I Santi patroni d’Europa

L’Unione Europea è ancora un’idea vaga per gran parte dei cittadini europei. Il progetto dei padri fondatori aveva prefigurato una unione stretta e indissolubile tra le nazioni del Vecchio Continente, ma la millenaria tradizione statalista e culturale ne ha ostacolato la sua completa nascita. Oggi l’Europa è in crisi, si sgretola, sembra uno slogan abbastanza diffuso, ma è una situazione reale perché viviamo in un momento di grandi difficoltà in cui tensioni economiche, sociali, politiche ed etiche sono sempre più esasperate. La preoccupazione maggiormente avvertita dai leader politici degli stati membri è di rendere l’Europa più sicura, più solida economicamente, più giusta, più culla di valori fortemente legati a una lunga tradizione di civiltà “perché l’Europa è un continente portatore di civiltà” (tale dichiarazione si trova nel preambolo del Trattato costituzionale). Si potrà superare la crisi attraverso una crescita spirituale e morale che dia senso e giusta dimensione allo sviluppo tecnologico, economico e sociale. “È giunta l’ora di costruire insieme l’Europa che ruota non intorno all’economia ma intorno alla sacralità della persona umana, dei valori inalienabili, l’Europa che abbraccia con coraggio il suo passato e guarda con fiducia il futuro per vivere pienamente e con speranza il suo presente”: così Papa Francesco ha affermato, a conclusione del suo appassionato discorso tenuto al Parlamento Europeo, a Strasburgo il 25 novembre 2014. L’Europa non può fondarsi solo sull’economia, la finanza, la diplomazia, ha bisogno di valori e di sentimenti concordi che la guidino, la indirizzino, ne interpretino l’animo profondo e indichino una speranza nel futuro, guardandolo con più ottimismo, come ha auspicato Papa Francesco.

Anche Benedetto XVI ha sentito e manifestato una vera passione, un grande amore per l’Europa, per la sua storia, la sua identità, la sua anima cristiana. Quando era prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, il Card. Ratzinger, al termine di una conferenza tenuta il 13 maggio 2004, nella Sala del Capitolo del nostro Senato, formulò questo augurio: “L’Europa riacquisti il meglio della sua eredità e sia a servizio dell’intera umanità”. Un’esortazione, un impegno per edificare la casa comune in spirito di fraternità e rifare “l’Europa cristiana” perché non si può ignorare ciò che il cristianesimo significa per la nostra civiltà: è stato sorgente, faro di luce anche nei momenti più bui della storia europea. Molti non sanno che la bandiera dell’Europa dimostra le nostre radici cristiane: su di essa sono raffigurate 12 stelle d’oro (le 12 tribù di Israele e i 12 apostoli, legame tra Antico e Nuovo Testamento) le stesse che cingono il capo della Vergine Maria, mentre il colore blu è il colore del mantello della Madonna. Arsène Heitz, giovane cattolico di fervente devozione mariana e disegnatore della bandiera europea, per anni ha tenuto nascosto il vero significato della sua ispirazione biblica rivelandone, poi, la fonte religiosa presa dai versi del libro dell’Apocalisse “una Donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e una corona di dodici stelle sul suo capo” (Apocalisse 12,1). Anche se nella Carta Costituzionale d’Europa non si fa esplicito riferimento al Cristianesimo, tuttavia i simboli della bandiera sono un omaggio alla Vergine e, quindi, una tacita dimostrazione delle nostre radici cristiane. Anzi l’impegno a voler includere tale riferimento ha incontrato diverse resistenze anche se lo stesso san Giovanni Paolo II ha ripetutamente affermato che è ingiusto e dannoso tagliare le radici dalle quali si è avuta la vita: “Non si tagliano le radici dalle quali si è cresciuti” (Angelus del 20 giugno 2004). La Chiesa cattolica ha voluto sottolineare l’importanza di tali radici, perché la storia bimillenaria dell’Europa è legata alla civiltà cristiana, quindi, ha affidato la protezione dell’UE a sei figure rappresentative, che sono la sintesi esemplare della storia del Cristianesimo e del rapporto tra potere politico, civiltà occidentale, istituzione ecclesiastica e Vangelo. Sono uomini e donne europei con un cammino di vita che può offrire a credenti e non credenti dei nostri tempi spunti di studio e di riflessione: Benedetto da Norcia, Cirillo e Metodio, Brigida di Svezia, Caterina da Siena ed Edith Stein. Tre uomini e tre donne, i primi tre del primo millennio (un italiano e due dell’Est), le altre tre del secondo (un’aristocratica svedese, una borghese ebrea e un’italiana, figlia di un mercante): ciascuna di queste figure è la sintesi della storia del Cristianesimo. San Paolo VI è stato il pontefice che ha proclamato san Benedetto il primo e principale patrono d’Europa il 24 ottobre 1964 a Montecassino durante una solenne celebrazione con la partecipazione degli abati benedettini e le più importanti autorità di quell’Europa che muoveva i primi passi. Successivamente, il 31 dicembre 1980 san Giovanni Paolo II aggiunse come compatroni i santi Cirillo e Metodio e il I° ottobre1999, in perfetta simmetria con i tre patroni, affidò la protezione dell’Europa a tre donne: Brigida, Caterina e Teresa Benedetta della Croce, due personalità della mistica medievale e una martire contemporanea.

