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Lettera all’assessore regionale alla sanità Luca Coletto, “prima gli umbri…”

In questi ultimi giorni è andato in onda, e ancora è in onda, l’ultimo sgarbo di una infinita serie nei confronti della sanità orvietana. Da domenica 20 giugno il nuovo punto vaccinale di Orvieto sarà momentaneamente trasferito a Sferracavallo nella palestra della scuola primaria. In poche ore l’amministrazione comunale ha individuato la soluzione all’improvvisa inagibilità di Bardano e ha messo in campo tutte le forze disponibili per rendere concreto il trasloco e la sistemazione. Dalle parole scritte dal sindaco si evincono gli sgarbi della Regione. Niente, di niente, neanche una parola per avvisare con congruo anticipo della necessità di trovare una nuova location. Improvvisamente i cittadini, non il sindaco, sono stati avvertiti con due sms successivi che si sarebbero dovuti recare all’ospedale prima, alla palestra del Liceo Scientifico o a Fabro, poi, per vaccinarsi. E questa è l’ultima scortesia per il territorio e allora proviamo a scrivere una lettera aperta all’assessore regionale Luca Coletto per capire se e quanto ancora dovrà subire l’orvietano, oppure se finalmente si potrà guardare oltre con fiducia.

Egregio Assessore regionale alla Sanità Luca Coletto,

è vero che l’orvietano è una marca di confine, piuttosto isolata dal resto dell’Umbria, ma di questa Regione fa parte a tutti gli effetti. Da troppi anni, però, quest’appartenenza fa rima con dimenticanza. La sanità è sicuramente il settore più colpito in tal senso. In tempi remoti, con l’allora PDS al governo è stata tagliata una sola USL, la numero 4 dell’orvietano in virtù di una riforma che aveva come obiettivo il risparmio. Altre erano in lista ma l’unica ad essere sacrificata, nonostante i bilanci positivi, fu proprio la USL4. Di punto in bianco Orvieto non solo perse la sua USL, non ne facciamo una questione di campanile, ma anche un cespite di grade pregio e rilievo, quello che oggi tutti chiamiamo tristemente ex-ospedale, proprio su piazza Duomo. Nel giro di pochi anni è stato inaugurato il nuovo nosocomio, dopo oltre vent’anni di gestazione complicata, e già allora con evidenti debolezze concettuali e operative. Ma lo specchietto per le allodole ha fatto centro almeno per alcuni anni. Del resto la sanità pubblica in tutta l’Umbria, funzionava a pieno regime, le liste d’attesa non erano contemplate nel vocabolario degli utenti umbri. A piccoli passi ma inesorabilmente la sanità di territorio è stata smantellata dalla politica e da interessi che poco hanno a che fare con quelli dei cittadini. Il partito che ha guidato ininterrottamente la Regione fino a ottobre 2019, il PCI-PDS-DS-PD e alleati misti, porta questa colpa in solitudine, come unico responsabile. Le liste d’attesa erano già un problema nel 2015 a Orvieto e una commissione guidata proprio dall’attuale sindaco Roberta Tardani, mise in evidenza le debolezze strutturali della sanità territoriale e ospedaliera.

Da allora a Orvieto è continuato l’impoverimento, passo dopo passo. I primari cambiano a velocità da Formula1, i pensionamenti non sono stati rimpiazzati, un male comune questo al resto della Regione a cui si è posto parziale riparo con l’ultimo concorso, i macchinari fuori uso vengono riparati con lentezza ingiustificabile e chi più ne ha più ne metta. Intanto il servizio al cittadino è notevolmente peggiorato. In Regione vince per la prima volta il centro-destra; potrebbe essere la svolta.

Passano pochi mesi, che però non fanno presagire nulla di buono, e arriva la pandemia a spazzare via ogni progetto. “E’ emergenza!” e con questo mantra si giustifica tutto. “L’ospedale di Orvieto è blindato”, così scrivemmo a fine febbraio attirandoci le critiche furiose di molti politici ma era la semplice e drammatica realtà. Siamo stati destinati ad essere “no-covid”, ma i servizi sono rimasti praticamente cristallizzati a febbraio 2020. Le liste d’attesa sono letteralmente esplose in tutta l’Umbria, è vero, con punte di “eccellenza” a Orvieto e con dipendenti USL che suggeriscono neanche molto sommessamente, di rivolgersi al privato per “saltare l’attesa”. Il tutto avviene alla luce del sole con il polo ospedaliero di Narni-Amelia che conclude un accordo con Terni; Foligno che marcia a pieno regime; le distanze che non valgono per tutti…e la lista potrebbe continuare a lungo.

In consiglio regionale sembra aprirsi uno spiraglio per la sanità orvietana con il voto unanime per la costituzione di un’emodinamica in ospedale. Ecco un’eccellenza che potrebbe far ripartire una sanità “seduta” e dare una risposta alla domanda di cura per le patologie tempo-dipendenti , quelle che preoccupano il cittadino medio. E’ passato poco più di un anno da quell’impegno e ancora non si è mossa paglia. Nel frattempo provi a prenotare una semplice ortopanoramica. Dovrà assolutamente scegliere Amelia o Terni perché qui la macchina è rotta e non si ripara da oltre un anno. Torniamo all’emodinamica. Certamente l’investimento è importante, ma per un territorio isolato della resto della Regione ma che serve anche aree extra-regionali, potrebbe essere il simbolo della rinascita. Campanilismo? Assolutamente, no! La sanità orvietana tornerebbe ad essere attrattiva professionalmente perché un giovane di belle speranze qui oggi non cresce, o meglio non può andare oltre il livello minimo, mentre con reparti funzionanti, strumentazioni all’avanguardia e potendo offrire un servizio completo per l’emergenza-urgenza, a questo ci è stato sempre spiegato serve l’ospedale Santa Maria della Stella, le occasioni di accrescimento medico sarebbero molteplici. Ci ritroviamo, invece, con un maquillage, l’ennesimo specchietto per le allodole, programmato; la creazione di un indefinito centro medico-assistenziale a due passi dal Duomo, laddove sarebbe stato assai più giusto vederci servizi per il turismo; last but not least torna di moda l’elisoccorso, giustissimo visto che da qui passano autostrada, ferrovia lenta e ferrovia veloce, che dovrebbe dare risposta alla tempo-dipendenza. Ma con quali costi fissi? E perchè gli orvietani devono essere pendolari anche per la sanità?

Assessore, il Piano Sanitario Regionale è “in costruzione” e non vorremmo ritrovarci, all’improvviso, con la demolizione di un presidio necessario come la sanità di territorio e l’ospedale. Non vorremmo ritrovarci con il privato come unico referente per le esigenze del cittadino, creando una diseguaglianza che mal si accorda con lo slogan “Prima gli umbri”, mancherebbe un pezzo, “che possono pagare”. La Costituzione dice altro, però, e il voto del 2019 ha voluto indicare con forza che Orvieto vuole essere la “porta dell’Umbria” mentre troppo spesso rimane come piccolo uscio, entrata di servizio e come conseguenza c’è il progressivo spopolamento, l’impoverimento economico e la chiusura o il ridimensionamento di servizi essenziali per una popolazione sempre più anziana. Per un volta smentiamo la vulgata e puntiamo su Orvieto, sulla sanità, investendo in servizi, strumentazioni, personale, professionisti e infrastrutture anche in virtù di quel decongestionamento che richiedono i due grandi ospedali regionali, Perugia e Terni.