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Home #Economia

Il Comitato del Botto rischia di far fare il Botto. A chi? Alla politica orvietana e all’economia dell’orvietano.

Francesco Paolo Li Donni Francesco Paolo Li Donni
23 Marzo 2022
in #Economia, #Politica, Copertina, Senza categoria
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L’economia orvietana è in crisi e tutto è certificato da alcune chiusure eccellenti, il default di Vetrya e altri segnali che vengono da settori importanti per il territorio.  Dal default Vetrya sono nate due nuove realtà ma il saldo netto occupazionale è passivo di circa 50 unità; la pandemia ha bloccato il turismo in uno stop&go insostenibile e ora la guerra rischia di dare il colpo finale a alcune realtà; il mercato immobiliare commerciale è fermo, fatte salve alcune novità, anche per il mantenimento dei prezzi delle locazioni piuttosto alti e sparametrati con la realtà finanziaria e economica attuale.  

Poi ci sono altri quattro indicatori che volgono al brutto e cioè la crisi della principale banca del territorio, che ha tagliato alcune importanti filiali e che, così come avviene nell’intero comparto, nelle operazioni relative al risanamento già in atto e con buoni risultati, potrebbe andare a toccare anche i lavoratori; la sanità pubblica ospedaliera che viene lentamente depotenziata in un’agonia che rischia di seguire la stessa strada di altri servizi pubblici, come per esempio il Tribunale, che poi porta alla chiusura totale o quasi; stiamo assistendo a un calo demografico che ormai è decennale, salvo qualche piccola fiammata fatua, che impoverisce ulteriormente il territorio; i servizi ferroviari si sono rarefatti e rallentati andando a colpire una fascia di popolazioni numerosa, quella dei pendolari, che vede la propria qualità di vita peggiorata negli ultimi cinque anni in particolare.  Infine, c’è la stretta attualità, la guerra, con un futuro economico certamente non roseo e che un territorio come il nostro già provato e fragile potrebbe non riuscire a sostenere.

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E’ vero, non fa piacere avere due/tre botti a settimana ma sono realtà, lo ribadiamo, da mezzo secolo.  In una situazione di crisi e di guerra, con l’edilizia che sta provando a ripartire fra mille difficoltà, c’è chi preferirebbe vedere aumentare i costi per le forniture dei materiali per quali motivi?  Forse per aumentare i valori di terreni e immobili nell’area?  E intanto le famiglie dei lavoratori? E le infrastrutture produttive? Che fine dovrebbero fare?  

Se il Turismo, con le sue numerose micro realtà produttive, soffre il commercio non sta certo meglio e in questa situazione il territorio non può che fare appello all’Agricoltura e all’Industria. La prima è seriamente messa a rischio dall’ondata dei rincari e la seconda nel nostro territorio non brilla certo per presenza. Eppure c’è chi ancora ritiene sacrificabile il territorio e soprattutto la sua forza produttiva fatta di Imprese e lavoratori. L’Italia ha pagato un caro prezzo ai mille “Comitati del no” e oggi se ne vedono i risultati drammatici. L’assurdo poi, nel caso specifico, è che a dover essere sacrificata sia una realtà produttiva tutt’altro che in crisi e che rispetto alle altre imprese paga retribuzioni maggiori di quelle pagate in media ad Orvieto e nell’intera Area interna (Dati di Infocamere su rielaborazione di Cittadinanza Territorio Sviluppo). Infatti se la retribuzione media nell’Area interna è pari a 35mila euro e ad Orvieto 40mila, la retribuzione media pagata da Basalto La Spicca è pari a 51mila euro. Ad averle aziende così, capaci di ridistribuire ricchezza e garantire lavoro in momenti storicamente così difficili. L’impresa si colloca tra le prime 20 dell’Area interna Sud-Ovest orvietano e tra le prime 5 imprese per Margine Operativo Lordo.

Alle domande che ci siamo posti deve rispondere la politica che fino a oggi è stata piuttosto timida e che rischia di vedersi esplodere nelle mani una nuova crisi occupazionale che il territorio non può permettersi assolutamente in un momento storico così complesso e tempestoso. 

Tags: ambientebancaOrvieto
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