Messa crismale, l’esortazione di Mons. Sigismondi: “Diffondere il ‘profumo di Cristo’, che impregna gli oli santi”

Nella solenne Messa crismale, presieduta dal Vescovo mercoledì 27 marzo alle ore 18.00 nella Cattedrale di Orvieto, circondato dal Presbiterio diocesano e dai Vescovi Mons. Mario Ceccobelli e Mons.Domenico Cancian, e alla presenza di numerosi fedeli laici e religiosi, sono risuonate fortemente, nella profonda e vibrante omelia, due parole: pianto e incanto, “la sistole e la diastole di ‘un cuore che vede’, come quello di Gesù”. Il Vescovo, al termine della Celebrazione ha ringraziato i Presbiteri, i Diaconi e i Religiosi per il loro impegno, chiedendo al “Signore, che conosce lo sguardo del vostro cuore, di moltiplicare in benedizione per ciascuno di voi e per le comunità che vi sono affidate”. Ha poi rivolto un grande grazie ai fedeli per la preghiera da loro innalzata al Padre ed ancora il sentito “grazie a quanti hanno lavorato perché questa celebrazione manifestasse tutto il suo splendore di bellezza, dalla sacrestia alla corale”.

Il testo integrale dell’omelia.

“Lo Spirito del Signore è sopra di me” (Is 61,1; Lc 4,18): proclamando questo passo del profeta Isaia, Gesù inaugura la sua missione nella sinagoga di Nazaret. Consegnato il rotolo all’inserviente, “gli occhi di tutti si fissano su di Lui” (4,20), ma il loro sguardo, annebbiato dalla curiosità, non traduce la meraviglia in stupore ma la riduce a sdegno. Ad essi si addice quanto il Signore confida a Israele per mezzo del profeta Osea: “Il mio popolo è duro a convertirsi: chiamato a guardare in alto, nessuno sa sollevare lo sguardo” (Os 11,7).

Gli occhi sono lo “specchio dell’anima”: se “curati con il collirio della fede”, cioè illuminati dalla parola di Dio, “fanno gioire il cuore” (cf. Sal 19,9). Secondo Romano Guardini le radici degli occhi affondano nel cuore: “solo l’amore è capace di vedere”. L’abbraccio dello sguardo avvicina al cuore, ne sente il battito; occhi e cuore si muovono insieme: “il cuore segue gli occhi” (cf. Gb 31,7) ed essi fanno ardere il cuore. Secondo Antoine Jean Baptiste Marie Roger de Saint-Exupéry, “l’essenziale è invisibile agli occhi”, e tuttavia essi, nei riflessi delle loro infinite espressioni, vedono l’indicibile, a condizione che non siano “stanchi di guardare in alto” (cf. Is 38,14), appesantiti dalle cataratte dell’alterigia, resi strabici o fatti miopi dalla superbia del cuore (cf. Sal 101,5).

Fratelli e sorelle carissimi, “alziamo gli occhi al Signore, nostro Dio, finché abbia pietà di noi” (cf. Sal 123,1-2). Consapevoli di essere “rivestiti di debolezza” (cf. Eb 5,2), noi pastori non osiamo abbassare lo sguardo sulle inadempienze della nostra durezza di cuore. È opportuno rileggere, in proposito, una pagina di don Primo Mazzolari, tratta dall’opuscolo Il mio parroco, preparato nell’estate del 1932 e offerto, come “biglietto di congedo”, ai parrocchiani di Cicognara e, come “biglietto da visita”, a quelli di Bozzolo, due borgate della Bassa padana che egli ha curato pastoralmente nella lunga e operosa vigilia della stagione conciliare.