Benedetto è il fondatore del monachesimo d’Occidente: senza il monachesimo cristiano la trasmissione all’Europa del vasto patrimonio culturale classico sarebbe stata gravemente compromessa e un’Europa senza cultura oggi sarebbe impensabile. Le notizie sulla sua vita si trovano nei brevi lineamenti descritti da san Gregorio Magno, che a lui dedicò due capitoli dei Dialoghi. Benedetto nacque nel territorio di Norcia da una nobile famiglia intorno al 480. Da giovane fu mandato a Roma per completare gli studi letterari e giuridici, adeguati alla sua condizione sociale. Dopo alcuni tentativi di adattamento al contesto romano di quei tempi, che segnarono il crollo dell’impero romano, preferì darsi alla vita ascetica: dapprima si fermò presso un’antica villa neroniana di Subiaco, un antro solitario che ben si prestava al suo desiderio di vita eremitica. Qui maturò nella sua mente e nel suo animo la realizzazione di un nuovo tipo di vita monastica e con alcuni fondò delle piccole comunità. Dopo aver dato un certo assetto ai nascenti cenobi sublacensi, con un minuscolo gruppo di monaci si avviò verso una nuova meta: Montecassino, che divenne la sua residenza definitiva. Di lui è famosa la Regola: un piccolo libro che segnerà con il motto “Ora et labora” la storia della spiritualità d’Occidente e che da molti secoli esercita un’azione santificatrice su molte schiere di padri benedettini, di una buona parte del clero e del laicato, che vive nel mondo lo spirito di Benedetto, perché la Regola afferma il primato assoluto e sovrano di Dio.

Cirillo e Metodio sono stati i due evangelizzatori dei territori delle popolazioni slave. Provenivano da una famiglia della nobiltà greca. Originari di Salonicco, di questi due fratelli, vissuti nel corso del IX secolo, ci sono state tramandate poche notizie. Giovanni Paolo II li ha dichiarati compatroni d’Europa (della parte orientale), per la loro straordinaria capacità di far arrivare la fede in ambienti pagani di cultura diversa da quella greco-romana. A loro si deve l’invenzione di quella scrittura particolare, chiamata alfabeto cirillico, che servì per tradurre la Sacra Scrittura e i libri liturgici in lingua slava.

Brigida di Svezia apparteneva ad una famiglia altamente aristocratica, la cui dinastia aveva dato molti re alla nazione per oltre un secolo (1250-1353). La vita di santa Brigida si può dividere in due periodi segnati dalla morte del marito. Nel primo periodo è la donna del suo tempo, dalla forte personalità, sposata e madre di ben otto figli. Sia lei che il marito furono terziari francescani e amanti della Sacra Scrittura. Nel secondo, divenuta vedova, è la “Sposa di Cristo, la mistica del Settentrione, chiamata ad assolvere una missione superiore, che può definirsi universale”. Dopo la morte del marito, insieme con la figlia Caterina, si stabilì a Roma dedicandosi a tante opere e soprattutto all’amorevole assistenza dei più poveri. Visitò molti luoghi italiani, mete di pellegrinaggi, e poi si spinse fino in Terra Santa. A Gerusalemme si ammalò gravemente. Ritornata a Roma morì qualche tempo dopo. Santa Brigida ci ha lasciato alcuni scritti in cui descrive la sua straordinaria esperienza mistica, ricca di rivelazioni ricevute da Gesù e dalla Vergine Maria. Alcune di tali rivelazioni riguardavano i disegni di Dio sugli avvenimenti storici e riferivano dure ammonizioni rivolte sia a principi che a pontefici. Mossa dallo Spirito Santo fondò un ordine contemplativo femminile e maschile, l’Ordine del Santissimo Salvatore, ancora oggi più vivo che mai, e lavorò instancabilmente per la pace in Europa, per l’Europa dei suoi tempi, segnata da divisioni religiose, guerre e squilibri politici.

