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Orvieto capitale della cultura?

Ho visitato Pesaro, poche settimane fa. Sarà Capitale della Cultura 2024. Ho visto quel che ha predisposto e quel che aveva definito all’interno del progetto con cui si è candidata. Ho conosciuto chi era nella commissione che ha valutato quel progetto e me lo ha raccontato per la sua straordinarietà. Hanno avuto la capacità di lavorarci per anni, per arrivare alla candidatura con molte cose fatte presentandola solo dopo aver elaborato obiettivi e averli raggiunti in gran parte nella fase precedente.
Candidarsi a capitale della cultura italiana nel 2025 (in pratica tra 29 mesi ma con la scelta che verrà fatta tra un anno e mezzo) e stare ancora nella fase di partecipazione del progetto, senza nemmeno avere messo le basi di ciò che si vuole rappresentare, non è solo un azzardo ma una follia. Eppure di queste follie ne stiamo vivendo molte. Si può candidare a Capitale della cultura una città che ha chiuso il proprio Teatro? Si può candidare a città della cultura una città che non ha la capacità di ospitare quel flusso turistico che vi si recherebbe in quell’anno perché ha ricettività ridotta? Si può candidare a città della Cultura una città che ha ricollocato i parcheggi nelle piazze più belle senza nemmeno immaginare di creare nuovi parcheggi per tornare a liberare quelle piazze? Si può candidare a città della cultura quella città che ha il fondo Rodari ma non lo sa valorizzare a tutti coloro che lo vorrebbero studiare, vedere? Si può candidare a capitale della cultura quella città che rifiuta progetti di riqualificazione e rivalorizzazione della caserma Piave presentati su vassoio d’argento, che coinvolgono Università italiane ed estere, che individuano risorse, che individuano chi regala alla città un progetto preliminare, senza averne uno proprio nel cassetto o, forse, senza nemmeno trovare più il cassetto? Si può candidare a capitale della cultura quella città che al posto del vecchio ospedale non pensa ad una struttura di valorizzazione turistica ma decide di lavorare al progetto della Casa Salute proprio lì, in quella piazza. Un po’ come se Milano decidesse di mettere la casa della salute a Piazza Duomo o Torino a Piazza Castello. Si può candidare Orvieto a Città della Cultura quando c’è una rete sanitaria territoriale e un Ospedale che ha qualche problema di prospettiva e di organico e un Distretto in fase di chiusura? Si può candidare a città della Cultura Orvieto che non coglie nemmeno l’opportunità di ripristinare un embrione di ufficio giudiziario? Si può Orvieto candidare a capitale della cultura italiana senza un progetto che preveda collegamenti ferroviari migliori con le principali città italiane? Si può candidare a capitale della Cultura italiana una città che ogni anno rischia di perdere un appuntamento come Umbria Jazz per fondi sempre più difficili da individuare? Si può candidare a capitale della cultura una città che non ha ancora ben definito il luogo e il progetto di valorizzazione delle proprie emergenze artistiche, storiche, culturali, enogastronomiche? Si può candidare a capitale della cultura italiana una città che riempie i calanchi di monnezza. Quegli stessi calanchi che Civita di Bagnoregio (che si candida a Capitale della Cultura) ha posto come patrimonio dell’Unesco?
Ora mi direte. Ma a tutte queste domande la risposta quale è? La risposta è sì, certo che è possibile. Per chi fa dell’azione politica essenzialmente propaganda, che come scopo principale ha quello di finire sulla stampa e irretire Orvieto e un territorio con promesse altisonanti, questo è possibile. Ed è possibile se tutti noi ci continuiamo a far prendere per il naso. Non serve a 18 mesi dalla designazione di quella che sarà la capitale italiana della cultura 2025 un nuovo proclama, la pubblicità del tipo “va tutto bene madama la marchesa”. Orvieto si deve candidare ad un unico orizzonte: quello di licenziare il prima possibile questa amministrazione, cerchiamo tra i nostri cittadini una nuova o un nuovo candidato, definiamo una squadra trasversale di donne e uomini con capacità e voglia di fare del bene alla nostra città e voltiamo pagina il prima possibile. E coinvolgiamo anche a chi, e sappiamo che è così, pur dall’interno di questa maggioranza, comincia ad avere giuste e sacrosante perplessità. Altrimenti, nel 2025, raccoglieremo i cocci di una città e di un territorio dove resteranno solo i proclami di chi in modo velleitario ha voluto fare il sindaco senza comprendere prima quali responsabilità ciò comporti. Non servono solo slogan e un ottimo addetto stampa.