Nel sottolineare la differenza incolmabile tra l’immagine ideale e la persona reale del prete, don Primo ritiene impossibile il tentativo “di colmare la differenza fra l’ideale e la realtà” e sacrilega l’impresa di “abbassare l’idea”. Egli considera dannosa la stessa “mistica del sacerdote”, in quanto accresce la delusione e l’irritazione dei fedeli i quali, però, non possono avvertire il “dramma intimo” di un prete, “lo strazio di dovere quasi sempre predicare delle parole che sono più in alto, se non proprio in aperto contrasto, con la sua vita”. Così scrive Mazzolari: “Sforzarsi di colmare la differenza fra l’ideale e la realtà. Ma c’è un abisso di mezzo, che i santi stessi non riescono a colmare (…). Abbassare l’idea. Ma non è fortunatamente in nostro potere: l’ideale è nella vocazione e la vocazione è del Signore (…). Abbassare le cime: scorciare gli ideali. Che strana e sacrilega maniera per guarire le differenze! Ognuno si tenga quello che ha: voi la vostra delusione, noi il nostro tormento d’infedeltà: ma le vette stiano immacolate e pure per la vostra gioia, per il nostro anelito”.

Pianto e incanto sono la sistole e la diastole di “un cuore che vede”, come quello di Gesù. Il suo è uno sguardo che scruta i discepoli del Battista e li interroga: “Che cosa cercate?” (Gv 1,38). È uno sguardo contemplativo che raggiunge Natanaele: “Io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi” (Gv 1,47-48). È uno sguardo misericordioso che risana il cuore di Matteo, staccandolo dal banco delle imposte (cf. Mt 9,9). È uno sguardo penetrante che, alla vista della folla, “sente compassione per loro” (cf. Mt 14,14). È uno sguardo affettivamente intenso che fissa “un uomo ricco” (cf. Mc 10,21), “un giovane” (cf. Mt 19,20.22), invitato a dare ai poveri le proprie ricchezze, senza condizionarne la risposta. È uno sguardo benedicente che incrocia gli occhi di Zaccheo il quale, su un sicomoro, “cerca di vedere” Gesù (cf. Lc 19,3.5). È uno sguardo gonfio di lacrime su Gerusalemme, che non sa riconoscere “quello che porta alla pace” (cf. Lc 19,41-42). È uno sguardo allenato a fare la spola tra cielo e terra (cf. Gv 17,1) per implorare che “tutti siano una sola cosa” (Gv 17,21).

Sentire su di noi e accogliere dentro di noi lo sguardo “sereno e benigno” del Signore, imparando da Lui a tenere aperti gli occhi sulle necessità e le sofferenze dei fratelli: questa è la condizione per diffondere il “profumo di Cristo” (cf. 2Cor 2,14-16), che impregna gli oli santi. Essi sono segni misteriosi di grazia di cui ha bisogno anche l’occhio, “lampada del corpo” (cf. Mt 6,22): dell’olio degli infermi, per scorgere “all’ombra della croce” la luce della speranza; dell’olio dei catecumeni, “per vincere le torbide suggestioni del male”; dell’olio di esultanza del crisma, per gustare e vedere “tutto il bene spirituale della Chiesa”.

Occhi limpidi, luminosi, aperti alle esigenze del Vangelo oltre che alle urgenze pastorali: ecco le credenziali che noi pastori siamo tenuti a presentare, sia svegliando l’aurora al chiarore della lampada del Tabernacolo, sia vivendo più uniti tra di noi e più immersi nel popolo di Dio. Il “peso di grazia” ricevuto con l’imposizione delle mani ci colloca all’incrocio tra lo sguardo di Dio e gli occhi dei fedeli e ci qualifica come “servi inutili” (cf. Lc 17,10). “Il diaconato – avverte Papa Francesco – non svanisce con il presbiterato; al contrario, è la base su cui si fonda”.

“Tenendo fisso lo sguardo su Gesù” (Eb 12,2), supplichiamolo di “purificare gli occhi del nostro spirito”, perché non si appesantiscano, non perdano di vista la bellezza intramontabile del servizio sacerdotale. La coscienza della nostra fragilità non affievolisca la “luce gentile” della fedeltà, alimentata dall’olio di letizia dell’amore. La fedeltà senza amore si spegne, la sequela senza amore stanca, lo zelo senza amore rende freddi, privi di ardore, di fervore, di entusiasmo sincero.

Fratelli e sorelle carissimi, “in alto i cuori”: noi, ministri ordinati, siamo più esposti di voi, fedeli laici, al giudizio che Paolo rivolge ai Galati, che hanno distolto lo sguardo dall’essenziale: “Siete decaduti dalla grazia” (Gal 5,4). “Guarda, rispondimi, Signore, mio Dio, conserva la luce ai miei occhi” (Sal 13,4); questa supplica salga dalla tribuna del nostro Duomo e si accordi con quella delle navate: “Gli occhi di tutti a te, Signore, sono rivolti in attesa” (Sal 145,15).

