Giggi Pelliccia, il Berlusconi di Casa Perazza

Del proprio network televisivo talmente controcorrente da avere sede e audience nella città del vino e chiamarsi bellamente Tele Aquesio, lui è padrone, direttore, antenna, telecamera vivente e barometro pubblico. Sì, davvero un barometro, perché quando Giggi Pelliccia compare in video per raccontarci le notizie del giorno immancabilmente in camicia a maniche corte modello ‘manovale porta la calce’, se la camicia medesima è a rigoni e sbottonata sul gargarozzo vuol dire che a Orvieto fa decisamente caldo, mentre se il modello è a quadroni scozzesi e il fatale bottone è ben piantato nell’asola, allora bisogna coprirsi perché al Duomo spira tramontana tagliente. Altro che pelliccia o cappotto che sia, l’uomo è riscaldato dalla vampata interiore dell’anchorman affamato di notizie che lo porta a scamiciarsi perennemente e sembra che in una sola occasione, durante un’unica giornata dei suoi 83 anni di baldanzosa esistenza, abbia indossato giacca e cravatta, ma era il matrimonio dell’amata figlia e allora lo scusiamo eccome.

Ora che il nostro Berlusconi di Casa Perazza è rimasto orfano dell’altro, quello di Arcore assai meno famoso, e proprio adesso che ha deciso di prendersi una pausa dalla conduzione del Tg, noi telespettatori privati della sua presenza – e soprattutto delle sue camicie meteorologiche – ci sentiamo come rituffati malamente nel tran-tran dei conduttori paludati, quelli elegantemente a corto di personalità, che non commentano e non imprecano, quelli che ti fanno bere un’edizione del telegiornale come fosse un bicchiere d’acqua naturale mentre il nostro palato televisivo era felicemente assuefatto ai mugugni, ai gorgheggi, agli slalom verbali di Giggi, che le news le spiattella con le bollicine e gli effetti speciali. Tra Orvieto e Viterbo, ma pare anche nel Reatino, prospera un mercato sotterraneo dei suoi video migliori: da quando saltò al volo dentro l’ascensore e lo bloccò tra un piano e l’altro per intervistare l’allora ministro dell’ambiente Altero Matteoli che soffriva di claustrofobia, a quando l’intervista con il celebre cantautore Alex Britti finì simpaticamente (e letteralmente) a tarallucci e vino tra i due, per non parlare delle sue intemerate contro questo o quel sindaco o di quando aveva come spalla lo straordinario Pio Ilice in una sorta di talk show stralunato da far impallidire Frassica e Zelig. D’altra parte nessuno al mondo conosceva l’esatto orario di programmazione del suo notiziario, il cui avvio oscillava tra le 20.30 e le due di notte, e la variabile non era certo la consistenza delle notizie quanto la partecipazione o meno di Giggi a una qualche sagra paesana e la sua eventuale resistenza gastrica.

A proposito di politica e di ‘magnate’, a Pelliccia si devono alcuni momenti di giornalismo democratico degni di miglior riconoscimento: le videoriprese delle cene degli altolocati club cittadini in diretta e senza commento, con lo sgranocchiare delle olive a bocca aperta e ponti dentali in bella vista, nonché l’ossetto di coniglio infilato di traverso nelle fauci del notabile di turno costretto a sputacchiare sotto il tavolo per non essere immortalato dall’impietosa telecamera, così come i filmati delle sedute del Consiglio comunale dove a risultare poco digeribile è piuttosto il congiuntivo, tra un ‘signor sindaco e signora giunta’ e un ‘vorrei lanciare una spada a favore dei commercianti orvietani’. La libera telecamera di Giggione ha portato per anni nelle case di tutti noi la crisi lessicale della rappresentatività democratica, come dire che questi abbiamo scelto e questi dobbiamo ascoltare, ammesso che si riesca a comprenderli, sull’altare della sacrosanta libertà di voto.

Che Pelliccia debba tornare quanto prima a condurre il mitico Tg della sua celeberrima televisione lo dice la storia, la piccola-grande storia di Orvieto: anche perché quando in video c’era lui e partiva la sigla finale – se e quando partiva, poiché spesso le sue edizioni venivano troncate di netto come dal clic di un interruttore – allora la città poteva davvero chiudere i battenti, almeno per quella giornata, e nulla di rilevante sarebbe più accaduto. A quel punto, nel cuore della notte e al volante di una Lancia Flavia tra lo sgangherato e l’auto storica, con l’immancabile telecamera in spalla, una torcia elettrica accesa nel taschino della camicia a maniche corte indossata anche il 23 dicembre e in sacchetto tre bruschette avanzate dall’ultima sagra videoripresa, il nostro Berlusca tornava soddisfatto a Casa Perazza, anzi a Casa Perazza 2 sua attuale dimora, dalla consorte e dai figli che con pieno merito e altrettanto valore tra cent’anni proseguiranno la sua opera.

Sorriso perennemente stampato in faccia, generosità lampante, coraggio da leone e grande professionalità: da mezzo secolo, fin dai tempi di Radio Torre Vetus e dei programmi musicali di dediche, Pelliccia racconta Orvieto e gli orvietani con la forza della verità in presa diretta. Guai a distrarsi un attimo, occhio a infilare un dito nel naso, attenzione a confidare all’amico un qualche segreto mentre si assiste a uno spettacolo all’aperto: l’uomo-telecamera è dietro l’angolo e ti riprende in scioltezza per poi ‘sparare’ il tutto nell’edizione serale del Tg. Lo fa nel pieno rispetto delle regole ma senza alcun inginocchiamento ai potenti o presunti tali, rarissimo esempio di civiltà nel variegato mondo dell’informazione, professionista della notizia senza padroni o condizionamenti. Altrove sarebbe stato istituzionalmente premiato, come merita, se non altro per l’ultradecennale impegno nella propria attività. Qui da noi lo premia il popolo, che poi è quello che più conta per gente seria come lui che ha poco tempo da dedicare ai fronzoli. Aspettiamo di rivederlo in tv nell’immancabile camicia tovagliata: torna Giggi, il tuo Tg aspetta te!