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“E noi? Ci siamo e adesso non intendiamo subire una comunicazione a senso unico che distorce la realtà dei fatti e gioca con il nostro futuro”

Riceviamo e pubblichiamo integralmente una nota stampa dei dipendenti della Basalto La Spicca con cui  rispondono dettagliatamente al Comitato “Amici del Botto”. 

Da anni l’impresa dove quotidianamente lavoriamo è oggetto di attacchi denunce e rimostranze. Oggi vediamo una comunicazione a senso unico che sta distorcendo la realtà dei fatti. Fino a pochi giorni fa nessuno si è mai peritato di verificare chi e come lavora in questa impresa. Siamo seriamente preoccupati per il nostro futuro e per le nostre famiglie, abbiamo superato momenti difficili con il nostro impegno e ricercando sempre la massima collaborazione con la proprietà. Questa ha con noi prodotto risultati tangibili e apprezzabili sotto il profilo economico, del rispetto delle tante leggi vigenti, nell’interesse del territorio e soprattutto nella volontà di proseguire quanto sin qui fatto.

Rivendichiamo con forza la dignità di chi ha fattivamente contribuito alla crescita di questa impresa estrattiva, che altri vogliono invece rappresentare come uno scempio, una violenza al territorio e una vergogna intollerabile, a tal punto da volerne la totale chiusura. Una follia! Una mancanza di rispetto per tutti noi lavoratori che nell’azienda crediamo e viviamo, allo stesso modo dei tanti lavoratori delle aziende che con noi collaborano quotidianamente. Per tutto questo ci appelliamo ai cittadini orvietani e del territorio e alle istituzioni che hanno la responsabilità di garantirne la tutela sì, ma anche lo sviluppo. Per questo una nostra rappresentanza chiederà di incontrare i sindaci del territorio e il presidente del Consiglio Comunale di Orvieto. Non ci fermeremo e chiederemo ad oltranza anche in Regione di essere ascoltati ma soprattutto di avere rassicurazioni concrete sul nostro futuro.

I punti sollevati dal Comitato “Amici del Botto” e le nostre risposte

Discutibili i lavori di ripristino
Come esempio di come l’Azienda ha inteso portare avanti le attività estrattive e contemporaneamente programmarne ed eseguire il recupero si possono valutare dalle foto alcune porzioni di vecchia cava: il bosco di “Sassi del Diavolo”, i vigneti dello “Spuntone”, il percorso di caccia del “Botto”. Più di tante parole l’osservazione comparata delle foto dei siti di estrazione e dei loro recuperi successivi rendono bene l’idea di come si lavora e si progetta la nostra attività, nel rispetto delle normative vigenti e soprattutto del nostro territorio. Per l’attuale concessione il riambientamento è in corso ed il progetto prevede che a completamento vengano piantumate anche porzioni a bosco, porzioni a vigneto, porzioni ad oliveto, oltre che campi e prati.

Nuovo sfruttamento di oltre 32 ettari per altri 20 anni
Attenzione a quanto si afferma soprattutto con numeri complessivi che fanno perdere il valore del dettaglio. In particolare, va precisato che a fronte dei 70 ettari appunto complessivi le estensioni effettivamente interessate dalle attività estrattive sono molto minori. Ciò perché le ulteriori superfici richieste che eccedono quelle dedicate all’estrazioni sono necessarie per completare e proseguire le fasi logistiche utili al ripristino. Il Piano Cave della Regione Umbria risultava fermo dal 2005, a seguito dell’approvazione della L.R. 2/2000. L’autorizzazione in essere (ereditata dalla SECE SpA) risultava ancora rilasciata sull’iter iniziato con la precedente normativa, e pertanto non era stata mai oggetto di “accertamento di giacimento”.

Trascorsi quasi vent’anni dalla definizione del PRAE (Piano regionale attività estrattive), la Regione Umbria nel 2019 ha ritenuto di dover sbloccare il piano cave riconoscendo la possibilità di richiedere ampliamenti per cave già in essere. Nel presentare il nuovo progetto di ampliamento della Cava “La Spicca” si è dovuto tuttavia interamente ricomprendere l’area di cava della vecchia autorizzazione in quanto priva dell’accertamento di giacimento. L’accertamento di giacimento non è di per se un’autorizzazione all’escavazione, ma un procedimento di individuazione di aree che possono essere interessate da attività estrattive, da autorizzare poi sulla base di un progetto da approvare a seguito di PAUR.

L’accertamento di giacimento presentato riguarda quindi una più ampia area, suddivisa in due stralci funzionali che devono essere autonomamente e consecutivamente autorizzati a seguito di specifico progetto di escavazione e recupero ambientale. L’area interessata dall’accertamento di giacimento ricomprende anche zone non oggetto di escavazione ma solo destinate a deposito temporaneo di terreno vegetale o di “ricucitura” morfologica con la zona di cava. Per la precisione le superfici interessate dall’accertamento di giacimento sono le seguenti:

– Area vecchia autorizzazione circa ha. 38;

– Area ampliamento (stralcio 1) circa ha. 15 (di cui soggetti ad estrazione circa ha. 12);

– Area ampliamento (stralcio 2) circa ha. 18 (di cui soggetti ad estrazione circa ha. 14).

Si rappresenta inoltre come nel PRG del Comune di Orvieto previgente all’accertamento di giacimento, parte dei terreni erano già da tempo individuati nella macroarea estrattiva delle risorse geominerarie, e che per tali tavole l’ampliamento è stato di circa ha. 8 per il primo stralcio e ha. 14 per il secondo stralcio.