+ Gualtiero Sigismondi




ciCasco mette in moto l’inclusione

In un mondo dove spesso vengono premiate l’esclusività e la competizione esistono, invece, realtà come il Comitato ciCasco dove l’inclusione delle diversità è il leitmotiv di ogni loro iniziativa. Se si fa un giro sul loro sito (www.cicasco.org) si legge “Lo scopo principale del Comitato è quello di favorire la divulgazione delle informazioni sul tema dell’inclusione, intesa come superamento dei limiti e delle discriminazioni derivanti dalle diversità”.  Che poi, di questi tempi, dove la retorica dei muri, della difesa delle “identità culturali naturali” vengono strombazzate ad arte dall’arruffapopolo di turno, sembrerebbe essere un qualcosa di rivoluzionario. Insomma, in un ambiente sempre più violento, divisivo, escludente e competitivo, a Orvieto c’è ancora chi in questa “roba” non si riconosce; anzi, si prodiga in raccolte fondi, donazioni ed eventi per favorire l’inclusione delle disabilità, dei gap di genere e di ogni altra “diversità”, anche sociale, potenzialmente o realmente discriminante. Un esempio? Avete presente la nuova giostra girevole nel parco di Orvieto Scalo, vicino al campo da basket e da calcetto? Quella è stata realizzata su iniziativa di ciCasco e può essere usata contemporaneamente sia da bambini normodotati sia con disabilità.

Inoltre, già da un anno, si stanno impegnando in una serrata raccolta fondi per stipendiare degli educatori che possano permettere ai ragazzi e alle ragazze con disabilità di accedere ai centri estivi, rendendoli inclusivi. E poi, ci sono state le donazioni di farmaci, di visite mediche a chi non poteva permettersele e ancora e ancora. E pare proprio che non siano extra terrestri questi di ciCasco, nemmeno “fricchettoni” naif o figli “de mazinga” pieni di soldi, ma persone comuni, con i problemi di tutti, ma che si spendono un po’ di più. Abbiamo fatto quattro chiacchiere su questo con Leandro Tortolini, presidente del comitato.

Perché e quando è nata l’esigenza di creare ciCasco?

ciCasco nasce nel 2020 in pieno Lockdown da una chat di amici su whatsapp quando i giorni erano interminabili e l’incertezza circondava tutti noi. Ci dicevamo: “quando avremo di nuovo la possibilità di uscire dalle nostre case saremo persone migliori e avremo un grande impatto sulla cultura della nostra città.” Devo dire che in 4 anni abbiamo tracciato un bel percorso

A che punto è il senso di solidarietà fra le persone?

 “Nonostante tutto continuo a credere nell’intima bontà delle persone” (Anna Frank).

Si riesce a fare rete sul territorio e oltre?

Sì e questo è uno degli aspetti di cui sono più orgoglioso come presidente del Comitato ciCasco. Per noi, diversità è ricchezza e la valorizzazione della diversità stessa è uno dei punti fondamentali del nostro volontariato; quindi, fare rete è sempre alla base di ogni nostra iniziativa e progetto.

Quali iniziative ti hanno emotivamente coinvolto di più?

La prima! Rock for ciCasco di cui esiste un documento eccezionale sul nostro canale youtube (https://www.youtube.com/watch?v=WurWACXd_h4&t=35s.). In pieno coprifuoco, organizzammo una diretta streaming invitando tre grandi band di giovani e grandi artisti con una raccolta fondi in diretta, davvero emozionante. Era il 2021, riuscimmo a raccogliere 1.200 euro che donammo all’Associazione Senza Monete e al gruppo di volontariato Diamoci una mano.

Cosa succederà il prossimo 18 aprile?

