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BPBari, nessun allarme obbligazioni ma incertezze sul futuro del gruppo

A poco più di due mesi dalla scadenza delle obbligazioni emesse dalla Banca Popolare di Bari tra il 2013 e il 2014 in un articolo apparso su “La Repubblica” Edizione di Bari, è stato lanciato un allarme sul pagamento delle stesse.  In realtà non è questo il problema; servono circa 228 milioni di euro per il 31 dicembre.  Ricordiamo che queste obbligazioni erano state emesse a latere degli aumenti di capitale propedeutici all’acquisto in particolare di Tercas da parte dell’istituto bancario allora guidato da Marco Jacobini.  Il resto è ormai storia.  La famiglia Jacobini accusata e sotto inchiesta per vari reati ha obbligato Bankitalia a nominare i commissari straordinari che hanno gestito la transizione verso il gruppo oggi controllato da MCC, cioè dallo Stato.  L’avvocato Augusta Dramisino, rappresentate ufficiale degli obbligazionisti ha sottolineato che “in realtà non vi è alcun allarme sul pagamento delle obbligazioni, si chiede da tempo una comunicazione più dettagliata sul rimborso che non è possibile desumere unilateralmente dalla lettura di una semestrale, documento contabile della banca, pubblico ma di non immediata comprensione per tutti”.  La semestrale di BPBari ha chiuso con un rosso da 101 milioni di euro con i vertici che hanno deciso di utilizzare una parte del capitale per restringere il debito.  Nel prossimo futuro sarà necessaria una nuova iniezione di liquidità con una ricostituzione del capitale e un suo rafforzamento.  Per quanto riguarda CariOrvieto, da quanto si evince dalla relazione al bilancio semestrale la banca locale opera sotto i ratios in deroga da parte di Bankitalia.  Per questo è previsto un aumento di capitale di “almeno 27 milioni di euro” oltre un drastico taglio dei costi generali come, ad esempio, alcune filiali.  Tornando alla capogruppo è chiaro, dal bilancio, che ci sia un’attività tipica debole a fronte di una voce cospicua di entrata per oltre 3 miliardi di euro derivante da fondi UE; di questi circa un miliardo sono stati destinati alla CariOrvieto. 

L’avvocato Dramisino spiega, “le perdite degli esercizi 2020 e 2021 erano previste dal piano industriale predisposto dai commissari anche se non se ne conoscono le previsioni perché il piano non è pubblico ma veicolare questa condizione come normale in un risanamento, a chi ha già perduto una fetta di capitale investito in azioni e chiede di ricevere dettagli e rassicurazioni sulle obbligazioni, che non si limitino a mere dichiarazioni è arduo; quindi non c’è alcun allarme ma è importante riuscire a comprendere dalla banca quali sia la sua politica per l’immediato futuro”.  Leggendo il bilancio, poi, non ci sono risorse congrue per quanto riguarda i contenziosi già passati in giudicato e per quelli in essere, un’altra voce che potrebbe appesantire nel giro di pochi trimestri il bilancio del gruppo.  Quella che manca è la comunicazione da parte dei vertici sia della capogruppo che della controllata CariOrvieto.  Niente si sa e niente trapela sui programmi futuri del gruppo.  Gli unici a parlare sono i numeri con un gruppo che fatica a crescere a fronte di un comparto in recupero.  Il progetto di creare un gruppo bancario dedicato al Mezzogiorno è chiaro tanto che si prospetta anche la possibile operazione sugli sportelli MPS nell’area e in parte dell’Umbria proprio per avere le dimensioni necessarie per essere presenti sul mercato visto che da tempo Bankitalia auspica nuove aggregazioni per snellire il sistema e renderlo più profittevole.  Anche questa eventuale operazione dovrà essere finanziata probabilmente tramite un aumento di capitale con MCC che dovrà mettere mano al portafoglio nonostante proprio BPBari abbia causato perdite per 48 milioni euro alla capogruppo. Il futuro è dunque complesso anche se il direttore generale Giampiero Bergami ha ribadito nelle rare interviste che “il piano banca del sud va avanti anche se abbiamo perdite per 101 milioni di euro”

La mancata comunicazione ha comunque generato molti malumori proprio tra quegli azionisti-obbligazionisti che ritengono di non assistere a un’inversione di tendenza nei rapporti con la banca che continua a rifiutare le sentenze dell’arbitrato bancario e non spiega le modalità di rimborso dei titoli in scadenza il prossimo 31 dicembre.