Finalmente nel calcio qualcosa si muove

La dichiarazione di intenti dei ministri dell’Interno e dello Sport e Giovani, in associazione con il Coordinatore nazionale per la lotta all’Antisemitismo e al presidente della Federcalcio, rappresenta un passo molto importante per la lotta al razzismo e all’antisemitismo nei nostri stadi.
L’impegno del governo, testimoniato dalle firme sugli atti di Piantedosi e Abodi, assieme a Pecoraro e Gravina, è il segnale della volontà del mondo del calcio e delle nostre istituzioni di combattere  e finalmente arginare, con tutte le armi che si hanno a disposizione, l’odio che purtroppo puntualmente si manifesta nelle nostre curve, ormai da qualche anno, in maniera incontrollabile e sempre più provocatoria.
Di concerto con le comunità ebraiche italiane ,che hanno avuto modo di sedere al tavolo delle istituzioni per sostenere  il ragionamento e favorire là comprensione  delle forme subdole di antisemitismo, che spesso non sono così manifeste, si è giunti ad una intesa tra  F.I.G.C e Governo decisamente importante. Le soluzioni  adottate, se applicate, potranno dare una svolta al nostro modo di fruire uno spettacolo che e’ fatto di amore e passione come una partita di calcio e che invece troppo spesso è rovinato da violenti, razzisti e facinorosi, con le loro azioni scriteriate.
Quanto stabilito  prevede che al verificarsi di cori, atti ed espressioni di stampo antisemita dovrà essere immediatamente disposta l’interruzione della partita, con la contestuale comunicazione al pubblico dei motivi dell’interruzione. L’intento è chiaro ed è quello di far prevalere quella parte sana, che poi costituisce la maggioranza del tifo, che viene molestata e subisce le conseguenze dei comportamenti di questi Idioti, che utilizzano le curve come veicoli per manifestare odio e rancore ed allo stesso tempo fanno propaganda e proselitismo delle proprie idee criminali.
Un altro provvedimento che a molti potrebbe sembrare quasi “folkloristico” è il divieto di utilizzare la maglia numero 88, un numero che richiama il motto “Heil Hitler” di triste memoria, utilizzato dai nazisti nelle loro riunioni e come saluto. La lettera H è l’ottava dell’alfabeto ed ecco perché il doppio otto rappresenta quella esaltazione del tiranno nazista. Tanti i giocatori, anche famosi come fu Buffon, che più o meno consapevoli hanno utilizzato questo numero di maglia sollevando, a volte giustamente, un vespaio di polemiche dalle quali finalmente il mondo del calcio in Italia si affrancherà.
Il grande nodo da risolvere rimane quello delle società di calcio, troppe volte consapevoli di avere tra i propri tifosi, soprattutto nelle curve, elementi che non dovrebbero entrare negli stadi ed ai quali non dovrebbe neanche essere rinnovato l’abbonamento o venduto un biglietto per assistere alle partite. È giunto il momento che le società applichino un Daspo preventivo che non consenta l’accesso a chi, manifestamente e reiteratamente, si è macchiato di questo tipo di comportamenti. L’applicazione del decreto non sarà poi così semplice, perché troppe volte si sono riscontrate delle falle nei referti dei giudici e degli ispettori di campo, che spesso si trincerano  dietro un “non abbiamo visto”, ”non abbiamo ascoltato“ o “si ascoltava male il coro”. Ecco, questo è un comportamento lassista che dovrà necessariamente finire perché ispettori e giudici dovranno assumersi le loro responsabilità, ottemperando ad un loro preciso obbligo di vigilanza e non eludendo le stesse ed i problemi conseguenti.
La stessa definizione di goliardata applicata a cori razzisti è di per sé un insulto all’intelligenza ed anche questa derubricazione del reato dovrà terminare. Il dubbio che rimane tra gli osservatori è comunque quello, che a cercare di interpretare il fenomeno razzista ed antisemita delle curve, molte volte è delegato chi dentro una curva o in una tribuna di uno stadio non ha mai messo piede.
Questo è un grande limite, perché per capire certe dinamiche necessariamente bisogna avere una  conoscenza approfondita dei gruppi, degli striscioni che li rappresentano, degli slogan che vengono utilizzati e che spesso contengono messaggi subliminali o trasversali di non semplice interpretazione e se non si ha contezza di quanto accade non solo sugli spalti, ma anche sui social e nelle varie piattaforme dove si fomenta il fenomeno, diventa tutto più complicato ed indecifrabile.
Un primo importante passo quindi è stato fatto, ora aspettiamo l’applicazione delle regole. Lo slogan è “dare un calcio al razzismo” quindi diamoglielo, forte e di impatto.