Giovedì 18 aprile a Lo Scalo Community Hub presenteremo ufficialmente il nostro progetto di inclusione sociale “Campi estivi dell’inclusione” promosso da ciCasco, in collaborazione con due partner di eccellenza del territorio che sono Centro Il Girasole che si occupa di riabilitazione e assistenza per persone con disabilità e il Liceo di Scienze Umane di Orvieto. Alle 18 ci sarà una conferenza stampa aperta a tutti, arricchita, intorno alle 20, da una apericena, seguito da musica dal vivo con l’amico Saverio Paiella, che sosterrà la nostra raccolta fondi per questo ambizioso e urgente progetto.

Come si fa a partecipare, a chiedere di ciCasco insomma?

Partecipazione è la parola chiave. Lo si può fare semplicemente attraverso il sito internet e i nostri social (Instagram e Facebook), anche per qualsiasi richiesta o informazione. Ma il punto è che c’è tantissimo bisogno di volontariato, di persone che dedichino il proprio tempo a queste iniziative. Chiaramente è tutto gratuito, nessuno di noi viene pagato per questo o percepisce rimborsi, ma il guadagno che ne scaturisce è collettivo, a vantaggio della virtù di tutti. Quindi, partecipate.




Il Comune presenta i lavori per il Centro delle Politiche sociali e via Costanzi allo Scalo

Presentato alla cittadinanza e alle associazioni, mercoledì 27 marzo presso Lo Scalo-Community Hub, il progetto esecutivo per la realizzazione del Centro per le Politiche sociali e della famiglia che sorgerà al posto dell’ex scuola media del quartiere. Presenti il sindaco di Orvieto, Roberta Tardani, il vicesindaco Mario Angelo Mazzi, gli assessori Alda CoppolaCarlo MoscatelliPiergiorgio Pizzo e Gianluca Luciani, e il dirigente del Settore tecnico del Comune, Rocco Olivadese. Dopo l’affidamento dell’appalto integrato – è stato detto – la progettazione esecutiva è ora nella fase di validazione e l’inizio dei lavori è previsto tra la fine di maggio e l’inizio di giugno. L’intervento, finanziato con 4,8 milioni di euro da fondi Pnrr, sarà completato entro il 2026 e interesserà anche tutta l’area esterna adiacente.

Da vent’anni – ha spiegato il vicesindaco con delega all’Urbanistica, Mario Angelo Mazzi – inseguivamo l’obiettivo della sostituzione dell’ex scuola media di Orvieto scalo ormai degradata come segnale di rivitalizzazione complessiva dell’area. L’intervento prevede la realizzazione di un edificio su due piani, all’avanguardia per quanto riguarda gli elementi di bioarchitettura e autosufficiente dal punto di vista energetico. Qui si concentreranno tutti gli uffici e i servizi del settore sociale del Comune mentre al primo piano ci saranno spazi e locali che saranno destinati al Centro sociale di Orvieto scalo e delle associazioni attualmente presenti nella struttura. Sempre al piano terra ci saranno anche una sala multifunzionale a disposizione delle stesse associazioni e del quartiere e i servizi igienici a servizio degli impianti sportivi dell’area esterna“.

Nel corso dell’incontro sono stati illustrati anche i prossimi interventi previsti sul Giardino del Fosso dell’Abbadia in via Monte Terminillo e per la viabilità lungo via Angelo Costanzi e il progetto di riqualificazione dell’area del Piazzale della Stazione.

Giardino Fosso dell’Abbadia

Partiranno a maggio, infatti, anche i lavori per la riqualificazione del Giardino del Fosso dell’Abbadia in via Monte Terminillo. Un intervento finanziato con 170.000 euro da fondi europei nell’ambito del progetto Divaircity, di cui Orvieto è una delle cinque città pilota in Europa, co-progettato con associazioni e cittadini e ispirato al progetto realizzato dagli studenti del Liceo scientifico “Majorana” e della scuola “Ippolito Scalza” premiato lo scorso ottobre a Bruxelles.

Punti salienti dell’intervento sono la realizzazione di coperture in acciaio corten in prossimità dell’area giochinuove sedute, la ristrutturazione dei servizi igienici, una nuova e più efficace segnaletica di accesso al parco, barriere verdi nell’area prospicente la strada e dietro l’anfiteatro, l’installazione di giochi inclusivi e un’area cani. Prevista inoltre la riqualificazione del sottopasso ferroviario di via Paglia con una illuminazione adeguata e una pavimentazione colorata.

