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La sindaca Tardani replica a Barbabella, “capitale italiana della cultura, un processo inclusivo destinato a proseguire”

Caro professor Barbabella,
non mi sorprende la sua nota. Le dico con un sorriso che me l’aspettavo ed esattamente nei contenuti che mi ha fornito. Voglio innanzitutto ringraziarla per aver contribuito, in distinte occasioni e con ruoli diversi, al dossier di candidatura di Orvieto a Capitale italiana della Cultura 2025. Proprio per la sua attiva partecipazione, francamente non comprendo il disagio che manifesta visto che le sue proposte e i suoi preziosi suggerimenti, come ha potuto vedere, hanno trovato spazio in un progetto che ha avuto un’ampia e convinta partecipazione della città e delle sue articolazioni. Il tutto in un processo – è bene ribadirlo – che non è certo iniziato con la candidatura ma che ha avuto in questa occasione il naturale punto di ricaduta di un lavoro che stiamo portando avanti da più di tre anni a questa parte. E di cui siamo molto orgogliosi.
Detto questo, con altrettanta serenità, condivido ben poco della sua analisi che, come spesso accade, rischia di confondere i lettori meno informati perché nelle sue considerazioni mancano premesse importanti a partire dalle finalità e dagli obiettivi del bando predisposto dal Ministero della Cultura a cui abbiamo fedelmente risposto. Perché al di la di tutto di questo si trattava. Va da se che non avendoli chiari o quantomeno esplicitati, non so se volutamente o meno, quelli che lei ritiene punti di debolezza sono in realtà per noi – e non solo per noi visti i riscontri avuti – i punti di forza della proposta progettuale. Quelli che ci hanno consentito di accedere alla selezione finale, risultato non scontato, e poter illustrare e mostrare, non solo alla commissione ma ad un ampio pubblico, il valore culturale e le potenzialità della nostra città. Migliorare l’offerta culturale, rafforzare e favorire la coesione e l’inclusione sociale, rafforzare gli attrattori culturali e destagionalizzare i flussi turistici, utilizzare le nuove tecnologie per coinvolgere le giovani generazioni e migliorare l’accessibilità, promuovere l’innovazione nei settori culturali e creativi. Questi.erano gli obiettivi con i quali ci dovevamo confrontare e con i quali ci siamo misurati.
Fatta questa doverosa e necessaria precisazione, la sua lettera tuttavia almeno su una cosa riesce finalmente a far chiarezza. Prima di tutto a lei. Pur nella rigidità di un bando e di una competizione, nel progetto abbiamo messo la nostra idea di città, quella visione che nei suoi ripetuti interventi ci accusa di non avere e che oggi suo malgrado è costretto ad ammettere che invece esiste. Quella idea di città che a questo punto, mi viene da dire, non ha semplicemente voluto vedere perché è, legittimamente, diversa dalla sua. E quello che scrive ne è la conferma.
Un’idea di una città alla quale la storia ha consegnato tesori e meraviglie, esperienze e conoscenze, ma che vuole proiettarsi nel futuro, che vuole aprirsi alla contemporaneità e alla modernità senza rinnegare il passato, che vuole abbracciare i suoi giovani affinché possano trovare nelle vocazioni di questo territorio un motivo per tornare, un motivo per rimanere, un’opportunità. Una città dove la cultura sia coinvolgente, e non appannaggio dei soliti pensatori, che possa essere raccontata con modi e linguaggi nuovi, attraverso l’innovazione e le nuove tecnologie. Una città e un modello di cultura, mi permetta, diverse da quelle impolverate, stereotipate e troppo rigidamente ancorate al passato che traspaiono dalle sue poche righe. Un passato che è sicuramente e indubbiamente un punto di forza ma che può diventare anche un limite se non si ha il coraggio di provare ad andare oltre. Di sconfinare.
Il bando della Capitale della Cultura non è un concorso di bellezza ne tantomeno una selezione per titoli. Di 10 città – tutte quante meritevoli per la storia, il patrimonio e i valori che custodiscono – ne vince una. E le variabili sono tante, le più inaspettate. Immagino non le siano sfuggite le immotivate pressioni delle ultime ore prima delle audizioni ne tantomeno come Lampedusa e i temi dell’accoglienza siano state tra le motivazioni trainanti della vittoria di Agrigento. Noi non abbiamo nascosto i nostri punti deboli, li abbiamo evidenziati e cercato di tramutarli in opportunità, non abbiamo dimenticato il contesto territoriale in cui ci troviamo e di cui siamo quotidianamente i capofila ma anzi abbiamo esaltato il ruolo centrale di crocevia e di incontro che ha sempre rappresentato la nostra città sin dai tempi degli Etruschi, siamo partiti proprio dalle solide radici della nostra storia e non le abbiamo affatto ignorate come lei vuole far credere. Sono tutte lì, nel dossier, e da quelle prendono spunto tutti i ragionamenti e le proposte. Sono però punti di partenza da cui proiettarsi e non dogmi immutabili. Proposte concrete e realizzabili, con ricadute anche oltre le scadenze temporali perché coerenti e sostenibili nel tempo. Per questo, senza retorica, ho più volte detto che avevamo già vinto nel momento in cui eravamo riusciti a costruire un progetto insieme alla città, senza steccati e divisioni. Un percorso in divenire. Per questo l’esito della competizione non è una battuta d’arresto, anzi. Il processo che si è avviato, aperto e inclusivo, non può essere fermato, vogliamo e possiamo portarlo avanti comunque con convinzione ed entusiasmo, quello che non ci è mancato e non ci mancherà in futuro e che non è affatto componente secondaria per competere in una sfida o centrare un traguardo. Quell’entusiasmo che Orvieto aveva perso da tempo e che oggi sta finalmente recuperando.
Ho avvertito il clima con cui la città ha vissuto questa avventura soprattutto nelle ultime settimane. Dopo tanto tempo si è vista una città – o almeno la stragrande maggioranza – che si ritrovava unita per un obiettivo, per costruire qualcosa e non per andare contro qualcuno o per difendersi. E mi emoziono ancora quando riascolto l’intervento conclusivo della giovane Sophia che forse avrebbe meritato un pensiero tra le sue varie riflessioni.
Quanto al Most, in attesa di essere ricevuti, le comunico che, con ogni probabilità, il ministro Sangiuliano sarà a Orvieto entro l’estate e avremmo modo anche di fargli vedere quello che spero presto potremmo rappresentargli come da mandato del consiglio comunale. E’ un progetto difficile e ambizioso, ma come tutte le proposte di rifunzionalizzazione di una parte importante della città non lasceremo nulla di intentato.

Roberta Tardani