One Life, “chi salva una vita salva il mondo intero”

Featured Video Play Icon

Con l’avvicinarsi della data del 27 gennaio, universalmente riconosciuta come il giorno internazionale del ricordo delle vittime della Shoah, un film molto bello, intenso e a tratti commovente è nelle sale in questi giorni.  “One Life” è la storia vera di Sir Nicholas Winton, insignito del titolo di Cavaliere della corona inglese dalla Regina Elisabetta nel 2003 proprio per i meriti acquisiti sul campo nel 1938, nella Praga che stava per essere occupata dai nazisti.
Nicholas Winton detto “Nicky” si rese protagonista del salvataggio di 699 bambini ebrei rifugiati dalla Cecoslovacchia.  Grazie alla sua opera coraggiosa e incessante, quello che lui stesso definì il suo gruppo di lavoro il “Comitato di gente comune”, riuscì a procurare i visti di entrata per l’Inghilterra e soprattutto trovò le famiglie che li potessero adottare.
Fu così che un semplice agente di borsa, educato al “decoro, alla gentilezza e al rispetto per gli altri”, come sottolineato durante il film dalla madre Babette Winton, interpretata da una straordinaria Helena Bonham Carter ed essenziale complice del figlio nella storia, si trasformò in un eroe del nostro tempo.
A dare vita al personaggio nelle diverse fasi della sua esistenza un intenso Jhonny Flynn nella versione giovane e l’immenso Anthony Hopkins, che commuove fino alle lacrime nella scena clou del film quando, ormai anziano, in uno studio televisivo della BBC, reincontra a sorpresa alcuni dei 699 bambini, ormai divenuti anche loro persone di mezza età, da lui salvati dalle deportazioni e dai campi di sterminio nazisti.
Con questo film viene raccontata quindi la storia dell’operazione “Kindertransport” che permise di salvare non solo i 699 ragazzini della lista di Nicky ma, complessivamente, 6.000 minori cecoslovacchi, grazie al solco tracciato da Winton.  Un’impresa che ricorda molto da vicino quella di Oskar Schindler, resa famosa dal film di Steven Spielberg “ Schindler’s list”.
Un’opera cinematografica importante quindi, soprattutto in un momento in cui l’antisemitismo riaffiora in molti strati della società, in Europa, nel mondo e nel nostro paese. Il grande tema rimane quello dell’indifferenza, del coraggio dei pochi che riuscirono ad aiutare a proteggere e a salvare gli ebrei in difficoltà durante la seconda guerra mondiale, a fronte dei tanti che invece si distinsero per malvagità, per delazioni, per manifestazioni di odio che portarono poi al genocidio dei 6 milioni nei campi della morte nazisti.
Quanto avvenuto il 7 ottobre, la strage nazi islamista di Hamas fatta di stupri, decapitazioni, mutilazioni di corpi ed incendi degli stessi, di donne, bambini, famiglie intere dilaniate e colpevoli, agli occhi degli aguzzini palestinesi, di essere ebrei e per questo anche deportati a centinaia a Gaza, ripropone prepotentemente all’attenzione del mondo il tema dell’odio antiebraico.  Con le operazioni di Israele a Gaza si sono riproposti, ottant’anni dopo Auschwitz, slogan inneggianti l’eliminazione del popolo ebraico dalla faccia della terra e la pericolosissima distorsione dei fatti di uno stato ebraico costretto ad entrare in guerra contro il terrorismo di Hamas, dedito ad uccidere deliberatamente palestinesi, rispondendo ad un crimine con un presunto crimine.
Nulla di più falso e tanta demagogia in questi slogan, con una demonizzazione che ha permesso al satrapo di Ankara, Erdogan, di paragonare oscenamente Netanyahu ad Hitler.  Una manifestazione di odio becera da parte del rais turco che si è fatto portavoce e paladino di una vulgata che rischia, in proiezione del prossimo 27 gennaio, di divenire una drammatica strumentalizzazione della guerra in corso a fini propagandistici, con l’intento di colpire Israele ed il popolo ebraico proprio nel ricordo più struggente, quello del genocidio della seconda guerra mondiale.
Ecco perché le giornate che ci aspettano saranno difficilissime e dovremo tutti vigilare perché il pensiero della Shoah rimanga unico ed incontaminato da chi vorrebbe violarlo e farlo divenire altra cosa.
Un film come “ One Life” rappresenta quindi uno strumento di memoria fondamentale per trasmettere ai giovani i principi del rispetto e della convivenza, della bontà e della gentilezza.
Facciamolo vedere ai nostri ragazzi perché quel “Mai più!”, divenuto lo slogan per eccellenza dopo lo sterminio nazista, non diventi, soprattutto dopo il 7 ottobre,” Perché ancora”.