Il Pd orvietano? Citofonare a Chi l’ha visto

Sotto i baffi niente. La bonomia, l’umanità, la simpatia e la generosità di Stefano Biagioli non si stanno rivelando sufficienti per tamponare e nascondere il vuoto assoluto con cui il Pd orvietano si sta avvicinando alle elezioni come un fantasma della politica. Niente idee, niente progetti, niente classe dirigente, niente partecipazione, niente proposte, niente entusiasmo, niente visibilità, niente di niente. Le macerie fumanti di un partito che non esiste più e di cui sono rimasti il simbolo, i mitici militanti ottuagenari di Sferracavallo e qualche ex capo incanutito e imprigionato nella nostalgia del tempo che fu, ha in mano solo una carta da giocare. Quella dello zoccolo duro. Lo zoccolo di chi ha votato per una vita comunista a prescindere e che vota ancora Pd a prescindere da tutto, anche dall’evanescenza del nulla totale di oggi. Svettante sui 6×3 di berlusconiana memoria c’è poi la sindaca uscente ed aspirante rientrante Roberta Tardani. Sempre più affannata, insegue i possibili elettori collegandosi dai social una volta dal Vinitaly (ci mancherebbe che non si va al Vinitaly) e l’altra da una corsa campestre. Si dibatte senza posa come una mosca intrappolata in un bicchiere rovesciato, sta seriamente pensando di asfaltare anche la scala interna del palazzo comunale e compie sforzi disumani per far apparire Orvieto una città in grande spolvero, contro ogni studio e statistica da cui emerge invece la foto impietosa e veritiera di una comunità in declino. Per campare bene solo di turismo devi essere Venezia o Rimini, ma lei ancora non riesca a capirlo. Lo sforzo titanico della sindaca uscente e aspirante rientrante di descrivere una realtà che esiste solo dentro la sua bacheca facebook è encomiabile, ma una certa esperienza l’ha ormai acquisita e sa che le operazioni di propaganda più spregiudicate è bene che portino il timbro (e la faccia) di qualcun altro. Ecco allora entrare in scena, sprezzante del pericolo, il valoroso candidato Spagnoli con la mirabolante promessa elettorale in zona Cesarini di fare la scuola di polizia alla Piave. Difficile capire se sia il caso di sorridere o indignarsi per l’idea non proprio edificante che questi dimostrano di avere degli orvietani. Resta la malinconia di vedere una bravissima persona dilapidare la stima acquisita con merito in tanti anni con la divisa blu in un contesto che non gli appartiene. Meglio ricordarselo sfrecciare a 150 chilometri in autostrada per arrestare i cattivi piuttosto che vederlo oggi barcollare incerto come un gattino cieco nei meandri della politica di paese. Che tenerezza. Ormai è evidente a tutti che la vera alternativa al sistema attuale è rappresentata da Roberta Palazzetti, l’unica che, per capacità, curriculum ed esperienza internazionale appare in grado di rimettere Orvieto sulla strada della crescita e in collegamento col mondo che conta oltre che con la sagra della tortuccia. Se nel circo Togni della politica locale c’è qualcuno che può vantare risultati veri non c’è dubbio che sia solo la “figlia di Elio e della Flora”.
C’è poi il fenomeno sociologico di Nova. Espressione eloquente di una borghesia quasi sempre minoritaria, ma con una ipertrofica concezione di sè tipica di chi pretende, in virtù di privilegi economici ed “esperienze fatte fuori”, di aver acquisito la credibilità politica di candidarsi a guidare una città, pur non essendo in grado di partorire a un mese e mezzo dalle elezioni nemmeno mezza idea politica, schifando anzi la politica e con zero esperienza da far valere. Un mix avvelenato di classismo novecentesco, fighettismo da ztl e qualunquismo grillino.