Il superbonus, da opportunità a trappola mortale

Più o meno due anni fa, in piena pandemia, fu istituito il “superbonus 110%” che nelle intenzioni doveva essere uno strumento formidabile proprio per dare respiro all’economia fiaccata dal Covid, puntando anche alla riqualificazione degli immobili con un impulso significativo al settore dell’edilizia.

Certamente la misura agevolativa si presentava estremamente interessante, sia per l’entità delle detrazioni (110% della spesa) sia per l’innovativo meccanismo dello “sconto in fattura” grazie al quale il committente privato non avrebbe sborsato denaro ma avrebbe potuto cedere all’impresa le sue detrazioni/credito di imposta a saldo delle fatture per la ristrutturazione, l’impresa poi avrebbe ceduto il credito di imposta ad un Istituto finanziario incassando il corrispettivo ed il cerchio si sarebbe chiuso con piena soddisfazione di tutti.

Ed effettivamente le cose sono andate proprio così per qualche tempo: i proprietari di abitazione hanno colto l’opportunità affidando ad imprese edili ed impiantisti la ristrutturazione dei loro immobili, e di conseguenza molte imprese si sono attrezzate, hanno investito e sono cresciute in dimensione vedendo in questa misura una sana opportunità di sviluppo del settore.

Oggi però leggiamo (e per esperienza diretta posso confermare) che tutte le imprese edili che si erano cimentate nella realizzazione di interventi con “sconto in fattura” sono in grave difficoltà finanziaria e che l’intero settore dell’edilizia è in sofferenza addirittura con serio rischio di default.

Che cosa è successo e come si è arrivati a questo stato di difficoltà?

Le cause che hanno trasformato una sana opportunità in un vero e proprio boomerang per le imprese derivano essenzialmente dalle modifiche normative che via via hanno reso sempre più difficile la cessione dei crediti dalle imprese alle Banche, fino alla completa e, ad oggi, definitiva chiusura di ogni possibilità di smobilizzare i crediti che le imprese hanno in pancia, perché anche alle Banche sono stati imposti dei limiti che di fatto non consentono loro di accettare altri crediti.

Semplificando è successo che dopo aver stipulato contratti di appalto con previsione dello “sconto in fattura” e soltanto dopo che i lavori erano stati eseguiti, fatturati e pagati con il credito caricato sul cassetto fiscale dell’impresa, a quella impresa è stato detto che quel credito nessuno lo avrebbe più potuto acquistare e liquidare e potrà usarlo solo in compensazione delle tasse e dei contributi ma in cinque anni oppure anche in dieci anni a seconda del tipo di intervento eseguito. 

La motivazione per la quale è stata imposta “in corsa” una stretta così drastica alla cessione dei crediti, è stata spiegata dal legislatore con la scoperta di truffe per importi miliardari realizzate proprio con la cessione di crediti su ristrutturazioni edilizie mai realizzate o realizzate con prezzi gonfiati.  La realtà però viene raccontata solo parzialmente, perché è indubbio che molte truffe sono state realizzate, ma non sul superbonus 110% bensì per la quasi totalità sui bonus ordinari che esistevano già da anni prima che il superbonus venisse istituito.

Ma come è potuto succedere che proprio ora sia state organizzate così tante truffe su bonus edilizi che esistevano da anni?

Spesso è troppo semplice dire che la legge è stata fatta male, ma in questo caso la legge che ha previsto la possibilità dello sconto in fattura e della cessione dei crediti è stata proprio fatta male!

Quando è stato istituito il superbonus 110%, la possibilità di pagare i lavori con lo “sconto in fattura” e cedere il credito di imposta alla banca è stata estesa anche a tutti gli altri bonus edilizi preesistenti, ma mentre per il superbonus 110% erano necessarie asseverazione tecnica e visto di conformità, cioè assunzione di responsabilità di due professionisti (tecnico e commercialista) a loro volta garantite da specifica copertura assicurativa, per tutti gli altri bonus tutto questo non era necessario e bastava banalmente fare una comunicazione all’Agenzia delle Entrate per avere il credito caricato sul cassetto fiscale e di conseguenza cedibile alla banca.

E’ di tutta evidenza che questa norma così concepita ha creato una falla gigantesca nel sistema di controllo della legittimità dei crediti, ed infatti si è purtroppo verificato che sfruttando questo vuoto nella procedura sono stati caricati crediti inesistenti poi ceduti alle banche e illecitamente incassati. Ma tutto questo, bene ribadire, è avvenuto utilizzando i crediti ordinari ed in particolare il bonus facciate che dava diritto fino a tutto il 2021 ad un credito pari al 90% della spesa.

Solo a fine 2021, orami troppo tardi, l’ennesima modifica alle norme sulla cessione dei crediti da ristrutturazioni edilizie ha previsto asseverazione tecnica e visto di conformità anche per i bonus diversi dal superbonus, cercando di riparare al vuoto procedurale che aveva provocato tanti danni. Ma in quella stessa modifica sono stati posti quei limiti stringenti alla cessione di tutti i crediti, compresi quelli da superbonus, per cui le imprese (quelle che lavorano e agiscono correttamente) che avevano già acquisito crediti o che stavano eseguendo interventi a fronte della cessione del credito si sono ritrovate ad avere crediti di imposta per importi anche importanti, senza però poterli più cedere e trasformarli in liquidità, con evidenti conseguenze di serie difficoltà finanziarie.

In conclusione, per cercare di porre riparo ad una norma mal concepita che aveva causato un danno all’Erario per colpa di alcuni truffatori, si è andati a punire un intero settore di imprese che avevano visto in questa misura una sana opportunità di lavoro dopo un periodo buio e che su questa avevano anche investito e assunto lavoratori, ma che ora invece gli si è ritorta contro mettendoli in serie difficoltà finanziarie.