27 febbraio, quel viaggio sull’IC 598 delle 18,15 da Roma

Ultimo martedì di febbraio. Roma Termini. Pochi minuti prima delle sei. Pioggia scrosciante…Avverto l’umidità nelle ossa, tra i capelli, sul viso.  Una classica serata romana di fine inverno. Con la non desiderata compagnia di una copiosa e fredda pioggia.  All’interno della stazione i viaggiatori sembrano tanti piccoli pulcini che cercano riparo dall’acqua.  Io affretto il passo.  Mi attende il treno Intercity delle sei e un quarto.
E’ pronto sul binario.  Meno male, penso tra me.  Stasera proprio non era la serata adatta per arrivare tardi a casa.  Sarà la stanchezza dopo una dura giornata di lavoro.
Sarà la fame che inizia a fare capolino dopo il frugale pasto pomeridiano.  Sarà anche questa pioggia battente che sembra voler inumidire anche la mente e i pensieri.  O forse sarà questo scorrere del tempo di vita da pendolare che mi ha reso più fragile e più debole nel riuscire a fronteggiare ritardi e disagi.  O sarà tutto questo messo insieme.
Non lo so. Stasera neanche voglio pensarci.  Per due ragioni.  Entrambe positive.
Prima, Il treno è dato in partenza in orario; seconda, mi ritornano alla mente le rassicuranti parole di addetti Trenitalia e politici regionali e locali.  I treni in Umbria funzionano non bene ma benissimo.  I ritardi sono irrisori sia come quantità accumulata che come treni coinvolti.  E soprattutto il grado di soddisfazione dei pendolari, di noi che viaggiamo, in questi ultimi anni è notevolmente aumentato.  A volte penso che tutti i disagi che quotidianamente vivo sui treni siano frutto della mia fantasia, della mia mente invecchiata e malata.  Comunque mi siedo sul treno, scacciando questi fastidiosi pensieri.
Il treno alle sei e diciotto chiude le porte e si incammina direzione Orvieto.
Me ne sto tranquillamente poggiato con la testa al vetro, a osservare la campagna preda del buio che sembra scappare via nella notte. Guardo lo schermo del cellulare.  Manca poco più di un quarto d’ora alle sette.  Mentalmente calcolo che tra poco più di dieci minuti sarò a Orte.  E tra tre quarti d’ora sarò accarezzato dal calduccio della mia casa e dei miei cari.  In procinto di una ristoratrice e indispensabile buona cena.  Poi improvviso un acuto fischio.  Il treno si ferma.  Intuisco dai contorni del paesaggio esterno, nonostante il buio, che siamo nei pressi di Passo Capena.
Passa qualche minuto.  E qui si manifesta la solita gestione “folle” di Trenitalia verso noi passeggeri.  Arriva una mail che annuncia che per problemi sulla linea il nostro treno maturerà trenta minuti di ritardo.  Più ottimista il gracchiante altoparlante della carrozza, che annuncia che arriveremo a Orvieto con un ritardo di circa venti minuti.  Più pessimista Viaggiatreno, che invece riporta che arriveremo a Orvieto con quaranta minuti di ritardo.
Mi verrebbe da sbattere la testa al vetro, ma mi trattengo.  E me ne resto immobile, con l’umidità e la stanchezza che ancora di più sembrano averla vinta.  Per ingannare il tempo, che sembra non voler passare mai, faccio un po’ di calcoli.  Se il gracchiante altoparlante del treno ha detto il vero sarò a Orvieto alle sette e quaranta.  Se invece a dire il vero è la mail inviata da Trenitalia ci sarò alle sette e cinquanta.  Se si realizzerà quanto riportato da Viaggiatreno, sarò alla mia stazione alle otto in punto.
Come sempre un terno al lotto.  Quella pallina della roulette che, a secondo di come gira, condiziona la nostra quotidianità, la nostra vita.
Ripenso alle tante chiacchiere sbandierate sulla stampa locale da esponenti di Trenitalia e politici regionali e locali sul funzionamento treni e sull’alto grado di soddisfazione della clientela umbra per il servizio offerto.
Vorrei che loro, i nostri amati politici orvietani e regionali e tutti quei papabili di Trenitalia fossero ora qui al posto mio, dopo una giornata di duro lavoro e con questa pioggia e umidità “appiccicata” addosso.  E non credo che racconterebbero le stesse storie.
Per la cronaca né la mail ufficiale inviata dalle FS che parlava di 30 minuti, né l’annuncio a bordo treno che invece parlava di venti minuti, né Viaggiatreno che parlava di quaranta minuti ha “centrato “il ritardo.
Il mio treno, il favoloso intercity 598 partito in questo piovoso ultimo martedì di febbraio alle sei e un quarto da Termini, è arrivato alla stazione di Orvieto alle otto e trentadue minuti, con un’ora e dieci minuti tondi di ritardo.