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Aumento di capitale, CRO, Fondazione, Comune, Regione, MCC: tutti gli attori di un film corale senza regìa

Il prossimo futuro di Cassa di Risparmio di Orvieto e della Fondazione torna d’attualità visto che è stato pubblicato il prospetto di aumento di capitale della banca.  La capitalizzazione si è resa necessaria perché, nonostante il miglioramento dei fondamentali di bilancio che, secondo alcune indiscrezioni sarebbe in utile per il 2022, l’istituto orvietano è ancora sotto parametri e quindi l’indicazione di Bankitalia è rimasta attiva e ora da eseguire.  I tempi decisi sono piuttosto stretti, 45 giorni dall’8 novembre.

All’interno del documento, pubblicato sul sito di CRO, c’è una prima indicazione che ha sicuramente portato fibrillazioni nella Fondazione, azionista di minoranza, e riguarda l’annullamento del valore nominale delle azioni ad oggi a 2,50 euro.  Il compianto presidente della Fondazione, Gioacchino Messina, decise una forte svalutazione del titolo, manovra che non fu scevra da critiche ma sicuramente necessaria con l’allora controllante Popolare di Bari travolta dal ciclone Jacobini e con la mancata distribuzione di dividendi ormai da oltre un lustro da parte di CariOrvieto.  Nel documento di capitalizzazione le azioni sono valutate 1,4797, al netto del sovrapprezzo, in pratica una perdita secca di 1 euro circa.  Questo potrebbe portate a una nuova svalutazione de facto del valore della partecipazione della Fondazione.

Da Palazzo Coelli non è arrivata alcuna notizia ufficiale ma i rumors indicano che la Fondazione abbia votato “no” allo schema di aumento, fortemente penalizzante per il socio di minoranza.  A questo punto non rimane che attendere la decisione sull’aumento stesso.  La Fondazione si trova di fronte a un bivio cogente, aderire o no?  Ogni decisione rischia di trasformarsi in un apparente errore.  Votare sì significherebbe andare a impegnare fondi cash in attesa che poi si concretizzi il piano industriale che vede il ritorno alla distribuzione dei dividendi non prima del 2025.  E fino ad allora?  Niente di niente dalla partecipazione più importante della Fondazione che però deve continuare a impegnarsi nella missione di sostegno economico e sociale al territorio.  Votare no significherebbe uscire definitivamente dalla banca già di territorio ma senza incassare cash necessario per incrementare il fondo a disposizione della città.  L’alternativa sarebbe vendere la partecipazione ma a fronte di una valutazione che deve assolutamente prendere in considerazione gli sforzi affrontati dalla Fondazione nel recente passato quando ha aderito a due aumenti di capitale da circa 17 milioni di euro.  Il valore di libro è superiore ai 15 milioni di euro e da qui si potrebbe partire se c’è la volontà di aprire una trattativa seria.  Ma i tempi stringono e l’aumento di capitale si avvicina con la Fondazione che deve scegliere se continuare a stare dentro CRO o mollare gli ormeggi così come hanno fatto tutte le principali fondazioni di origine bancaria anche perché esempi virtuosi di quelle che hanno mantenuto o il controllo o percentuali importanti sono estremamente rari. Torniamo al confronto tra Regione, Comune e banca.  Il passaggio di CRO dalla Popolare di Bari a MCC ancora non è concluso ma in via di definizione.  La seconda notizia che arriva dall’incontro è la mancanza della Fondazione, azionista di minoranza della banca e importante attore economico del territorio, all’incontro. 

La terza notizia riguarda il radicamento sul territorio.  Ma CRO è ancora una banca del territorio? E soprattutto c’è un territorio in senso economico della definizione?  E ancora, perché la Regione, magari tramite la sua finanziaria, non rileva le quote in CRO dalla Fondazione per dare un segnale forte di presenza del territorio umbro e di fiducia nei confronti delle imprese, e permettere alla Fondazione stessa di avere maggiore capitale per diversificare gli investimenti e continuare ad assicurare il proprio supporto economico nell’orvietano