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Il PNRR, un appuntamento decisivo con la storia anche per Orvieto

Pubblichiamo a firma Franco Raimondo Barbabella, Massimo Gnagnarini e Massimo Morcella, in rappresentanza dei rispettivi soggetti politici, un documento di analisi e di proposta sul modo in cui nel territorio orvietano, e di riflesso nel governo dell’Umbria, si sta affrontando il rapporto con l’occasione di ripresa e sviluppo offerta dal PNRR.

 

La nostra opinione è che si sia sottovalutata la gravità della crisi che attanaglia la nostra realtà per ragioni che in parte risalgono a prima della pandemia e che la pandemia ha aggravato. Non ci sono solo ragioni di arretratezza delle infrastrutture e di debolezza del tessuto produttivo, ma ragioni di arretratezza culturale e di logiche di governo, oltre che di inadeguatezza dei servizi alle mutate condizioni della storia.  Ne è un riflesso l’atteggiamento in sostanza remissivo e di rinuncia delle classi dirigenti, non solo politiche, da cui deriva la causa principale dell’emarginazione dalla storia, la più grave dal secondo dopoguerra. La più grave per due ragioni: la prima è che siamo più emarginati che nel passato nel momento in cui si presenta l’occasione non solo di riprenderci dalla pandemia ma di attuare quelle trasformazioni che sono necessarie, alcune da decenni; la seconda è che alla ormai lunga mancanza di rappresentanza politica diretta in Consiglio regionale si affianca una debolezza strutturale delle forze politiche locali che stentano ad adottare linee di pensiero e programmatiche autonome, con la conseguenza che le decisioni che contano vengono prese altrove. Il dato di fatto è che oggi non c’è una progettualità come realtà richiede e nel PNRR dell’Umbria c’è solo qualche briciola, niente o quasi nei settori chiave.

Noi crediamo che bisogna reagire e che non si possa attendere oltre. Non in modo polemico e tanto meno scomposto, ma descrivendo la realtà per come effettivamente appare e avanzando proposte per i settori fondamentali. Proposte specifiche, ma legate tra loro da una logica di governo che punta sullo sviluppo dei territori intesi come entità capaci di autogoverno e nel contempo come costellazione di risorse per una regione tutta interrelata con altre regioni. Il cambiamento di posizione deve avvenire anzitutto qui, in questo territorio. Le ragioni di convergenza sulle scelte di fondo ci sono tutte, è il momento di coglierle. Con ciò poniamo all’attenzione di tutti la possibilità di agganciare le opportunità del progetto di ripresa nazionale con una progettualità territoriale nei settori strategici. Parliamo di sanità, infrastrutture, patrimonio, ambiente, cultura, istruzione e formazione. Con finalità decisive: attrattività territoriale e residenzialità, turismo di conoscenza e di apprezzamento ambientale, stimolo agli investimenti in innovazione e lavoro qualificato, formazione organizzata e stabile, crescita culturale, organizzazione diffusa, spirito di comunità. Vorremmo che se ne discutesse apertamente e costruttivamente, trovando le ragioni di una identità territoriale che stenta a crescere, identità non astratta ma ben piantata sull’opportunità di mettere a regime un complesso di risorse e di funzioni in un contesto di cambiamenti necessari perché possibili. Siamo pronti al confronto.

IL FUTURO È ADESSO 

Il futuro è adesso. Il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) è una sfida epocale, di investimenti e di riforme, di metodi di governo e di prospettive per le comunità, per le classi dirigenti e per gli operatori economici e sociali. E noi però siamo sulla strada di perdere l’appuntamento, non uno qualsiasi, quello decisivo. Difficile trovare nella recente storia del territorio orvietano una fase nella quale si sia arretrati al livello di area marginale come oggi. Anzi, negli ultimi cinquant’anni era accaduto il contrario: fasi diverse e con diversa forza innovativa, ma tutte caratterizzate da ricerca di identità e ruolo del territorio, sguardo sul futuro.

Oggi, dopo la fase travagliata che stiamo ancora vivendo, in circostanze del tutto particolari la strategia di rilancio passa per le opportunità offerte dal PNRR. Si tratta di una pluralità di strumenti e di una straordinaria quantità di risorse. Un’occasione unica, che sarebbe un delitto trascurare. Ma si è arrivati all’appuntamento senza visione e senza una vera progettualità, cosicché si ha la sensazione che nelle condizioni attuali, se qualcosa arriverà, al massimo saranno briciole. E con ciò perderemo l’occasione non solo di risollevarci dalle carenze della fase pre-pandemia e dalle mazzate della pandemia, ma di ricollocarci nella nuova fase storica caratterizzata dalla logica dei sistemi integrati e delle politiche interregionali. Naturalmente la condizione di Orvieto è dentro la condizione dell’Umbria.

