Il tafazzismo tipico orvietano contro il Teatro Mancinelli…perché?

Si sente un forte vento di “tafazzismo orvietano” da qualche mese in città. Il contendere riguarda la stagione teatrale, il Teatro Mancinelli e gli eventi musicali di questa estate culminati con Daniele Silvestri in Piazza del Popolo. Gli hater da tastiera questa volta quasi tacciono, sono piuttosto rari, ma si sono attivati quelli da struscio. C’è qualcosa che non torna. Prima si chiedeva una soluzione alla crisi finanziaria dell’Associazione TeMa, che non è il Teatro Mancinelli. Una situazione che ha procurato un danno d’immagine al Teatro, non siamo qui ad indagare le colpe eventuali ma a registrare la realtà dei fatti con alcune compagnie teatrali che ancora devono ricevere i compensi per gli anni passati. La giunta Tardani decide, anche in questo caso non è il momento di schierarsi, di liquidare l’associazione TeMa. Apriti cielo! Lacrime a non finire e “ora che fine farà il teatro!”. La domanda non è stata posta nei giusti termini. Il Teatro è sempre in Corso Cavour, purtroppo la chiusura dell’associazione ha disperso professionalità, o meglio ha rischiato di disperderle; ha lasciato irrisolti i problemi finanziari e in particolare i debiti nei confronti dei fornitori locali e delle banche. Poi è arrivata la pandemia e il blocco totale per 600 giorni circa.
Il 20 settembre viene presentata una stagione teatrale a ranghi ridotti ma con tanti bei nomi. Lo sforzo di Pino Strabioli è stato encomiabile. Tra ottobre e dicembre sono passati e passeranno bei nomi dello spettacolo da Marchioni a Salemme, da Sofia Ricci e Guerritore. Certamente non sono numerosi ma all’epoca si era ad una limitazione dei posti al 50%. Insomma costruire una stagione teatrale di prosa assomigliava più ad una scommessa che ad un lavoro organizzativo. Ora siamo tornati alla normalità o quasi, almeno per quanto riguarda la capienza, e per la seconda parte della stagione Strabioli ha già in mente ed ha contattato altri nomi interessanti, come ha anticipato nella conferenza stampa di settembre. Eppure i tafazzisti lamentano una bassa qualità. In realtà i nomi sono molto simili a quelli del passato e molte compagnie non hanno produzioni nuove pronte per essere allestite in tempi brevi, sempre a causa della pandemia.
Fa un certo effetto sentire un orvietano che spera di veder fallire la stagione e il Teatro…I sindaci passano mentre il teatro resta e pensare che i nomi che hanno già calcato il palcoscenico hanno avuto una platea con numeri da classe scolastica affollata, in realtà fa un po’ vergognare. Non è una questione di simpatie politiche, sia ben chiaro, ma di un’opportunità offerta ai cittadini che non viene raccolta per “ripicca” difficile da comprendere, se non ricordando il vecchio adagio un po’ crudo del marito che per far dispetto alla moglie…(il seguito lo conoscono un po’ tutti). Ecco il tafazzista tipico orvietano è molto simile al marito appena ricordato; preferisce vedere veramente chiuso il Teatro pur di vendicarsi del sindaco. La lotta politica si fa sui temi, sui progetti, sui servizi che non funzionano e non come “uccelli del malaugurio” sperando che la città sbatta su di un fallimento o su più di uno senza riflettere su ciò che andrà a perdere, un’offerta culturale diversificata.