Francia, ingiustizia è fatta!

La decisione della magistratura francese, arrivata con la  sentenza della Cassazione che nega definitivamente l’estradizione in Italia degli ex brigatisti rossi accusati di efferati omicidi, lascia attoniti e sbigottiti soprattutto pensando al dolore dei parenti delle vittime di quegli Anni di Piombo che hanno lasciato un segno indelebile nella storia del nostro paese.
La piaga del terrorismo, tanto rosso quanto nero, negli anni 70 ed 80 in Italia è stata causa di drammi familiari e cicatrici indelebili nel corpo e nell’anima di chi ha subito lutti, di chi ha perso un marito o non ha avuto la possibilità di crescere con un papà in nome di una “lotta armata“ senza senso e che non è approdata a nulla se non seminare morti e tragedie.
Non può valere, se non riferendosi alla storia di quel Paese, la spiegazione data dall’organo di cassazione francese riguardo un iter, avviato dal governo italiano il 20 gennaio 2020 e a questo punto definitivamente arrivato a conclusione in maniera così amara per i familiari delle vittime.
Nella sentenza si dice che i rifugiati in Francia si sono costruiti da anni una “situazione familiare stabile e l’estradizione avrebbe provocato un danno alla loro vita privata e familiare”, non tenendo minimamente in considerazione chi invece questa vita privata e familiare l’ha vista distrutta da questi assassini. È questa la “dottrina Mitterrand” enunciata dal presidente francese nel 1985 riguardo le politiche al diritto di asilo concesso in Francia a chi si era macchiato di “ atti di natura violenta ma di ispirazione politica“ contro qualunque Stato purché non diretti contro quello francese ed in questo caso adottata dalla magistratura transalpina integralmente.
Adottata forse perché impossibilitata a non metterla in pratica, nel rispetto di una concezione storica, filosofica di stampo ultra liberista se pur negata da comportamenti discutibili antidemocratici all’epoca del periodo coloniale.
La stessa motivazione data sulla distanza temporale non ragionevole fra quei crimini e la procedura in corso è decisamente labile e non può’ bastare la teoria della convenzione europea sui diritti dell’uomo riguardo il rispetto delle nuove vite che si deve agli arrestati in quanto ormai con famiglie e figli francesi a giustificare una tale decisione.
Non si può non essere solidali con le famiglie vittime del terrorismo soprattutto pensando a quanta sofferenza ci sia per loro nel constatare che da parte dei terroristi in questi anni non c’è mai stata una parola di ravvedimento o di pentimento e la reazione a questa sentenza, avvenuta con dichiarazioni di giubilo da parte di chi ha fatto parte delle organizzazioni del terrore, non fa che aumentare il malessere per questa decisione della giustizia francese.
Non si tratta di sete di vendetta ma semplicemente di rendere giustizia a chi è stato assassinato.