Si può ancora fare qualcosa? A nostro avviso si, se si determinano alcune condizioni, di strategia generale, di progettualità specifica e di iniziativa politica. Noi ci mettiamo al servizio di questo obiettivo: agganciare le opportunità del progetto di ripresa nazionale con una progettualità territoriale nei settori strategici. Parliamo di sanità, infrastrutture, patrimonio, ambiente, cultura, istruzione e formazione. Con finalità decisive: attrattività territoriale e residenzialità, turismo di conoscenza e di apprezzamento ambientale, stimolo agli investimenti in innovazione e lavoro qualificato, formazione organizzata e stabile, crescita culturale, organizzazione diffusa, spirito di comunità.

L’assunto è che nelle parti sostanziali il PNRR è ancora vago e lo è ancor di più sia il Piano regionale che il ruolo stesso delle Regioni per la sua attuazione. A maggior ragione appare del tutto aleatoria ogni previsione per Orvieto e il territorio. Anzi, una lettura attenta del mega contenitore regionale certifica Orvieto come area residuale delle politiche regionali, supporto per la gestione dei rifiuti. Per questo c’è necessità di cambiare registro e incidere sulle decisioni effettive di allocazione delle risorse, che sono prossime, al fine di marcare una nostra partecipazione territoriale non marginale. In verità si tratta anche di fedeltà ad un principio di etica pubblica: come c’è un dovere dello Stato di attuare lungimiranti ed efficaci strategie nazionali per la ripresa e la resilienza, così alla pari c’è un dovere di contribuirvi da parte delle Regioni e in esse dei territori, di ognuno e di tutti.

Ma bisogna avere idee chiare, indipendenza di giudizio, coraggio di scegliere e di sprigionare energie propositive. Sono in gioco la fisionomia della nostra regione e il ruolo delle comunità, soprattutto quello della nostra. Ancora una volta, nelle fasi di cambiamento, o si è parte delle decisioni o le si subisce, o prevale il centralismo o finalmente diventano centrali i territori. La questione vera è questa, e passa attraverso una capacità di proposta e una volontà di iniziativa non delegabili.

SEI PROPOSTE STRATEGICHE 

Ecco dunque alcuni esempi di posizioni urgenti da assumere e da far diventare terreni di forte iniziativa politica e istituzionale. Non rivendicazioni ma proposte strategiche che, mentre mobilitano le risorse e le opportunità territoriali, indicano una via di sviluppo sostanzialmente obbligata per la stressa Regione, sia specificamente in relazione all’utilizzo delle risorse del PNRR, sia più in generale rispetto ad un passaggio di fase che rovescia le logiche di un consunto centralismo. Cosicché, indipendentemente dal risultato, se facciamo quello che dobbiamo fare, metteremo finalmente in fila una serie di indicazioni e di scelte che ci potrebbero consentire in ogni caso di utilizzare gradualmente una costellazione di opportunità.

  1. Sanità 

Come abbiamo sostenuto nel documento sulla sanità già pubblicato, occorrono idee ben determinate su cinque punti, gli stessi che mette a fuoco il documento governativo che riforma il Sistema Sanitario Nazionale (SSN): 1. sistema di medicina territoriale capillare, efficiente, qualificato, tecnologicamente avanzato; 2. assistenza domiciliare dotata di mezzi e di personale sufficiente a garantire un territorio ampio e con molta popolazione anziana; 3. case della comunità collocate in modo razionale nel territorio in modo da rispondere ai bisogni degli utenti svolgendo con efficienza una funzione di prevenzione, di assistenza e di filtro rispetto alla cura, senza pregiudizi di localizzazione; 4. ruolo interregionale funzionale di emergenza-urgenza del nostro ospedale come parte organica sia del sistema ospedaliero provinciale che di quello regionale. 5. Mantenimento del Distretto (il nuovo nome sarà COT, Centrale Operativa Territoriale). Il nostro quindi vuole essere anche un contributo al rinnovamento del Servizio Sanitario Regionale nella direzione del nuovo disegno di quello nazionale. Le previsioni del Recovery Umbria sono del tutto sbilanciate. Per Orvieto praticamente nulla di rilevante.

