Il turismo come unica prospettiva per Orvieto? Ovviamente no.

Come al solito, Antonio Rossetti ha fornito una serie di elementi utili e importanti per la discussione sul futuro economico della città e lo ha fatto con la competenza che gli è propria. Molto esatta l’analisi sulle storture che sono insite in un modello tutto incentrato sulle esportazioni e sulla svalutazione del mercato interno. E’ una analisi brillante perchè si applica sia al modello macro che al micro, cioè ad Orvieto. In fondo si tratta dello stesso tema di quando Angela Merkel invitava i governi italiani a “fare i compiti in casa”, predicando cioè una “germanizzazione” dell’Italia basata su riforme interne di moderazione salariale e anti inflazionistiche, contenimento della domanda interna e massima concentrazione sull’attivo della bilancia dei pagamenti spingendo senza fine sulle esportazioni. Rossetti ci spiega come l’economia orvietana si trovi nella stessa delicata situazione e quanto sia rischiosa la dinamica di privilegiare i non residenti rispetto ai residenti, anche in termini di locazioni immobiliari e inflazione. Se l’Istat misurasse l’inflazione non solo dei capoluoghi di provincia, ma anche dei centri minori, avremmo infatti una clamorosa conferma di quanto affermato da Rossetti. Difficile infatti negare che la dinamica dei prezzi ad Orvieto non sia spinta verso l’alto dalla forte domanda turistica e straniera e quanto questo valga sia per i beni di consumo che per il mercato immobiliare, costituendo quest’ultimo una pesante ipoteca sull’auspicata rinascita demografica della città.

A questo punto del dibattito, la vera questione mi pare questa: c’è qualcuno convinto che il turismo sia l’unica prospettiva economica del futuro su cui scommettere tralasciando il resto e qualcun altro che pone l’esigenza di lavorare anche su altri importanti settori? A guardare superficialmente si ha l’impressione che il centrodestra uscente sia sulla prima posizione e l’ancora evanescente centrosinistra sulla seconda. Se cosi fosse, si tratterebbe di un bel paradosso non fosse altro perchè chi sta a destra è generalmente portato ad esplorare ogni possibilità economica. Veramente il sindaco Tardani è convinta che Orvieto debba puntare tutto e solo sul turismo? Personalmente non credo e penso che l’enfasi data al turismo (settore che l’attuale amministrazione sta dimostrando di saper far funzionare come mai accaduto prima seppur in un contesto nazionale finora positivo) sia stata la scelta più immediata nel dopo covid. Potenziare il turismo ha significato far girare al massimo un ambito in salute e quello in grado di garantire i massimi risultati economici nel giro di pochi mesi, compensando in parte le perdite dei due precedenti anni horribilis. Dal 2019 ad oggi si è cercato di programmare ciò che è stato possibile, ma per due anni è toccato gestire soprattutto le emergenze. Sul fatto che ad Orvieto si debba adesso aprire una nuova fase è difficile del resto pensare che non siamo tutti d’accordo. I settori economici su cui intervenire ci sono e sono importanti. Non possiamo, ad esempio, rassegnarci a non mettere in campo un’ambiziosa politica finalizzata ad attrarre nuovi investimenti dell’area di Bardano, non possiamo ignorare l’esigenza di un vero rilancio del Centro studi, soprattutto in funzione di due settori di grandissimo rilievo didattico, scientifico ed occupazionale come l’agricoltora (in primis l’enologia) e l’archeologia, considerando che Campo della Fiera è tra i primissimi siti archeologici attualmente in scavo in Italia e che la superficie totale su cui indagare ancora per decenni supera i venti ettari, preservando senza dubbio ancora tesori inimmaginabili. Dobbiamo riprendere il progetto universitario con convinzione e idee forti. Non possiamo non ricominciare a pensare al nostro rapporto con Roma che tira in ballo anche la massima attenzione da riservare ai trasporti ferroviari. Poi c’è la ex Piave a cui dare assolutamente un verso, l’edilizia da rilanciare attraverso politiche nuove di edilizia concordata con le imprese e un maggiore coinvolgimento dell’Ater e tanto altro su cui impegnarsi. Dobbiamo essere ossessionati dalla crescita economica e demografica; pensare solo al turismo significa condannarsi a gestire il declino per i prossimi trent’anni.

Per sviluppare questo potenziale c’è bisogno di un clima costruttivo in cui far emergere progetti, idee e personalità. Abbiamo bisogno di grande serietà, grande ambizione, grande capacità di dialogo e rispetto reciproco. Non ci manca niente, basta esserne convinti.