Viabilità pedonale in via Angelo Costanzi

Il quartiere di Orvieto scalo sarà interessato anche dai lavori di riqualificazione della viabilità lungo via Angelo Costanzi in ingresso dal casello autostradale A1. L’intervento – è stato spiegato – è stato rimodulato in base ai lavori programmati da Ferrovie dello Stato per il consolidamento della scarpata ferroviaria lungo via Costanzi. Previsto il completamento dei marciapiedi sul lato della ferrovia, la realizzazione di attraversamenti pedonali protetti, la sistemazione a parcheggio con 16 posti auto e un bus terminal all’uscita del casello autostradale, nell’area davanti al Food Village.

L’inizio dei lavori, della durata di circa sette mesi, è previsto a dicembre 2024.

Riqualificazione del Piazzale della Stazione

Nell’ambito degli interventi avviati da Rfi nell’area di proprietà a ridosso della stazione ferroviaria, l’amministrazione comunale ha presentato un progetto di riqualificazione del Piazzale della Stazione che prevede anche una sistemazione funzionale dei parcheggiVentitre posti auto – contro gli attuali 12 – verrebbero ricavati nel piazzale grazie all’ampliamento in una zona a ridosso dell’ex dopolavoro ferroviario e altri 10 posti auto sarebbero realizzati lungo via Gramsci in virtù dei lavori di rifacimento del muro di recinzione già affidati da Rfi.

Orvieto scalo è il punto di accesso alla città – ha detto il sindaco Roberta Tardani – e uno snodo cruciale. Un quartiere che vive i problemi legati al traffico visto la sua posizione, tra la linea ferroviaria e l’Autostrada, e che per anni è stato abbandonato anche dal punto di vista delle manutenzioni più basilari. Per questo, nell’ambito del piano degli interventi sulla viabilità del territorio comunale, abbiamo realizzato qui importanti lavori attesa da tempo, in via Monte Bianco, via Monte Terminillo, via del Fosso, via Sant’Ubaldo, via San Francesco, Piazza Monte Rosa e il parcheggio di via Monte Nibbio. Sul fronte della sicurezza stradale sono stati realizzati i passaggi pedonali protetti in via Costanzi e sulla Statale 71 e prossimamente anche di fronte al Piazzale dell’Orologio. Abbiamo inoltre riaperto e riqualificato il parcheggio del Borgo e realizzato il Parco dell’Inclusione ai giardini Stefano Melone. E quando è arrivata l’opportunità di pensare a interventi di rigenerazione urbana destinati al settore sociale finanziati dal Pnrr abbiamo scelto proprio Orvieto scalo per progettare il Centro per le Politiche sociali e della famiglia che ora vedrà la luce andando ad eliminare una struttura degradata e a riqualificare l’area di Piazza del Commercio. Il Centro sarà il punto di accesso dei servizi sociali del Comune di Orvieto che qui saranno facilmente raggiungibili anche dai comuni della nostra Zona sociale, porterà economia quotidiana nel quartiere e garantirà spazi finalmente dignitosi e adeguati alle associazioni che svolgono un lavoro fondamentale di aggregazione e socializzazione. Durante i lavori, come abbiamo concordato con gli ambulanti, il mercato settimanale sarà temporaneamente spostato in Piazza del Commercio e stiamo ragionando con la ditta esecutrice su una soluzione per garantire una sede provvisoria per le associazioni“. 

L’attenzione su Orvieto scalo è stata e resterà alta – ha aggiunto – per risolvere le questioni ancora aperte e sentite dagli abitanti del quartiere. I problemi del traffico verranno definitivamente superati con la realizzazione del secondo stralcio della complanare che è stato interamente finanziato per 12,9 milioni di euro, mentre gli interventi proposti per la riqualificazione del piazzale della Stazione e in via Gramsci serviranno anche ad alleggerire la necessità di parcheggi nell’area di via Primo Maggio. In questo senso abbiamo fatto un nuovo tentativo con Ferrovie dello Stato per ampliare il Piazzale dell’Orologio, una ipotesi che tuttavia non è compatibile con le attività di logistica. Una soluzione potrebbe essere quella di ricavare posti auto nell’area del tiro a segno ma ogni interlocuzione che abbiamo avuto con la proprietà parte dal presupposto di individuare un altro spazio dove spostare l’attività. Sarà importante e significativa la riqualificazione del Giardino del Fosso dell’Abbadia non solo perché è stata una iniziativa co-progettata con i cittadini ma anche perché si restituirà al quartiere uno spazio verde finalmente fruibile. In quell’area sarà dismessa una delle passerelle pedonali, che contiamo di poter ricostruire con i fondi messi a disposizione dal Patto Vato, mentre l’altra è stata sistemata“.