  1. Infrastrutture 

Abbiamo bisogno non solo di ammodernare la viabilità interna alla nostra area (realizzazione e completamento della complanare), ma che siano potenziati i collegamenti di viabilità a Nord e a Sud con facilitazione per la nostra area di accesso alle arterie trasversali. Assurdo puntare sul secondo casello e non porre il problema della viabilità sia verso Perugia che verso Civitavecchia. Assurdo anche che di fatto si rinunci alla fermata dell’Alta velocità ferroviaria quando Orvieto è, per posizione geografica e per deposito di storia millenaria, sia porta dell’Umbria che porta dell’Etruria. È poi necessità inderogabile dotare il territorio dell’infrastruttura necessaria a promuovere l’accesso a internet veloce e super veloce. Nel Recovery Umbria anche per questo comparto non ci sono impegni di un qualche rilievo per il nostro territorio. Però non tutte le scelte sono fatte e comunque non c’è nulla di definitivo, per cui bisogna organizzare con urgenza una proposta infrastrutturale di vero cambiamento. 

  1. Patrimonio 

È essenziale che il patrimonio pubblico, storico, artistico, ambientale, archeologico, venga considerato un bene complessivo su cui impiantare il carattere innovativo di una nuova fase di sviluppo. In tal senso i grandi edifici del centro storico di Orvieto oggi dismessi (e per la gran parte cadenti) vanno trattati come una risorsa complessiva essenziale e non come un peso di cui liberarsi, perciò da non utilizzare per soluzioni tampone ma secondo un disegno funzionale al ruolo che la città deve avere l’ambizione di svolgere insieme al suo territorio di riferimento. Questo oggi è il vero realismo. In sostanza, bisogna mettere in gioco la città intera, con il suo vasto e interessante territorio fatto di borghi, di castelli e palazzi, di storia e di archeologia, di paesaggi e di ambienti particolari, e lanciare la sfida del bello come investimento produttivo per la rinascita del Paese. Orvieto, lo abbiamo detto, è una naturale porta di accesso dell’Umbria e dell’Etruria. Orvieto può esemplificare un futuro; perché dunque non farlo? Con un grande progetto di risanamento e valorizzazione utile al territorio ma anche alla Regione e al Paese. Troppo ambizioso? No, il contrario, senza ambizione c’è la rinuncia e il declino. Nel Recovery Umbria la dimensione della sfida per il futuro sembra del tutto assente e in esso Orvieto pare voler accettare di giocare appunto una partita di risulta. Bisogna uscire da questa gabbia.

  1. Ambiente 

È, insieme al patrimonio, l’altro asset strategico che può fare sistema e richiede perciò sia visione che scelte settoriali coerenti. È un complesso di aspetti che nel loro insieme fanno il carattere distintivo e il potenziale di qualità della residenza, della produzione, della sicurezza e della attrattività dell’intera area. Parliamo della disciplina e degli strumenti operativi riguardanti il sistema dei rifiuti (urgente superamento della discarica verso il riciclo), i parchi e le riserve naturali (gestione pubblica, da affidare ai comuni singoli o associati), la rete escursionistica (farne un sistema di promozione territoriale), il verde urbano (farne elemento distintivo di qualità), le energie alternative (non dire solo no, ma certo dire no a interventi speculativi e pregiudizievoli di sicurezza e di estetica) nel processo di transizione ecologica ed energetica (farne un’esperienza modellizzabile di territorio virtuoso). Nel Recovery Umbria non si legge una logica coerente di transizione ecologica. Anzi, per i rifiuti Orvieto appare come il supporto di una politica che ritarda il più possibile il superamento delle discariche. Dobbiamo respingere con decisione una impostazione di questo tipo.

  1. Cultura

È una delle risorse distintive della città e del territorio orvietano, che si sposa con ambiente, turismo, servizi, accoglienza enogastronomica, organizzazione urbana in senso lato. Si tratta dunque di portare a sistema le strutture che la compongono sia in termini di gestione che di promozione. Orvieto può candidarsi ad essere non solo capitale culturale dell’Etruria ma presentarsi al mondo come un unicum storico-artistico-ambientale, scrigno della storia dell’Occidente e naturale città degli studi. Ruolo centrale del Teatro, del Palazzo del popolo, della Biblioteca, dei Musei, del CSCO, della Scuola di musica, ecc., da programmare e gestire in modo coordinato, anche in funzione di quel turismo residenziale di qualità che si insegue da tempo immemorabile e su cui oggi però si può puntare e al quale tutto il territorio può partecipare da protagonista con le sue particolarità. Qui le scelte sono innanzitutto nostre, se vogliamo stare dentro le scelte dell’Umbria.

