1

“Cara sindaco, bene la lettera, ma è ora di agire per la questione della sanità orvietana, lo faccia!”

Carissima sindaco,

si sa, quando ci si decide a scrivere una lettera aperta è perché si è stanchi di non avere risposte su un certo argomento da chi le deve dare e lo si vuole far sapere. Dunque lei ci fa sapere che è stanca di non avere risposte dalla presidente Tesei. Ne prendiamo atto. Ma non è certo una bella cosa, anzi, si renderà conto, siamo di fronte ad un gran problema. Io tempo fa le ho scritto una lettera aperta sulle questioni della sanità a cui lei non ha risposto. Ora lei sulle stesse questioni scrive una lettera aperta alla presidente Tesei. Spero che questa sua non resti, come la mia, senza risposta. Sarebbe un bel guaio, perché se un sindaco snobba un consigliere comunale poco male, il sindaco fa solo una figuraccia istituzionale, ma se un presidente di regione non risponde a un sindaco le conseguenze sono pesanti, e non riguardano il presidente ma il sindaco. Mi auguro dunque, per il bene suo, e se è consentito soprattutto della città e del territorio, che la presidente risponda, e lo faccia con argomenti credibili e impegni non aleatori.

Detto ciò, la sua lettera non è da buttar via: pone all’attenzione della presidente i problemi a tutti noti: organico, servizi ospedalieri, attrezzature, medicina territoriale, nomina del direttore di presidio, permanenza del distretto. Si potrebbe anche dire alla buonora! Si dimentica di dire, e non è cosa buona, che la pressione della pandemia non giustifica le file, la privatizzazione delle prestazioni, la transumanza all’interno e fuori regione. Sofferenze, disagi, spese, per i cittadini francamente né giustificabili né comprensibili. In compenso ha finalmente sposato una tesi non sua ma che evidentemente ormai l’ha convinta, quella del ruolo interregionale del nostro ospedale. Cosa che però non va buttata là così, va invece adeguatamente articolata. Non può ignorarlo, questa del ruolo interregionale del nostro ospedale è una sfida che non riguarda solo la sanità, riguarda il ruolo del territorio. Richiede una strategia, alleanze, iniziative adeguate, altrimenti siamo solo al trionfo delle parole.

Nonostante ciò, senza giri di parole le dico che questa è una lettera sbagliata. Mi auguro ovviamente che non si tratti di tattica, perché in tal caso l’errore sarebbe doppio, ma in ogni caso con questa iniziativa lei denuncia apertamente: 1. che i problemi ci sono oggi e c’erano ieri, quando lei stizzosamente li negava; 2. che le sue richieste, non so se talvolta trasformate o meno in proteste o proposte, in regione non arrivano o se arrivano non trovano orecchi attenti; 3. che per avere un po’ di attenzione, non essendo evidentemente ascoltati, si è costretti ad invocarla platealmente. No, sindaco, questa non è una bella cosa.

E non lo è anche perché, mentre si invoca attenzione, non ci si allontana di un millimetro da ciò che sarebbe dovuto già avvenire, non nonostante la pandemia ma proprio in ragione delle conseguenze della pandemia. In altre parole si chiede, quasi fosse un favore, ciò che una sana amministrazione della sanità avrebbe dovuto comunque assicurare, visti anche i provvedimenti normativi e i finanziamenti statati. E invece siamo alla sensazione di uno smantellamento progressivo o quasi. Non si intravede né un progetto né una strategia. Ed è l’aspetto che mina dalle fondamenta la forza di una iniziativa peraltro così inusuale.

Sindaco, poi va detto, non era necessario per l’efficacia della sua iniziativa partire con la solita tirata contro le presunte strumentalizzazioni politiche e la ricerca di visibilità di chi pone all’attenzione problemi che esistono. Lei sa che i problemi sono veri e seri. Sa bene che è più di un anno e mezzo che da sponde diverse, dentro e fuori dalle istituzioni, le chiediamo di organizzare una strategia credibile di difesa dei servizi per la salute. Ci ha sempre risposto che le nostre erano strumentalizzazioni perché andava sempre tutto bene. Ora ammette, ne prendiamo atto, che le nostre non erano strumentali lamentele. In verità sa che tra poco arriviamo dove il pan si cuoce, perché le decisioni sul nuovo Piano sanitario sono prossime. È probabile che la sua mossa significhi che non ha ricevuto alcuna assicurazione oppure che ha già deciso di accontentarsi di qualunque cosa si deciderà a Perugia. Sarebbe questo l’errore esiziale, di cui mi auguro che non vorrà mai rendersi responsabile.

Sindaco, questo, non può non saperlo, non è il tempo delle cose minimali e del tirare a campare. Ci vuole una strategia forte e un coinvolgimento largo di tutte le forze del territorio per cambiare un destino di emarginazione che oggi appare segnato. Prenda il coraggio dell’iniziativa adeguata al bisogno. Le proposte le sono state fatte, di contenuto e di strategia. Si decida ad aprire il confronto che già da tempo le è stato chiesto.

Le lettere aperte in splendida solitudine non risolvono, rischiano anzi di apparire ed essere una confessione di debolezza. Riunisca allora i capigruppo consiliari con il compito di elaborare insieme una proposta complessiva. Riunisca i colleghi sindaci del territorio. Si confronti con i suoi colleghi delle maggiori città della provincia. Promuova un consiglio comunale aperto. Questo è il livello a cui è necessario portare oggi la questione sanità del nostro territorio, che è la questione delle questioni, quella che determina non solo la qualità dei servizi ma il ruolo stresso della nostra area nelle strategie complessive di sviluppo della regione.

Lo faccia, è il suo compito!