1

Mentre a Orvieto si dorme a Perugia si smantella il servizio sanitario. Orvieto svegliati!

È interessante l’analisi linguistica che fa la lista “Siamo Orvieto” della Delibera della Giunta Regionale (DGR) n. 1024 dello scorso 5 ottobre intitolata “Piano di Efficientamento e Riqualificazione del Sistema Sanitario Regionale 2022-2024” e condivisibile l’interpretazione come “commissariamento” finalizzato alla riduzione dei servizi.

Io ritengo che l’operazione sia ancora più preoccupante. Andiamo subito al sodo. Esaminando non più solo le frasi magniloquenti e sostanzialmente vuote, ma le previsioni operative elencate nell’allegato alla DGR, se ne trae la conclusione che se i tempi che hanno preceduto la pandemia sono stati problematici e quelli della pandemia e post-pandemia preoccupanti, quelli aperti dalla DGR del 5 ottobre non è difficile immaginarli appunto più che preoccupanti. Soprattutto per Orvieto. Le ragioni sono presto dette:

  1. Più che una sottovalutazione, una sostanziale assenza di visione strategica del sistema sanitario per lo sviluppo civile ed economico dell’Umbria e per il suo ruolo di sviluppatore di servizi di qualità nell’Italia centrale e di connessa attrattività interterritoriale.
  2. Una ancor più evidente assenza del ruolo di servizio interregionale degli ospedali e dei servizi sanitari territoriali delle zone di confine, come è quella di Orvieto. Non deve trarre in inganno il fatto che l’ospedale orvietano sia classificato come DEA di primo livello insieme a quelli di Città di Castello, di Gubbio-Gualdo e di Foligno-Trevi coordinato con Spoleto-Norcia Cascia, perché di primo livello era e di primo livello resta, ma solo sulla carta. Questo infatti non garantisce proprio un bel nulla, visto ciò che è successo (anzi, ciò che non è successo) in tanti anni fino ad oggi, ossia un progressivo impoverimento di strutture, dotazioni tecnologiche, quantità e funzioni del personale, organizzazione e consistenza dei servizi.
  3. Una interrelazione/integrazione con i DEA di secondo livello (Terni e Perugia) solo formalmente affermata ma del tutto indefinita, quando invece sarebbe stato molto più logico e funzionale prevedere in questa parte dell’Umbria una rete ospedaliera con funzioni differenziate e coordinate tra Terni, Narni-Amelia e Orvieto, come non mi stanco di affermare da anni anche con puntuali iniziative in Consiglio comunale (si veda da ultimo la mozione approvata all’unanimità lo scorso 31 maggio su cui tornerò dopo).
  4. La riduzione dei Distretti da 12 a 4 con la sparizione, ritengo non casuale, di quello orvietano. In sostituzione si prevedono i COT (Centrali Operative Territoriali, i punti di presa in carico e di smistamento delle persone bisognose di cure), articolati in 1 Hub e 8 Spoke (i centri incaricati di garantire il percorso assistenziale del paziente), in diverse zone (Perugia, Terni, Spoleto, Città di Castello) e niente ad Orvieto. Cioè la perdita di ogni presenza nel ruolo e nelle funzioni gestionali e amministrative.
  5. La rete delle Case di comunità, insufficiente dal punto di vista quantitativo se devono essere il punto in cui la medicina di territorio si salda con la sicurezza e il benessere della popolazione, indeterminata nei tempi e nei modi di realizzazione, senza indicazioni sulla funzionalità delle localizzazioni (tralascio qui per carità di patria ogni considerazione sull’impegno di milioni per la localizzazione orvietana della Casa della salute, quella dell’ex ospedale di piazza Duomo)

La logica seguita è evidente. Il governo regionale non parte dai bisogni di sicurezza e di garanzia del servizio sanitario per i cittadini, che comporterebbe sì una razionalizzazione, ma con attenzione agli sprechi, alle sovrapposizioni di strutture operative e di funzioni, alle funzioni di rete, al potenziamento dell’efficienza, all’attrattività extraregione, ecc. ecc. Né parte dal fatto che ha un’occasione storica irripetibile, quella di disporre dei fondi del PNRR per fare un serio, approfondito, dettagliato piano di riorganizzazione del sistema sanitario, con l’obiettivo centrale e determinante di migliorare in modo significativo e strutturale il complesso delle risposte alle richieste di assistenza dei cittadini in ogni parte della regione.

No, parte dal deficit consolidato di 150 milioni e dal disavanzo strutturale quota/anno, imposta una riorganizzazione quantitativa che chiama “razionalizzazione”, la farcisce di parole scontate di efficientismo di facciata e affida alle strutture periferiche e a soggetti esterni il compito di programmare i tagli. Facile immaginare i risultati: diminuzione quantitativa e qualitativa del servizio pubblico e sviluppo della sanità privata, potere verticistico, sacrificio delle autonomie e del controllo democratico, problemi per i cittadini, soprattutto, come sempre, quelli delle fasce più deboli e bisognose della popolazione

Questa la lettura delle decisioni della Giunta regionale in tema di riorganizzazione dei servizi sanitari, non pregiudiziale e non faziosa, non è certo viziata da pregiudizio politico, ma è solo preoccupata delle conseguenze negative che ne possono derivare per i cittadini, in particolare nelle zone dell’Umbria in cui più frequenti sono i disservizi e le costrizioni alla transumanza sanitaria. Orvieto è tra queste, sempre fatti salvi impegno, disponibilità e professionalità del personale, spesso impegnato al di là del puro dovere.

Avevo presentato il 7 novembre del 2021 una mozione in Consiglio comunale, che affrontava le questioni sanitarie nel loro complesso e indicava una strategia precisa per il nostro territorio con riferimento sia ai servizi ospedalieri che territoriali. La mozione è stata approvata all’unanimità lo scorso 31 maggio. La distanza tra ciò che è scritto lì e ciò che ha deciso la Giunta regionale è evidente. Mi chiedo, e necessariamente bisogna chiedersi: che cosa ha fatto il Sindaco per dare attuazione a quell’atto unanime del Consiglio comunale? E se ha fatto quello che doveva fare, dovendo ora prendere atto della distanza delle decisioni contenute nella DGR del 5 ottobre dalla volontà del Consiglio, che cosa intende fare? La questione peraltro riguarda anche lo stesso Consiglio a partire dal suo Presidente. Sarebbe come minimo urgente che si decidesse una iniziativa unitaria a livello istituzionale coinvolgendo gli altri sindaci del territorio, le forze politiche, le forze sociali, l’opinione pubblica, per definire una posizione comune per invertire una rotta regionale che ci penalizza pesantemente oggi e domani.

Io presenterò certamente in Consiglio un’interrogazione urgente per sapere se e che cosa si intende fare. Ma nel contempo dico Orvieto svegiati!