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Note a margine sul CSCO, bene la voglia di rilancio, mancano ancora la comunicazione e i numeri completi

Il tormentone il CSCO “dovrebbe chiudere” è giunto ai titoli di coda con la sindaco Roberta Tardani che ha dichiarato ufficialmente durante la commissione dei capigruppo che “non chiuderà ed anzi stiamo pensando di farlo diventare polo unico della formazione e della cultura, e poi abbiamo iniziato i lavori per l’ultimo piano, così come ci era stato richiesto, e destinato uno spazio ampio all’archivio Maoloni per dare slancio definito al settore della grafica e del multimediale”. Una sentenza definitiva che sembra non prevedere alcun appello.

La novità rilevante che si evince dall’audizione della presidente Liliana Grasso riguarda in particolare la situazione finanziaria dell’Ente che ha archiviato il 2020 con poco più di 13 mila euro di perdite “direi che è un risultato positivo visto io totale blocco delle attività didattiche in presenza e quindi la mancanza degli studenti americani – ho sottolineato Grasso – he ci ha spinti ad esplorare strade nuove con l’attivazione di corsi a distanza e a creare una sezione del CSCO dedicata alla progettazione con i primi frutti che già sono evidenti”. La presidente ha difeso appassionatamente la Fondazione dagli attacchi di una parte politica in particolare e si è dispiaciuta per l’assenza proprio del consigliere Stefano Olimpieri, proprio di chi ripetutamente e da lungo tempo chiede che venga chiuso il Centro Studi. Da parte sua Olimpieri ha fatto sapere tramite il presidente Umberto Garbini, di essere impossibilitato a venire per problemi di lavoro. In effetti è stata un’occasione persa anche perché i consiglieri hanno il diritto di assentarsi dal lavoro in caso di appuntamenti istituzionali come i consigli comunali e relative commissioni.

E’ stata la giornata di una prima ventata di trasparenza, invece, più volte invocata da OrvietoLife che proprio alla vigilia della commissione capigruppo ha ufficialmente richiesto di avere copia del bilancio analitico e non del solo “rendiconto di gestione” relativo al 2020. Però finalmente si ha qualche cifra ufficiale. Partiamo proprio dalle perdite che sono state pari a poco più di 13 mila euro per il 2020 ma contemporaneamente al 30 settembre del 2021 è stato abbattuto lo stock di debito storico di circa 25 mila euro e “prevediamo di arrivare a circa 50 mila per fine anno scendendo sotto la quota psicologica dei 500 mia euro”, ha spiegato e sottolineato la presidente Grasso. La presidente si è poi voluta concentrare su un anno di lavoro in tempo di pandemia che è servito per “ristrutturare l’organizzazione dell’Ente e creare una progettazione di territorio che ci ha permesso di partecipare a 7 bandi nel 2020 e a 8 nel 2021”.

I consiglieri di opposizione, con sfumature diverse, hanno continuato a chiedere maggiori informazioni relative a convenzioni, corsi, costi; lo ha spiegato Martina Mescolini, “ci fa piacere che siano programmati corsi sulla parità di genere, ad esempio, ma vorremmo conoscere i numeri in maniera più dettagliata dei corsi attivati e date certe su quelli futuri, non solo elenchi”. Andrea Sacripanti, invece, ha difeso strenuamente il CSCO e ha definito Stefano Olimpieri “consigliere vintage” per il suo tormentone “chiudiamo tutto”.

Al termine della seduta il risultato è chiarissimo, il CSCO continuerà giustamente ad esistere ma rimangono alcune note a margine che non sono state assolutamente esaminate: la conoscenza dei conti reali della Fondazione; le azioni messe in campo dal cda per ampliare l’azione imprenditoriale della Fondazione; i costi e gli iscritti per ogni corso aperto sia a distanza che in presenza. Sono note a margine importanti soprattutto se, sempre durante la commissione, proprio la presidente ha chiesto a gran voce che il consiglio agisca indicando le azioni da intraprendere e perché spinga sulla politica per accorciare i tempi d’esame dei bandi di finanziamento. Tutto giustissimo, peccato che anche da parte del CSCO manchi una comunicazione puntuale proprio sulla programmazione e sui bandi, sui benefici finanziari prospettici, sui numeri reali. Il CSCO deve continuare ad esistere e soprattutto la città lo deve sentire come istituzione fondamentale per il futuro e compartecipare alla gestione investendoci denari. E questo un vecchio problema che risale ai tempi della presidenza Peltonen quando “improvvisamente” e in alcuni casi senza neanche rispettare i tempi previsti nello statuto, alcuni soci si sono defilati senza essere mai sostituiti con il Comune che si è trovato negli anni a dover “reggere botta” senza amici e alleati. Grasso ha parlato di reputation ma se poi i primi a voler fare piazza pulita sono nella stessa amministrazione comunale, socio unico della Fondazione, è ben complicato invertire la rotta e risalire la china dei conti per riportarli in nero nel medio periodo.

Per superare insieme queste difficoltà di reputation si deve assolutamente prendere in considerazione una nota a margine, quella della trasparenza e della comunicazione puntuale; sono due punti fermi dai quali partire per chiudere con i tormentoni “vintage” e aprire al confronto di idee su formazione e cultura dentro la città anche perché la Fondazione “è della città”.