Inquinamento acustico e vibrazioni
Le attività svolte sono sempre nel rispetto delle normative vigenti e sotto stretto monitoraggio delle autorità competenti (Regione, Provincia, Comune, ASL, ARPA, AFOR, PS, etc.). Comunque, sono situazioni derivanti dalla presenza di una attività industriale da molto tempo presente sul posto ed i cui impianti continueranno ad avere un futuro indipendentemente dall’attività estrattiva (risultando per PRG in zona industriale).

Una nuova “ferita” assolutamente da evitare
Il progetto di riambientamento prevede il recupero morfologico e delle originarie coltivazioni, mentre l’attività di cava ha finanziato e finanzia in modo sostanziale l’attività agricola ancora oggi esistente, garantendo la continuazione di una delle storiche aziende vitivinicole dell’Orvietano. Per quanto riguarda, invece, il vincolo richiesto sul casale all’interno della proprietà dell’Azienda Agricola Le Velette, ci preme ribadire che la valenza storica del casale a nostro parere è tutta da dimostrare, e ci chiediamo come mai solo oggi la Soprintendenza abbia preso questa iniziativa dopo non aver sollevato eccezioni nelle vecchie autorizzazioni (facendo avanzare la cava sino al limite del casale) e nemmeno nei recenti procedimenti di accertamento di giacimento e di verifica di VAS.

E’ di tutta evidenza che il vincolo è stato posto strumentalmente (senza peraltro, a quanto ci risulta, un sopralluogo ed un contraddittorio con la proprietà interessata) su iniziativa di qualche soggetto il cui unico obiettivo è quello di arrestare l’attività di cava senza porsi in alcun modo il problema dei riflessi economici sul territorio e del futuro del nostro lavoro e delle nostre famiglie. Invece per quanto riguarda le preoccupazioni circa la presenza di siti archeologici di valore, è bene precisare che i ritrovamenti e gli studi archeologici, questi sono frutto del normale svolgimento dell’attività estrattiva nel rispetto delle prescrizioni impartite ed in totale collaborazione con la Soprintendenza Archeologica dell’Umbria a cui è stato dato pieno supporto.

Piano Cave del 2005 e assenza della Vas
L’iter procedimentale si è svolto nel pieno rispetto delle norme vigenti i cui iter tengono debitamente conto delle esigenze di tutela ambientale. La particolare normativa regionale che non prevedeva la verifica di VAS in via anticipata rispetto all’accertamento di giacimento è stata modificata “in corsa” dalla Regione Umbria costringendo la società istante ad espletarla successivamente prima dell’avvio del procedimento di PAUR (attualmente in corso). Questo non dipende in alcun modo dall’iniziativa di parte privata che si è sempre adoperata per il pieno rispetto di norme e regolamenti.

Piano regolatore approvato con una maggioranza risicata
Ci stupisce il singolare metodo di conteggiare, da parte del Comitato “Amici del Botto”, tra i contrari anche gli astenuti e gli assenti (!). Per la precisione si ricorda l’esito della votazione: favorevoli 8, contrari 1, astenuti 3. Se le decisioni non fossero prese a maggioranza non sarebbero mai prese. Per fortuna che esiste una maggioranza per nulla risicata, e bisognerebbe imparare a rispettarla anche quando non se ne fa parte.

Consideriamo anche le vicende giudiziarie…
Questa è materia per chi le indagine le deve fare, la magistratura, e non materia per noi dipendenti e soprattutto per chi la vuole strumentalizzare simili argomenti.

Proprietà Cava “La Spicca” maggioranza estera e poco valore per il territorio
Chi vi parla non è parte della proprietà bensì parte dell’impresa e soprattutto il valore tangibile di un lavoro prezioso per il nostro territorio, ci sembra invece che per gli amici del Botto rappresentiamo un dettaglio insignificante.

Soluzione alternative al basalto
Con il Covid tutti sono diventati virologi e adesso basta un Comitato per diventare esperti di materiali e via discorrendo. Siamo pronti ad ogni confronto anche tecnico ma soprattutto siamo fermi nello stroncare pericolose inesattezze o pressappochismi. Per quanto a nostra conoscenza non esistono nell’ambito ferroviario (massicciata ferroviaria di 1° categoria, indispensabile per l’alta velocità) e stradale (asfalti drenanti, in particolar modo per autostrade ed aeroporti), così come per i conglomerati cementizi ad alta resistenza (tra cui le traversine ferroviarie, in particolar modo quelle per l’alta velocità). Esistono studi per un eventuale limitato uso delle scorie delle acciaierie, che non crediamo si possano definire “altri materiali non inquinanti”. Peraltro, la forte riduzione della produzione di acciaio in Italia negli ultimi decenni farebbe sì che detti materiali verrebbero importati dall’estero con il duplice risultato di portare ricchezza fuori dal paese per importare sostanzialmente rifiuti (da smaltire a cielo aperto!).

Evitare la distruzione di un territorio vocato al turismo e al paesaggio
La particolare configurazione della Cava oggi non la rende visibile dall’esterno nemmeno dalle immediate vicinanze (se non sorvolandola) e quindi l’impatto paesaggistico risulta ridotto al massimo. Per il resto vale quanto dettagliato in precedenza. Ci si dimentica poi che i turisti in Italia come in tutto il Mondo si spostano e si muovono grazie alle infrastrutture di collegamento principali che fanno la fortuna dei siti a vocazione turistico-ricettiva. Si parla di strade, aeroporti e ferrovie dove il Basalto è tra i materiali più utilizzati.