Asfaltiamo gli elettori!

A tre mesi dalle elezioni comunali ci sono più cantieri aperti ad Orvieto che a Roma prima del Giubileo del 2000. Scavi, buche, piante, asfaltature, illuminazione rinnovata, appalti annunciati: da che mondo è mondo, ogni amministratore cerca di far vedere ai cittadini che le strade son pulite, le luci ripristinate, e l’immondizia raccolta puntualmente.  Quando ero giovane, un dirigente di partito attempato mi disse: “gli ultimi sei mesi non si decide più nulla, si asfaltano le strade, e si riparano le fontanelle, insomma si fa normale amministrazione”.

Se dicessimo che la sindaca uscente è la prima ad usare i lavori pubblici per fare campagna elettorale mentiremmo. Tardani non è la prima e non sarà l’ultima. Certo, forse qui si è persa la misura. I Tardani boys vogliono stravincere, asfalta qua, asfalta là, vogliono asfaltare anche gli elettori.

I video celebrativi dei lavori alla scuola di Sferracavallo, la gigantografia su bancale a Piazza della Repubblica, i manifesti elettorali “Niente slogan, solo Orvieto nel cuore” ricordano tanto l’assessore alle varie ed eventuali Palmiro Cangini, il quale esclamava “fatti, non pugnette!” In effetti anche noi siamo senza parole dopo la prova mozzafiato dell’amministrazione uscente. Estasiati, ammirati, entusiasti, inebriati, soddisfatti, e rimborsati. Ah, no, quello no… mi dicono che le aliquote ad Orvieto sono tutte al massimo. Vabbè, però vuoi mettere, quelli che c’erano prima mettevano tutti i loro amici sulle poltrone che contano. La Tardani invece premia le competenze. Ah, no… mi dicono che anche da questo punto vista siamo messi peggio di prima.

Ma insomma, gigantografie a parte, la giunta comunale non poteva fare i miracoli. Eppure, le elezioni il miracolo lo hanno portato. In cinque anni la Tardani non ha cambiato una lampadina, asfaltato una strada, riparato un muretto, avviato un’opera importante. Adesso Orvieto sembra Manhattan ai primi del Novecento.

Se invece confrontassimo il programma elettorale con quello che è riuscita a realizzare la sindaca, l’assessore Cangini (quello di “fatti, non pugnette!”) sarebbe alquanto deluso. Nell’ordine la Tardani promise: incremento economico attraverso la creazione di una holding delle eccellenze del territorio (non, non è la app…. quella sono buoni tutti a farla). Poi ancora: “adeguate politiche fiscali” per favorire la nascita di imprese (avete visto le agevolazioni fiscali e le imprese?).

Ma continuiamo. La sindaca scriveva: “La città è un insieme di componenti che convivono: turismo, attività produttive, famiglie residenti. Se una di queste viene a mancare si rompe proprio quell’equilibrio che anima la città…”. Ditelo a chi non riesce a trovare una casa in affitto, e ai gestori di Bed and Breakfast abusivi. E poi parcheggi per i residenti, spazi di accoglienza per il turismo di massa, e servizi igienici! Si, col binocolo. Ma non potevano mancare i pendolari, eh no. E allora la Tardani scriveva che avrebbe chiesto di potenziare i collegamenti ferroviari, anzi diceva con fermezza: “Riprenderemo inoltre il progetto Alta Velocità e ne faremo uno degli obiettivi della nostra amministrazione.” Ci puntava così tanto la sindaca che cinque anni fa lo scrisse anche in grassetto. E anche questo obiettivo non è stato centrato. Qui non riusciamo nemmeno a prendere i regionali e gli Intercity, figuriamoci.

Il programma elettorale della Tardani era un crescendo di promesse. Per esempio, al punto Innovazione si leggeva: “Adotteremo i più moderni sistemi informatici per gestire tutti i servizi della pubblica amministrazione e per organizzare in modo intelligente la vivibilità della città. Applicazioni informatiche saranno impiegate per gestire i parcheggi, verificarne le disponibilità e pagare il ticket. Analogamente, per i servizi di trasporto urbano e tutti i servizi a domanda. Puntiamo ad una città digitale, tecnologicamente avanzata e culturalmente preparata per affrontare anche questa sfida”.

Che dire, a tutti verrebbe spontaneo esclamare “Me cojoni!” (Cit. Rocco Schiavone). Ma anche qui purtroppo siamo rimasti al palo, anzi coi computer impallati.

La chicca finale, ovviamente, riguardava la sanità. Ecco, qui secondo me il programma elettorale della Tardani raggiungeva livelli di rivendicazione che nessun rivoluzionario ha mai osato sognare: “Sulla sanità svolgeremo una forte azione di stimolo per il miglioramento dei servizi e denunceremo con forza quelle carenze che dipendono da scelte politiche e non certo dalla capacità e competenza degli operatori sanitari, i quali vivono quotidianamente, sulla propria pelle, le conseguenze di mancati investimenti e di scelte sbagliate. Non temiamo certo le logiche degli equilibri politici regionali, al contrario rivendicheremo con forza i diritti della nostra collettività.” Verrebbe da ridere, se non ci fosse da piangere. Ho fatto solo alcuni esempi, ma la lista dei fallimenti dell’amministrazione uscente potrebbe continuare. Per pietà dei lettori la chiudo qui. Alla luce dei fatti (Cangini, si calmi!), è piuttosto chiaro il motivo per cui anche alla Meloni del manifesto elettorale viene da mettersi una mano sul cuore e pensare tra se e se: “Gli slogan li abbiamo finiti tutti. Le chiacchiere stanno a zero. Ora non rimane che asfaltare gli elettori.”