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Lettera aperta all’assessore Coletto dal presidente degli aritmologi umbri Andrea Mazza

Riceviamo e volentieri pubblichiamo una lettera aperta scritta dal dr. Andrea Mazza, presidente dell’Associazione Italiana di Aritmologia e Cardiostimolazione dell’Umbria e indirizzata all’Assessore regionale alla Sanità Luca Coletto

Nel recente Congresso Regionale AIAC (Associazione Italiana di Aritmologia e Cardiostimolazione) Umbria 2021 tenutosi a Foligno il 12 novembre ultimo scorso un argomento di rilievo al centro della discussione per la sua attualità e importanza è stato il monitoraggio remoto dei pazienti portatori di dispositivi impiantabili, pace-maker. Defibrillatori e dispositivi per la resincronizzazione cardiaca.

E’ ormai da anni che questa tecnologia è stata implementata sulla piattaforma dei dispositivi impiantabili consentendo un monitoraggio stretto dei pazienti, a cadenza programmabile. E tutto questo in modalità “wireless”, con il semplice ausilio di un comunicatore da porre sul comodino, delle dimensioni di una playstation, come un giocattolo per bambini.  I dati vengono trasmessi dal domicilio all’Ospedale in maniera del tutto automatica o a richiesta del paziente che può attivare autonomamente una trasmissione manuale. Moltissimi sono i parametri trasmessi, che possono per semplicità essere classificati in 2 gruppi: parametri clinici e parametri relativi all’integrità del sistema impiantato. I parametri clinici comprendono la frequenza cardiaca diurna e notturna, il livello di attività del paziente, il carico di aritmie, la frequenza respiratoria, il livello di fluidi nel torace, l’intensità dei toni cardiaci. I parametri elettrici monitorizzano tutta la parte elettronica del sistema, sensibilità, impedenza, soglie di cattura e longevità di batteria. E’ intuitivo quanto importante per il paziente e economicamente vantaggiosa per le Aziende Sanitarie sia questa tecnologia. I vantaggi sul versante clinico vanno da una identificazione precoce di aritmie che necessitano di terapia anticoagulante in prevenzione di ictus cerebrale, come la fibrillazione atriale, alla identificazione precoce di incipiente precarietà emodinamica con rischio di ospedalizzazione per scompenso cardiaco, che grazie a questo sistema può essere intercettata in fase iniziale, evitando l’ospedalizzazione del paziente con un tempestivo adeguamento della terapia diuretica. Anche sul versante più squisitamente strumentale l’identificazione precoce di un malfunzionamento del sistema impiantato ci permette di agire precocemente a difesa del malato, con una riprogrammazione dell’apparecchio o con una revisione dell’impianto. E molti studi clinici pubblicati su riviste scientifiche prestigiose a livello europeo e mondiale hanno confermato l’utilità di questa tecnologia anche in termini di economia sanitaria, offrendoci la possibilità di rendere efficiente il Sistema Sanitario, cioè centrando l’obiettivo di una cura efficace e tempestiva del malato con contenimento di spesa.

Quanto vale un ictus cerebrale o una ospedalizzazione per scompenso evitati grazie al monitoraggio remoto? Ed evitare il continuo impiego di taxi sanitari per il trasporto dei malati infermi ai controlli ambulatoriali? E quante visite si risparmiano quando i controlli in presenza si intensificano in prossimità dell’esaurimento delle batterie? Tutto ciò solo per citare alcuni esempi. Il monitoraggio remoto è efficace nel follow-up di questi pazienti non meno delle tradizionali visite di controllo in presenza, “in office”, ma con ovvi vantaggi clinici e di costi che sono ormai abbondantemente testimoniati in maniera chiara. Tuttavia, come è naturale, esistono standard operativi e modelli organizzativi per il corretto funzionamento dei sistemi di monitoraggio remoto. In estrema sintesi, benché l’organizzazione del follow-up in remoto possa essere declinabile in maniera individualizzata secondo le esigenze e le peculiarità di ogni singolo centro ospedaliero, i requisiti minimi per il suo corretto funzionamento consistono, per un centro a medio volume, di 2 infermieri dedicati, un tecnico anch’esso dedicato, e un medico di riferimento per il personale dedicato cui sottoporre i casi selezionati. Tutti con ruoli e responsabilità specifici. E con la prospettiva di ridurre significativamente altre prestazioni in presenza, i controlli ambulatoriali, rendendo l’implementazione del monitoraggio remoto una prestazione isorisorse, se non addirittura in risparmio. Ma per ottenere tutto questo è necessario il riconoscimento di un rimborso per ogni prestazione erogata, un “fee for service” che giustifichi l’impiego di personale dedicato.

Se non ci sarà al più presto permesso dalla Istituzione Regionale di produrre un DRG con relativo rimborso ufficializzando questa attività, tra non molto non riusciremo più a sostenerla. E’ impensabile delegare questo carico di lavoro, qualificato e di responsabilità, conseguente al follow-up di centinaia di malati, alla buona volontà dei singoli, in assenza di tecnici, con infermieri e medici che strappano ritagli di tempo alla loro routine lavorativa già satura di compiti impegnativi, per dedicarsi in maniera fugace a un’attività che merita ben altra considerazione. La situazione italiana al riguardo è “a macchia di leopardo”: dopo un primo riconoscimento di rimborso ottenuto dalla provincia autonoma di Trento nel 2016 si sono nel tempo affiancate altre 7 regioni, ultima in ordine di tempo la regione Puglia alcuni mesi or sono. Ma la regione Umbria ancora no, sebbene nel Centro Italia sia circondata da Regioni che hanno già ottenuto il rimborso, come il Lazio, le Marche, la Toscana.

Al di là delle belle parole, rivolgo un accorato appello alla Istituzione Regionale dell’Umbria affinché si faccia carico del problema, riconoscendo il rimborso per una attività che è ormai parte integrante del nostro lavoro. Una presa d’atto ufficiale che il monitoraggio remoto è un investimento e non un costo, nell’interesse reciproco del malato e delle Aziende Sanitarie. Non si chiede la luna. Noi tutti, medici e infermieri che operiamo fianco a fianco nel Servizio Pubblico Sanitario, aspiriamo solo a lavorare con efficienza e serenità dalla parte del malato.

Con osservanza

Andrea Mazza – Presidente Regionale AIAC Umbria