La Colletta del Venerdì Santo dedicata ai luoghi della Terra Santa

Anche quest’anno siamo invitati a offrire il nostro contributo per i Luoghi Santi e i cristiani di Terra Santa. La Colletta del Venerdì Santo per il Luoghi Santi del 29 marzo 2024 arriva ancora in un momento assai difficile, per la guerra in atto che, oltre a fare migliaia di morti, ha, dopo la pandemia da Covid-19, di nuovo bloccato il flusso dei pellegrini, costretto per lunghi periodi i ragazzi a non andare a scuola e lasciato senza lavoro molti cristiani della Terra Santa, specialmente a Betlemme e in Palestina, ma anche nella Città Vecchia di Gerusalemme e in Israele.

In questa situazione occorre la vicinanza e la solidarietà dei cristiani di tutto il mondo. Anzitutto attraverso la preghiera, a cui unire anche la condivisione di risorse economiche.




Dalla città-cartolina al nuovo welfare culturale

Tutte le ‘città-cartolina’ come Orvieto sono delle icone culturali dove il turismo assume un ruolo leader nell’economia. Qui la varietà delle esperienze offerte ai turisti è concentrata sulla risonanza dei suoi maggiori attrattori che, man mano, stanno perdendo il loro ruolo consolidato. Minore vivacità e creatività intellettuale, staticità dello stile di vita, questi sono solo alcuni dei limiti che denunciano queste città per le quali non si prevedono cambiamenti significativi in futuro. 

In molte città italiane si sta sperimentando quello che viene definito il nuovo ‘welfare culturale’ che è la capacità di riscoprire il Patrimonio storico-artistico, rendendolo più efficace e coinvolgente. In questi anni assistiamo ad una forte crescita del turismo culturale in tutto il mondo e la tendenza delle città d’arte è appunto quella di offrire migliori servizi per restituire bellezza e attrattività ai monumenti. 

L’arte -commenta il pittore messicano José Orozco (1883-1949) – ha una funzione sociale ed esprime qualcosa che il suo tempo e la sua terra cercano di dire, qualcosa di profetico…”.  Nel 2018 il Comune di Orvieto riproponeva il progetto ‘Orvieto Città Narrante rivolgendosi a “un pubblico motivato e sempre più interessato al viaggio d’esperienza”.  Aumenta infatti il numero di coloro che viaggiano guidati da una motivazione profonda: quando partono sanno perché lo fanno e perché hanno scelto una determinata destinazione. Chi mette piede sulla Rupe deve poterci trovare molto di più che la solita città-cartolina dove basta un colpo di flash dai telefonini per dire di esserci stati! 

Nella Città narrante, dall’identità ben definita, i visitatori dovevano incontrare qualcosa di particolare, di unico, in una frase “lo spettacolo della storia nel suo tessuto vivo e coinvolgente per rivelare e far vivere ai visitatori i più alti contenuti storici e artistici della città”. Ma per realizzare tutto ci occorre una nuova visione.   L’Italia, il Paese più noto al mondo per i Beni culturali, è al penultimo posto riguardo gli investimenti destinati a una migliore fruizione del Patrimonio. Francia e Regno Unito, per esempio, hanno in media un ritorno economico dai loro gioielli tra 4 e 7 volte superiore a quello italiano. Senza andare molto lontano, c’è il fenomeno turistico di Civita che vanta un numero di visitatori paganti all’anno pari a più del doppio di quello del Duomo e del Pozzo di san Patrizio messi insieme. 

