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La politica social, non sempre vince chi fa più post

La moda della politica social è ormai dilagata irreversibilmente.  Sarà anche colpa del covid, non vi è dubbio, ma già da prima foto, commenti e saluti impazzavano sui vari canali e pagine.  Addirittura, è stata annunciata la fine di una maggioranza di governo dal Papeete, tra un cocktail e un Inno d’Italia sguaiato e scomposto

Il covid ha spersonalizzato la politica anche istituzionale allontanando tutti, tenendoli forzatamente a casa e obbligando consiglieri comunali e regionali a lunghe dirette in streaming.  Cambiano i tempi e cambiano anche le modalità di fare politica e di comunicarla ai cittadini e oggi internet, più in generale, è il canale privilegiato perché immediato e apparentemente senza mediazioni, magari del giornalista puntuto che pone domande anche scomode.  Cosa c’è di meglio del comizio 2.0, senza applausi live, ma con tante emoticon di approvazione?  Certo, di approvazione perché il social ti permette, di fatto, di scegliere chi ti è amico, chi vedere, chi seguire, in poche parole manca il contraddittorio.  E i politici, in particolare locali, sono così disabituati ad avere di fronte un cittadino da convincere, magari della parte avversa, che poi ce li ritroviamo a parlare sopra le righe, quasi in preda ad un delirio di onnipotenza che, nel breve giro di qualche mese, può divenire impotenza politica.  E’ questo il caso del politico che minaccia sanzioni a quell’avversario o all’altro, che scrive messaggi neanche tanto “in codice” per aprire una crisi o tentare di aprirla.  Ma, tornando al caso Papeete, la nuova classe politica spesso sbaglia a fare di conto e si ritrova con un pugno di mosche in mano, cioè al “delirio di impotenza” o alla sindrome della belva ferita, che attacca, graffia, morde, ma, alla fine, viene inevitabilmente messa in trappola e domata se non peggio uccisa.

I social rischiano di diventare una straordinaria arma di distrazione di massa per tentare di spostare l’attenzione mentre si sta consumando una durissima conta interna.  Potrebbe essere questo il caso della Lega locale e umbra.  L’altro partito protagonista è sicuramente Fratelli d’Italia che si gode i sondaggi che a livello nazionale, in alcuni casi, lo pongono già sopra i diretti concorrenti della Lega.  Le bordate tra i due, che si dicono alleati, arrivano ciclicamente ma questa volta, stando ai rumors dei palazzi, il malessere è interno alla Lega.  L’eterna guerra tra Caparvi e Briziarelli si declina anche a livello locale con il capogruppo Andrea Sacripanti che dopo lo stop del sindaco Tardani al suo ingresso in giunta, dato per scontato dopo l’addio di Ranchino, è in agguato, pronto a tendere imboscate magari a costo di affondare la nave, almeno questo si vocifera ormai da qualche settimana.  Intanto, sempre da voci vicine al partito, sembrerebbe che i due “dissidenti” della linea ortodossa del partito, e cioè Luciani e Moscetti, abbiamo ricevuto un’ammonizione per aver partecipato ad un consiglio comunale nonostante l’ordine di scuderia fosse quello di disertare.  D’altronde senza Barbara Saltamartini, che garantiva equilibrio e soprattutto era unica responsabile piuttosto ruvida, oggi tutte le divisioni interne sono venute quasi allo scoperto tanto che nel governo Draghi nessun umbro del Carroccio, ha avuto almeno uno strapuntino nonostante i rumors ne davano per praticamente certi due.  Niente da fare! 

Ora la Lega ha compiuto una nuova inversione a “U” nel tentativo di rimescolare le carte ma probabilmente i tempi non sono ancora maturi visto che un po’ tutti, maggioranze e opposizioni, si vogliono contare, prima di sparare le loro cartucce, su numeri parziali, sì, ma reali e non sempre chi spara in anticipo poi esce vincitore, anzi, e la storia insegna.