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Il Governatore Visco, “piccolo nel credito non è bello e conveniente”, e ora qual è il futuro di CRO?

Come ogni anno sono arrivate puntuali la “Considerazioni finali” del governatore di Bankitalia, Ignazio Visco.  Quest’anno, poi, erano particolarmente attese per molteplici motivi; si sta preparando una grande risiko bancario nel centro-nord Italia, la transizione verso la digital bank è stata accentuata con la pandemia, la risoluzione del problema MPS (mai nominata nella Relazione ndr), solo per citare i principali.  In fondo alla lista, ma più per campanilismo c’è anche la questione della nuova BPBari a conduzione pubblica e il nodo CRO.

Ignazio Visco ha di fatto definitivamente archiviato il modello di piccolo istituto di credito invitando quelli ancora esistenti a chiudere accordi commerciali ma, preferibilmente a convolare a giuste nozze, forse sarebbe meglio dire obbligate, con dei soggetti di dimensioni adeguate per assicurare competitività nel credito.  In poche parole i casi isolati, ormai, delle popolari “stand alone” come Ragusa o casse come Asti devono trovare il modo di ottimizzare i costi per non perdere nella grande corsa alla competitività.  E la CariOrvieto?  La situazione è apparentemente semplice, la banca orvietana è soggetta al coordinamento della capogruppo Bari ma ha un socio di minoranza, leggasi Fondazione, che può bloccare, ad esempio le ricapitalizzazioni.  Anche Bari, così da sola, rientra nelle “piccole dimensioni” indicate come in difficoltà da Visco.  Due debolezze, si sa, si sommano ed è quindi necessario un intervento che metta al fine chiarezza e interrompa quel gioco stucchevole che vede la CRO chiamata “banca di territorio” a fasi alterne e quando conviene.

La realtà sarà anche dura da accettare ma la banca è una SpA che risponde a logiche proprie di una società di capitali che deve cercare il guadagno prima di tutto.  E’ coordinata e controllata da un soggetto geograficamente lontano che a sua volta è controllato dallo Stato tramite MCC.  Bari potrebbe essere uscita dal “piccolo non è bello”, permangono i problemi di bilancio ma oggi l’azionista di riferimento non è più diffuso ma uno, solido e forte, lo Stato.  Orvieto è in un limbo e da tempo si rincorrono i rumors su un aumento di capitale da circa 16/18 milioni di euro per mettere in sicurezza i conti e in particolare gli indici patrimoniali.  La Fondazione, socio di minoranza, avrebbe diritto di veto, ma non assoluto.  E potrebbe tornare di moda la fusione anche per raggiungere quelle dimensioni che Visco indica come necessarie per competere sul mercato del credito nei prossimi anni.  Lo spiega in un passaggio il Governatore, “i bassi tassi d’interesse, i costi elevati e la più intensa concorrenza alimentata dall’applicazione delle tecnologie digitali all’offerta di servizi finanziari comprimono la redditività”.   Appare quindi ormai segnata la strada che vede CROrvieto destinata alle nozze o con Bari o direttamente con MCC e successivamente si potrà anche pensare al giusto ristoro per quegli azionisti/risparmiatori che negli anni passati hanno acquistato quote della vecchia BPBari, perché solo con un azionista forte e stabile si può contrattare ed ottenere un parziale storno oppure conservare le azioni sperando in un ritorno all’utile e quindi ai dividendi in tempi medi.

Quindi siamo tornati al “piccolo non è bello e conveniente. via al grande risiko bancario, parola di Governatore”!