Tra la logica del business, da una parte, e la politica della conservazione, dall’altra, c’è dunque bisogno di valorizzare meglio e di più i nostri impareggiabili tesori, in linea con quanto sancito dall’articolo 6 del Codice dei beni culturali e del paesaggioche definisce la valorizzazione come “la disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale…al fine di promuovere lo sviluppo della cultura”. Qui il concetto di valorizzazione culturale va ben oltre l’ingresso ai monumenti promosso attraverso il tradizionale pacchetto turistico. 

Nel turismo moderno a prevalere è invece la dimensione esperienziale del nostro Patrimonio che deve trasformarsi in uno strumento vivo di conoscenza meravigliosa ed inaspettata. In questo caso l’Arte non è fine a se stessa, deve arrivare alla gente, giungere alla mente e allo spirito delle persone. Essa ha la funzione educativa di elevare lo stato d’essere di chi guarda, in pratica “serve a diventare cittadini, a divertirci e commuoverci, a imparare un alfabeto di conoscenze ed emozioni essenziali per abitare questo nostro mondo restando umani” (T. Montanari, storico dell’arte). 

Emerge allora il compito delle Istituzioni che, insieme a quello di conservare e amministrare il Patrimonio a loro affidato, sono chiamate ad essere ‘diffusori’ di contenuti che non si identificano con le conoscenze culturali in senso stretto, ma hanno a che fare con quei ‘significati’ e ‘valori’ etici dei Beni culturali che sono destinati a tutti, turisti e cittadini, facendo della bellezza un nobile strumento educativo a servizio della pubblica utilità, del bene comune, dell’universale. 

Orvieto non è un museo. Il suo Patrimonio deve essere abitato, vissuto, vivo ogni giorno. Sta a noi, alla nostra creatività e al nostro lavoro, continuare a farlo vivere nel tempo per aiutare le opportunità sociali ed economiche della città. Noi orvietani abbiamo un patrimonio culturale straordinario che tutto il mondo ci ammira, “onore e vanto della Nazione”, e che dobbiamo certamente custodire “finche il mondo duri”, ma che dobbiamo anche riscoprire e promuovere con nuove progettualità.  Orvieto si identifica con i suoi Beni culturali e Ambientali perché sottolinea Sergio Mattarella al convegno “Città d’arte 3.0, il futuro delle Città d’arte in Italia” – è la storia che li ha plasmati e che compone il dna delle nostre città, è l’osmosi tra natura e opera dell’uomo che ha formato i tessuti urbani, definito i paesaggi, dato vita a un modello sociale e una civiltà. È questa la nuova identità del Welfare culturale, un nuovo modello integrato di promozione dell’Arte e del Territorio per la crescita, il benessere e la salute degli individui e della comunità a cui appartengono.




Donatella Tesei in visita all’ospedale…dei sogni

La presidente Tesei è stata in visita all’ospedale Santa Maria della Stella nella giornata del 27 marzo.  Una di quelle passerelle per apparire anche nelle aree più lontane dal centro.  Però c’era la speranza che qualcosa vedesse.  Qualcuno ha sperato che intuisse le criticità presenti.  Una speranza che è durata lo spazio di un post sui social.  Già, un post che descrive un ospedale da sogno.  Tutto funziona, i medici sono tutti ai loro posti, così come infermieri e OSS.  Un luogo quasi ideale di cura. 

Eccolo il post, “a Orvieto per visitare nuovamente l’ospedale Santa Maria della Stella dell’Usl Umbria 2 e constatarne l’avanzamento dei lavori, le criticità e i numerosi aspetti positivi. Il mio giro è iniziato dal Pronto Soccorso che è dotato di posti di Osservazione Breve e dove sono in atto le procedure amministrative per l’ampliamento. Proseguendo, ho incontrato il personale medico e infermieristico dell’Ortopedia, dove l’Ortopedia Pediatrica rappresenta un fiore all’occhiello, attirando pazienti anche dai territori circostanti. La stretta connessione con il reparto di Riabilitazione, altamente operativo, permette di offrire cure riabilitative di eccellenza ai pazienti ortopedici e a quelli affetti da patologie neurologiche, sia post acute che degenerative. Visitando il reparto di Ginecologia, sono stata colpita dalla capacità di attrazione esercitata nei confronti dei territori vicini, in particolare per le partorienti del viterbese, dimostrando l’importanza di un servizio accessibile e di qualità.