Santa Caterina è una delle personalità più affascinanti della storia del 1300 non solo italiana, ma europea. Visse quasi sempre a Siena dove era nata e dove era cresciuta in una numerosa famiglia, essendo la ventiquattresima di ben venticinque figli. Fu al centro delle più intricate questioni sociali ed ecclesiali dei suoi tempi, in particolare a lei si devono le trattative per il ritorno dei papi a Roma, che da settant’anni avevano trasferito ad Avignone la sede dell’Apostolo Pietro. Infatti, nel 1376, armata della sua incrollabile fede, si recò in Francia per convincere Gregorio XI a far ritorno a Roma. Nella sua impresa, giudicata umanamente impossibile, riuscì a persuadere il Papa che nel gennaio del 1377 riportò a Roma la sede apostolica. La sua vita fu orientata al servizio esclusivo di Dio e della Chiesa, conducendo una vita austera, dedicandosi all’assistenza dei poveri e dei malati, scrivendo lettere alle persone più disparate per stabilire pace ed equilibri politici. Vestì anche l’abito domenicano, come terziaria, e un giorno, durante un’apparizione, il Signore la fece sua Sposa nella fede mettendole al dito l’anello nuziale. Nel 1970 san Paolo VI le ha conferito il titolo di Dottore della Chiesa, insieme con santa Teresa d’Avila, titolo mai prima di allora attribuito a donne. Inoltre il nome di Caterina, come autrice, è il primo nome di donna che compare nella storia della letteratura italiana.

Edith Stein (Teresa Benedetta della Croce), nata in una famiglia di origine ebraica, si distinse presto come bambina dall’intelligenza acuta e precoce. Nel corso degli studi superiori i docenti notarono le sue straordinarie doti intellettuali ed attratta dalle teorie del filosofo Husserl decise di intraprendere gli studi universitari a Gottinga dove insegnava il filosofo, padre della Fenomenologia, e dove conobbe e si guadagnò la stima di alcuni filosofi fra i più famosi del tempo. Completati gli studi si trasferì a Friburgo e seguì come assistente il suo professore ma per un breve periodo in quanto per lei l’impegno assunto non fu più sostenibile. Pur rimanendo all’Università di Friburgo si dedicò all’attività politico-sociale impegnandosi nel Partito Democratico Tedesco sostenendo il diritto delle donne al voto e al ruolo nella società della donna che lavora. In questo periodo si avvicinò alla fede cattolica e dopo aver letto l’autobiografia della grande Teresa d’Avila nel 1921 si convertì al cattolicesimo e maturò in seguito la vocazione alla via claustrale entrando a 33 anni nel monastero delle carmelitane a Colonia nel 1934 e prendendo il nome di Teresa Benedetta della Croce. Si oppose fermamente al nazismo. Infatti, nell’aprile del 1933 scrisse al Papa Pio XI e al suo Segretario di Stato, Card. Eugenio Pacelli e futuro Pio XII, esortandoli ad avere il coraggio di denunciare le prime persecuzioni contro gli Ebrei. La sua storia di santità è legata al suo cammino di fede e al dramma della sua deportazione in campo di concentramento e della morte violenta nella camera a gas di Auschwitz nell’agosto 1942. San Giovanni Paolo II beatificandola, come martire della fede, la definì “una figlia di Israele, che durante le persecuzioni dei nazisti è rimasta unita con fede e amore al Signore Crocifisso, Gesù Cristo, quale cattolica e al suo popolo quale ebrea”.




La grande questione della sanità tra propaganda politica su Casa e Ospedale di Comunità, servizi e centralità di Orvieto

La grande questione sanità non esce mai dai radar della discussione politica e della cronaca.  Proviamo a fare il punto della situazione anche perché sono ancora troppe le domande senza una risposta.  Prima di tutto però, facciamo chiarezza sul significato e i compiti di Casa e Ospedale di Comunità perché vengono presentate come panacea di tutti i mali e spacciate per servizi di pronto soccorso immediato.  Non è così.  Sono servizi di grande utilità ma le acuzie e le emergenze rimarranno appannaggio dell’ospedale, del pronto soccorso e della rete ospedaliera regionale.

