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Franco Raimondo Barbabella, “Una riflessione nel Giorno della Memoria”

Senza memoria la vita diventa un banale passaggio senza senso. Peggio, ognuno può sentirsi autorizzato a pensare che la storia inizia e finisce con lui/lei, per cui senza ritegno la storia si può anche negare o inventare come ci pare. La storia, ma anche la scienza, la verità documentata, insomma la realtà.

Lo sappiamo, lo tocchiamo, si sta perdendo il senso, lo spessore, il ruolo della memoria. Cresce l’indifferenza e con essa l’ignoranza, e con l’ignoranza la protervia degli ignoranti. Non ci sono solo i terrapiattisti, i no-vax, i negazionisti di tutto e di più purché sia negazione di qualcosa frutto di studio e di documentata consistenza, negazione della stessa evidenza storica, come i campi di concentramento nazisti e l’Olocausto. No, c’è l’ignoranza diffusa, nei gangli vitali dello stato, nella politica e nelle istituzioni. E c’è l’indifferenza diffusa che con l’ignoranza fa il paio.

Tutto questo va tenuto ben presente in questa giornata, il 27 gennaio, Giorno della Memoria, la giornata dedicata al ricordo di ciò che avvenne 76 anni fa, quando le truppe dell’Armata Rossa abbatterono i cancelli di Auschwitz e il mondo ebbe la certezza di ciò che già si sospettava, la realtà dell’orrore del genocidio, lucidamente, programmaticamente, tecnicamente, organizzato. Il senso del Giorno della Memoria è perciò tutto racchiuso nelle parole di Anna Frank: “Quel che è accaduto non può essere cancellato, ma si può impedire che accada di nuovo”.

Si sa che la memoria degli uomini/delle donne è labile. La cura non è l’ossessione, ma la rielaborazione, la conoscenza come fondamento della capacità di domandarsi ad ogni passaggio della storia come agire perché il male vissuto non si affacci di nuovo e non abbia a ingannare ancora, magari sotto altre forme le coscienze.

Siamo ora in uno di quei momenti della storia. Dobbiamo chiedere a coloro che in questo momento sono investiti da responsabilità per decisioni che riguardano la vita di tutti noi e delle generazioni che verranno di essere all’altezza delle domande della storia. Essi hanno, come tutti noi ma ancor più di noi, il dovere di non dimenticare e di adoperarsi perché usciamo dal tunnel in cui ci siamo cacciati. Se non ci sarà uno scatto i pericoli che incombono, che non sono solo economici ma sociali, politici e ideali, rischiano di materializzarsi.

Dobbiamo invocare dunque oggi, proprio oggi, nel bel mezzo di una crisi che rischia di risolversi in crisi di sistema, non un governo purchessia, poggiato su una maggioranza raccogliticcia e senz’anima, interpretata alla stracca da gente inadeguata attaccata ad un ruolo sovradimensionato, ma un governo che per qualità delle persone, per obiettivi programmatici determinati e per validità dei metodi, si ponga come garanzia solida per l’intero Paese della speranza di farcela nei tempi giusti e con il futuro da costruire.

Questo, io penso, è oggi per noi la celebrazione del Giorno della Memoria, fuori da ogni retorica. La storia non va dimenticata, ma nel senso che va continuamente riconosciuta e reinterpretata con competenza e lungimiranza.