1

Irlanda del Nord, vera pace o fragile tregua?

Era il 10 aprile del 1998, nel giorno del venerdì Santo  quando venne sancita la fine dei “Troubles”,con gli Accordi di Pace tra cattolici e protestanti nel Nord Irlanda.
Furono quelle intese a decretare la fine delle ostilità tra i due gruppi religiosi, dopo trent’anni di conflitto brutale che vide Belfast e le altre città dell’Ulster teatro di attentati e guerra civile e dove tanto sangue venne versato, come ricorda tristemente una splendida canzone degli U2,”Sunday Bloody Sunday”,dedicata ad uno degli episodi più cruenti di quel periodo, la domenica di sangue del 30 gennaio 1972 giorno in cui l’esercito britannico sparò su una folla di manifestanti cattolici disarmati uccidendo 14 persone e ferendone numerose, scatenando così la rivolta tra nazionalisti cattolici e protestanti lealisti fedeli al governo inglese ed alla corona di sua Maestà britannica.
Ed il fatto che proprio Bono Vox, leader del famoso gruppo irlandese  e fosse di madre protestante e padre cattolico lo pose come figura credibile e sincera nella ricerca di un dialogo tra le due comunità ed ancora adesso, ai nostri giorni, è una delle figure più attive nel promuovere la pace tra gli uomini.
Con gli accordi di quel giorno di 25 anni fa l’Irish Repubblican Army, l’esercito repubblicano irlandese cattolico depose le armi lasciando al braccio politico, il Sinn Fein guidato fino al 2018 dallo storico leader Bobby Sands, il compito di portare avanti democraticamente la causa nazionalista nelle sedi parlamentari dove il partito vinse lo scorso anno le elezioni, come testimoniato anche dal sorpasso demografico dei cattolici sui protestanti, verificato dall’ultimo censimento effettuato in Irlanda del Nord. Ma si tratta di vera pace o piuttosto di una tregua armata?
Se è vero che le due comunità sono ancora divise da quello che è chiamato un Muro della Pace e che separa la cattolica Falls Road dalla protestante Shakill Road e che ancora i giovani delle due comunità si fronteggiano a colpi di molotov e lanci di pietre in quello che è definito una sorta di “Check Point Charlie” come nella Berlino di un tempo, significa che la strada per una vera pace è ancora lunga e tortuosa.
Ed i cosiddetti Troubles,i“ disordini, hanno rappresentato piuttosto una vera guerra civile che ha lasciato sul campo oltre 3500 vittime per lo più civili, e cicatrici difficilmente rimarginabili tra le due comunità, con il grande leone, l’Inghilterra, legata ai protestanti e invisa ai cattolici, a fare da padrone e stendere la sua lunga mano nel controllo e nella gestione dell’”affaire” irlandese.
In tutto questo caos la Brexit britannica non ha aiutato nel ricomporre un conflitto ormai decennale e non di certo risolto con gli accordi del 1998. Proprio  la divisione tra le due Irlande, quella del Nord e quella repubblicana dell’Eire, rappresenta una frontiera naturale tra il Regno Unito e l’Unione Europea, ed aver consentito all’Irlanda del Nord di beneficiare del mercato unico europeo ha accentuato ancor di più la distanza con la Gran Bretagna ed aumentato la frustrazione dei protestanti che si sentono abbandonati dalla madre patria inglese.
Motivi religiosi, motivi politici, motivi economici, tante ancora le cause che tengono in vita il conflitto irlandese. Sono numerosi gli accordi di pace in molte  regioni del mondo che rappresentano delle fragili ancore a cui aggrapparsi, ma di certo questo non deve scoraggiare gli uomini di buon senso e chi ha dei sentimenti positivi da far prevalere, perché l’umanità non debba più vivere le giornate di sangue cantate dagli U2.