Cosa significa un Ospedale di Comunità?  E’ una struttura, con alcuni posti-letto, della rete assistenziale territoriale e un’alternativa all’assistenza domiciliare integrata nei casi in cui sia necessaria un’assistenza infermieristica continuativa.  Svolge una funzione intermedia tra domicilio e ricovero ospedaliero.  Quindi diciamolo a chiare lettere non è un punto di primo soccorso, le acuzie verranno curate e diagnosticate sempre in ospedale e al Pronto Soccorso.  Tutto il resto è propaganda politica anche piuttosto scorretta.

Cosa significa Casa di Comunità? Offre ai cittadini una sede territoriale unica di riferimento alla quale rivolgersi per diversi servizi socio-sanitari.  Sarà un modello di intervento multidisciplinare con medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, specialisti ambulatoriali, infermieri e anche psicologi.  Verranno assicurati i servizi medici e ambulatoriali per le patologie croniche come, ad esempio, il diabete. Anche qui non c’è traccia di soccorsi o altro.  Sicuramente troverà sede quella che tutti chiamiamo “guardia medica”.  Anche in questo caso chiediamo alla politica correttezza, nessun pronto soccorso.  Chi ha un’urgenza seguirà la stessa strada che segue già oggi.

Partiamo, ora, con la prima sensazione che però viene in parte confermata dalle tante segnalazioni sulle lunghissime attese prima di ottenere un appuntamento specialistico.  Entrando in ospedale e passato il CUP all’ingresso e il bar si viene avvolti da un silenzio ovattato.  Sedie nello spazio ambulatori in gran parte vuote e medici disponibili.  E’ un binomio che fino al 2019 era praticamente impossibile da avere.  Poi è arrivata la pandemia ma oggi è per fortuna passata e archiviata.  E allora perché per delle semplici analisi si deve attendere circa 7 giorni per poter avere un appuntamento.  Eppure prima della pandemia non c’era bisogno di un appuntamento, si andava, si pagava il ticket e via con il prelievo.  Domanda: cosa è cambiato?

La politica è tutta concentrata su Casa e Ospedale di Comunità con accuse incrociate fra candidati.  Riusciranno i nostri eroi a realizzarla in tempo per il 2026 e soprattutto a rendere tutto operativo con attrezzature, arredi e personale adeguato?  Non c’è disfattismo ma attenzione.  Nessuno è contro, anzi come abbiamo scritto nel passato, il vero scandalo che ci fa inc..re è il fatto è sono stati spesi 2,7 milioni di euro nel 2008 per acquistare la ex-mensa della Piave, soldi che potevano essere destinati ai servizi sanitari, per costruire la Casa della Salute.  Patto rinnovato con il Comune nel 2015 e poi ora verranno spesi altri soldi pubblici, quelli del PNRR che, ricordiamolo sempre in parte sono un prestito da restituire, per recuperare un palazzo di grande valenza artistica e paesaggistica e riconvertirlo a servizi sanitari con costi più alti perché in pieno centro storico e di fronte a uno dei monumenti religiosi più importanti in Italia.  Nessuno ha ancora chiesto conto dei ritardi, dei soldi già spesi e vincolati alla costruzione di una Casa della Salute.  Domanda: chi risarcirà gli orvietani per non aver avuto servizi adeguati dal 2008 al 2026 e forse oltre?  Altra domanda: chi si occuperà della ex-mensa oggi abbandonata e che avrà bisogno di una rinfrescata e una ristrutturazione?

Altre domande…

Tra oggi e il 2026 saranno assicurati adeguati livelli dei servizi sanitari per i cittadini orvietani?  La domanda sorge spontanea visto che mentre gli ambulatori orvietani languono di appuntamenti i cittadini vengono spediti in tutta l’Umbria per esami e visite anche urgenti. 

Un’ultima domanda, Orvieto sarà più centrale nella nuova sanità?  Perdendo il distretto e senza COT diverrà più laterale e etero-controllata da Terni e Foligno.




Porano, assemblea pubblica del Gruppo “Uniti per Porano” il 16 marzo

Sabato 16 marzo alle 16:30 si terrà un’assemblea pubblica nella Sala Consiliare del Comune di Porano. L’incontro è organizzato dal Gruppo “Uniti per Porano”, nato dalla fusione dei due gruppi di opposizione “Alternativa per Porano” e “Porano, dalla nostra prospettiva”.