Il Nido e la Pediatria brillano per il loro valore, grazie all’impegno del personale medico e infermieristico e alla capacità di integrarsi con i servizi territoriali. La Pediatria si distingue anche per l’iniziativa di Arte Terapia, realizzata grazie al sostegno di privati e associazioni, che coinvolge i piccoli pazienti e tutto il personale. La mia visita è proseguita nel reparto di Cardiologia, riconosciuto a livello nazionale per la sua elevata professionalità, in particolare nell’ambito dell’aritmologia. Anche il reparto di Medicina Interna e la terapia sub intensiva internistica si sono distinti per l’elevata qualità assistenziale offerta.

Il personale della Chirurgia, dell’Oculistica, e del servizio di endoscopia digestiva hanno dimostrato un notevole impegno e una qualità delle prestazioni che meritano riconoscimento. Inoltre, i servizi del Laboratorio Analisi e Trasfusionale hanno svolto un ruolo fondamentale nel supportare l’attività dei vari reparti. Concludendo con la visita al reparto di Radiologia, ho potuto constatare l’efficienza e la qualità del loro lavoro, che si colloca tra i migliori della USL 2. Un elemento che ho particolarmente apprezzato è lo spirito di appartenenza manifestato dal personale alla struttura ospedaliera e lo spirito di collaborazione tra i vari professionisti che la Direttrice, Dr.ssa Ilaria Bernardini, è riuscita, nonostante il breve periodo di incarico, ad infondere all’interno della struttura ospedaliera”.  

Insomma un luogo da sogno dove lavorare e farsi curare.  Ma le criticità dove sono?  I soliti piagnoni orvietani, verrebbe da dire, se non fosse che quotidianamente giornali e amministratori ricevono lamentele e appelli su liste d’attesa, prestazioni, reparti e servizi scritti sulla carta ma inesistenti o quasi.

Emblematica la foto che ritrae proprio Tesei che ha sullo sfondo la scritta UTIC.  Lo sa la presidente che non c’è, che è solo una scritta?  Non è colpa dei medici del reparto che, come ha scritto, sono pienamente operativi e “riconosciuti come eccellenza nell’aritmologia”.  E poi c’è sempre la questione emodinamica.  Anche in consiglio comunale è stato recitato il suo de profundis, non ci sono le condizioni e poi abbiamo l’elisoccorso.  Già, l’elicottero della speranza che però è operativo di giorno e con il cielo sereno.  Quindi infarti solo di giorno, per la notte si torna alla vecchia ambulanza.  La stessa Tesei ha spiegato che l’ospedale ha un bacino ben più ampio di quello stretto del territorio.  L’emodinamica, è vero, ha delle linee guida precise ma derogabili se lo ritiene la politica regionale.  Niente da fare.  Ma a Foligno serve sicuramente, nonostante sia a circa venti minuti da Perugia.  Niente campanile, ma attenzione alle esigenze di un territorio vasto, isolato, che accoglie pazienti da Lazio e Toscana.  E gli ambulatori?  Ci sono, ci sono i medici ma i pazienti?  Questi il famigerato CUP regionale li spedisce ovunque.  P

Tesei ha visitato il punto nascite, anch’esso in deroga, che funziona a pieno ritmo ma non ha trovato urologia, c’è l’ambulatorio ma il medico?  Ogni tanto viene a visitare, per il resto si può andare a Foligno, Terni, Perugia oppure…dal privato.

Per il resto ha ragione Tesei, a Orvieto la direttrice Bernardini sta svolgendo al massimo il suo lavoro e con abnegazione come i tanti professionisti che lavorano quotidianamente in ospedale, ma non basta.  La ciliegina sulla torta? Le strade che sono una sorta di percorso a ostacoli per piloti di rally e non un accesso per persone normali e pazienti, magari con patologie dolorose, che chiedono solo una sistemazione dignitosa per arrivare in tutta tranquillità in ospedale.  

E il sogno così diventa realtà, dura realtà.