.  Il sindaco si è affrettato a spiegare che “si è destato interesse perché sono arrivate richieste di sopralluogo”.  Certamente, ma ribattiamo, a quelle richieste non è seguita alcuna offerta concreta su un pacchetto presentato come molto appetibile ma che a ben guardare, sempre leggendo i numeri presentati negli allegati, lasciano scarsissimo margine all’impresa e tati, troppi rischi che potrebbero facilmente compromettere la profittabilità.  Si dice che il Comune ha investito e continua a investire, ma quanto?  E soprattutto quali sono i costi di gestione per unità e come vengono coperti?  Ci sono poi le annose partite ancora aperte e con contenitori tristemente vuoti del Palazzo del Gusto e della Caserma Piave, altri tasselli vitali per l’economica della città e del territorio, sia per il turismo che per il lavoro che, ancora, per attirare nuovi residenti e assicurare un futuro più tranquillo a Orvieto.

I comunicati e le repliche, se non portano numeri, cifre, dati, e date, progetti e proposte rischiano di essere sterili esercitazioni di polemica politica spiccia mentre la città è attraversata da una crisi profonda del commercio, da un declino demografico, marginalmente mitigato da pochi nuovi nati, da un depotenziamento continuo della sanità pubblica territoriale e ospedaliera, tutte questioni che avrebbero la necessità di programmazione di medio-lungo termine che la politica e parte dell’imprenditori oggi non riesce a produrre occupata nelle tante scadenze elettorali e nei piccoli interessi di bottega che ne offuscano la vista in una sorta di miopia ad alto rischio per la città.