“Il nostro obiettivo – spiegano i promotori dell’assemblea – è condividere con la cittadinanza i principi su cui si basa il nostro progetto per il territorio. Vogliamo un’amministrazione più vicina alle esigenze dei cittadini, in grado di fornire migliori servizi, attenzione alle situazioni di fragilità e una gestione virtuosa dei beni comuni.”

“Inoltre, intendiamo promuovere uno sviluppo socio-economico sostenibile, valorizzare le risorse naturalistiche e storico-archeologiche del territorio, tutelare il paesaggio, promuovere itinerari tematici, prodotti tipici e patrimoni materiali e immateriali.”

“Riteniamo che Porano abbia bisogno di una visione organica e strategica, che negli ultimi anni è mancata. Vogliamo essere un laboratorio politico aperto, ispirato ai valori della Costituzione italiana: democrazia, lavoro, solidarietà, uguaglianza, libertà, rispetto dei diritti umani, pluralismo, non discriminazione, tolleranza, giustizia, parità e rispetto tra donne e uomini.”

“L’assemblea è aperta a tutti, sia a chi risiede a Porano sia a chi vi trascorre periodi di ferie. Il nostro candidato sindaco è l’avvocato Carmela Pamela Palmieri, che rappresenta al meglio le istanze del gruppo. Intendiamo sostenerla con convinzione e costruire intorno a lei una squadra di persone competenti e appassionate al servizio di Porano e dei suoi cittadini.”

“Invitiamo tutti coloro che si riconoscono nei nostri valori e negli obiettivi generali a partecipare all’assemblea e a dare il loro contributo.”




Per presentare il “Cammino dell’intrepido Larth”, un dibattito su “i percorsi nell’economia turistica del futuro”

Un progetto ambizioso che ha già cominciato a macinare numeri incredibili a meno di sei mesi da suo avvio.  E’l’importante iniziativa di promozione integrata tra Umbria e Lazio che sta creando nuovo turismo ed economia. E’ il cammino dell’intrepido Larth, il percorso escursionistico di trekking e mountain bike realizzato su tre tappe da 58 chilometri complessivi che costituisce la prima offerta turistica che unisce Orvieto, Bolsena e Civita di Bagnoregio. Presentato alla fiera del turismo di Rimini dello scorso ottobre, il cammino ha avuto un primo “test” nel mese di dicembre quando è stata riscontrata la vendita di ben 170 credenziali. Il progetto sarà presentato ufficialmente al territorio sabato 16 marzo alle 17 e 30 nel corso di un dibattito promosso dagli organizzatori nell’auditorium della fondazione Cassa di risparmio di Orvieto, in piazza Febei sul tema: “Il Cammino dell’intrepido Larth come modello di promozione interregionale”. Dopo una breve presentazione dell’iniziativa ad opera dei promotori, le guide escursionistiche Luca Sbarra ed Emanuele Rossi e Claudio Lattanzi della casa editrice Intermedia Edizioni, la parola passerà ad esperti del settore ed esponenti delle istituzioni. Sono invitati all’incontro tutti gli operatori economici, le guide turistiche ed escursionistiche, le associazioni culturali del territorio e gli amanti del turismo nella natura. L’evento è organizzato in collaborazione con il Club Amici della stampa, presieduto da Alessandro Maria Li Donni ed il supporto della Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto.

Nel 2022 in Italia sono state consegnate 86 mila credenziali ed il turismo dei cammini ha creato oltre un milione di pernottamenti (fonte:Terre di mezzo).  Nel settore del turismo lento, l’Umbria è la terza regione per ordine di importanza dopo Trentino Alto Adige e Toscana.

Ci saranno il sindaco di Orvieto Roberta Tardani che si sta molto spendendo per la promozione del turismo all’aperto e che ha avviato l’importante progetto collegato all’applicazione “Orvieto Experience”, il vice sindaco di Bolsena Andrea Di Sorte che parlerà del valore e dell’esperienza della Via Francigena e dei nuovi progetti collegati all’area del lago tra cui quello della pista ciclabile intorno al perimetro dello stesso, il sindaco di Bagnoregio Luca Profili il cui territorio è al centro di vari cammini ed è interessato ad un imminente ed importante progetto di parco letterario.  Ospite illustre sarà Paolo Piacenti, uno dei massimi esperti in Italia di cammini naturalistici, già consulente del ministro della Cultura Dario Franceschini in questa materia.  Elena Ronca, vice presidente nazionale di Assoguide parlerà dello sviluppo del progetto e del ruolo essenziale che in esso rivestono queste figure professionali.  Tra i relatori ci sarà anche Stefano Augugliaro, presidente del Gal della Tuscia che è forte di ben 27 Comuni e che sta collaborando per nuovi progetti in provincia di Viterbo insieme ai promotori del cammino dell’intrepido Larth.  Daniele Di Loreto, consigliere d’amministrazione della Treccani, affronterà il tema: “L’intrepido Larth: un esempio di impresa culturale e creativa”.