  1. Istruzione e formazione

Orvieto è naturalmente “Città degli studi”, per storia, collocazione geografica, vocazione culturale. Si tratta ora di portare questa vocazione a realtà. C’è anche per questo aspetto un complesso di strutture che attende senz’altro di essere organizzato e migliorato e che però intanto esiste: le scuole, la biblioteca, i musei, il Centro studi. Bisogna portare tutto questo a sistema, con un progetto di riorganizzazione della rete scolastica, ridefinizione degli indirizzi in relazione elle ipotesi di sviluppo del territorio, collocazione di Orvieto in un sistema umbro rafforzato degli indirizzi ITS (Istruzione Tecnica Superiore), sviluppo del CSCO come centro di coordinamento e di propulsione della formazione. Di questo, come per l’ospedale e i servizi sanitari, potrebbe trarre beneficio e stimolo per le dinamiche della crescita l’insieme delle comunità dell’area interregionale alla quale ormai occorre costantemente riferirsi. Anche in questo comparto le scelte spettano anzitutto a noi per poi cercare di inserirle nel contesto della pianificazione regionale con speranza di un qualche successo. Ma che intanto nel Recovery regionale con vi sia nulla che riguardi interventi di sistema per il nostro territorio ci dice quanto grave sia stata e sia la nostra mancanza di progettualità generale e specifica.

I SEGNALIBRI DEL FUTURO

Ecco dunque i segnalibri del futuro, ciò che prioritariamente avrebbe già dovuto trovarsi sul tavolo del governo regionale per partecipare attivamente al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e su cui comunque a nostro avviso bisogna lavorare ora con urgenza per non essere del tutto esclusi: 1. Proposta per le Case della comunità e il ruolo interregionale dell’Ospedale di Orvieto come DEU di secondo livello per l’emergenza-urgenza con adeguata previsione di spesa, nel quadro della riorganizzazione della sanità ospedaliera provinciale intorno all’Azienda di Terni trasformata in Azienda dell’Umbria Sud-Occidentale. 2. Inserimento organico del territorio orvietano nell’operazione di potenziamento della rete infrastrutturale, viaria, ferroviaria e tecnologica della Regione. 3. Finanziamento di un’ambiziosa operazione progettuale multidisciplinare per il riuso dei grandi edifici storici dismessi funzionale ad un rinnovato e ambizioso ruolo interregionale della città. 4. Finanziamento della pianificazione di un moderno sistema di tutela e valorizzazione ambientale. 5. Progetto per l’inclusione del complesso urbano storico-ambientale di Orvieto nell’elenco Unesco dei beni patrimonio dell’umanità. 6. Proposta di inclusione del territorio orvietano nel sistema regionale di formazione superiore, universitaria e/o tecnica (ITS). 

Il Recovery regionale e quello territoriale, se e in quanto ci potrà essere, deve avere il carattere dell’investimento per un cambiamento strutturale, per cui ciò che non potrà essere finanziato subito lo potrà essere in fasi successive. In ogni caso, con una proposta progettuale di largo respiro come quella che qui delineiamo si diventerà parte attiva nel necessario e vitale processo di inversione della logica di governo: dalla centralità del centro alla centralità dei territori.

INIZIATIVE CON SPIRITO DI COMUNITÀ

Abbiamo detto che si può fare ancora qualcosa per uscire dalla marginalità dovuta principalmente a noi stessi se, accanto ad una strategia generale e ad una progettualità specifica, saremo capaci di una efficace iniziativa politica. Per farlo, occorre guadagnare fiducia in noi stessi come comunità di destino. Ci poniamo perciò anzitutto come soggetti che indicano nell’unità di intenti su problemi da affrontare senza pregiudiziali ideologiche la via maestra per stimolare il ruolo attivo della comunità. Abbiamo perso fiducia e speranza, dobbiamo riconquistare fiducia e speranza.

Con questa impostazione promuoveremo incontri con le forze organizzate della società per poi portare le istanze di cambiamento al livello delle istituzioni. Ci organizzeremo. Siamo convinti che le differenze possono fare ricchezza se convergono su idee, progetti, metodi e volontà comuni. Siamo mossi da spirito di comunità. Per questo la nostra è una proposta e una iniziativa aperta, dialogante, costruttiva. Confidiamo nelle forze positive della città e del suo vasto territorio di riferimento.

È necessario dar luogo ad una nuova fase di impegno pubblico senza barriere. Non possiamo permetterci di perdere l’appuntamento con la storia.

 

 

Franco Raimondo Barbabella, CiviciX Orvieto

Massimo Gnagnarini, Italia viva dell’Orvietano

Massimo Morcella, Azione Orvieto