Cristina De Angelis che è partner del progetto e si occupa di visite guidate ad Orvieto per il cammino di Larth, operatrice didattica dei Musei Vaticani, accompagnatrice turistica ed esperta del settore, affronterà il tema del turismo religioso anche in prospettiva del Giubileo del prossimo anno.  “Le reti del turismo, la nuova frontiera del network” sarà il tema trattato da Marco Sciarra, titolare del Pozzo della Cava mentre il geografo storico Silvio Manglaviti parlerà di “Identità storica culturale e territorio: l’antica terra Volsiniese tra Bolsena Orvieto e Bagnoregio in Tuscia e Umbria, dagli Etruschi al Corpus Domini”.

Tra i relatori anche Carlo Pasqualini membro della Federazione ciclistica italiana dal momento che il cammino dell’intrepido Larth può essere percorso anche in mountain bike.




Punctum! è il tema centrale di Orvieto Fotografia 2024, un festival che unisce arte e tecnologia

L’arte fotografica ha assunto un valore culturale distintivo nel mondo contemporaneo, diventando parte essenziale della nostra società in cui tutto passa attraverso uno scatto. Orvieto Fotografia 2024, Punctum! rappresenta un punto di riferimento importante nella geografia culturale europea, contribuendo a qualificare l’offerta della città come destinazione privilegiata per gli amanti della fotografia e della comunicazione contemporanea.

La mission del FIOF (Festival Internazionale per la Comunicazione ed arti visive) per questo progetto è creare arte attraverso contenuti culturali e condivisioni, scientificamente rigorosi, che possano avvicinare un pubblico vasto e differenziato. Inoltre, l’obiettivo è utilizzare gli eventi e le attività del festival come momenti di conoscenza e visibilità del territorio, promuovendo la fotografia “colta” e creando un connubio tra il nostro Paese e le realtà internazionali.

Per raggiungere questi obiettivi, è fondamentale coinvolgere le nuove tecnologie e i nuovi canali comunicativi. Orvieto Fotografia non è solo un semplice festival, ma un contenitore di talenti e proposte da valorizzare, un luogo di crescita e confronto sia per giovani autori che per professionisti ed artisti a 360°. La città di Orvieto ospiterà come ogni anno uno degli appuntamenti più attesi dell’anno in Italia.

L’edizione 2024, denominata “OF24, Punctum!”, celebra il ventennale della Fondazione dell’Associazione FIOF, che sin dal 2004 è stato socio promotore del Comune di Orvieto. Il tema centrale di questa edizione è il “punctum” della fotografia, concetto introdotto da Roland Barthes, che rappresenta ciò che coinvolge emotivamente lo spettatore in un’immagine, la ferita che suscita in lui. È il momento in cui l’immagine guarda e agisce sulla memoria, agisce sulla persona stessa.
In un’epoca in cui la fotografia sta vivendo stravolgimenti impressionanti e frenetici, diventa sempre più difficile distinguere il vero dal falso, il reale dal surreale, la fotografia dalla manipolazione digitale. In questa edizione, il FIOF intende definire il cambiamento, fissando l’attenzione su ciò che ci circonda e cercando di dare una nuova svolta a ciò che il mercato offre, sia dal punto di vista artistico che commerciale. L’intelligenza artificiale è un elemento che non può essere ignorato o crocifisso, ma deve essere studiato per comprendere fino a che punto l’etica e le esigenze di mercato possono contribuire allo sviluppo di nuove opportunità professionali.

Il team di lavoro del FIOF ha valutato diversi piani di intervento, mirati a rappresentare il festival in ambienti interni ed esterni per coinvolgere un pubblico più ampio, rispettando i diversi settori tematici. Orvieto Fotografia 2024, Punctum! è un evento imperdibile per tutti gli appassionati di fotografia, che desiderano immergersi in un’esperienza culturale unica e arricchente.

Per ulteriori informazioni e per partecipare al festival, visitate il sito web ufficiale all’indirizzo www.orvietofotografia.it.