L’associazione EstroVersi presenta il libro di Mirabilia “Il Duomo di Orvieto e l’Apocalisse di Luca Signorelli”

In occasione dell’anniversario della morte di Luca Signorelli, di cui quest’anno ricorrono i 500 anni la società editrice Mirabilia-Orvieto ha realizzato la nuova edizione della pubblicazione-guida “Il Duomo di Orvieto e l’Apocalisse di Luca Signorelli” che propone una fruizione innovativa, in contenuti e modalità di comunicazione, del ciclo pittorico della Cappella di san Brizio. Quì, storia, arte, teologia, filosofia, liturgia e spiritualità s’intrecciano in modo originale e coinvolgente così da trasformare la tradizionale visita al Giudizio Universale in un evento da vedere, ascoltare e meditare.

Il volume sarà presentato, in anteprima, sabato 15 Aprile alle 17,30, presso la sede dell’Associazione EstroVersi, in Via Nettuno 17 a Canale Nuovo di Orvieto. All’iniziativa saranno presenti i curatori Partrizia Pelorosso e Fabio Del Sole che insieme all’architetto Raffaele Davanzo dialogheranno sul tema.
Modera l’incontro Gianluca Foresi.   L’incontro sarà arricchito da contributi video, fra i quali spiccano quelli dell’attrice Sophia Angelozzi che ha prestato la sua voce per raccontare il ciclo pittorico del Giudizio Universale realizzato dall’artista cortonese. 

“Il prodotto, – afferma Patrizia Pelorosso – è uno strumento di ‘mediazione culturale’ che nasce per rispondere al crescente bisogno di un turismo esperienziale o del senso proprio in un’epoca caratterizzata dalla costante perdita d’identità e di radici”.  L’evento è a ingresso libero.




Pareggio a reti inviolate per l’Orvietana. Si riparte il 16 in trasferta contro il Ponsacco

Ancora un pareggio, il terzo di fila. Non senza rammarichi, per le tante palle buttate in mezzo all’area ma mai ribadite in rete, ma nemmeno senza qualche patema, visto il finale in crescendo degli ospiti. Fiorucci, che in settimana ha perso per infortunio Di Natale, fa tornare titolare Rosini, conferma Omohonria a centrocampo, dove gioca a 4, ripropone la coppia centrale tutta mancina Bassini – Siciliano. La squadra ha voluto salutare Filippo Di Natale, presente in tribuna dopo l’operazione, con una maglia ad inizio gara.

Maccarone non si discosta dal 4-3-3 pur cambiando qualche interprete. Primo tempo di marca orvietana, subito dopo pochi minuti Mignani va in pressing sul portiere, lo mette in seria difficoltà, ma poi commette fallo. Poco dopo è Ricci a mettersi in evidenza proteggendo palla a centrocampo e servendo Tomassini, la palla torna al centrocampista che però spedisce alto. Il Ghiviborgo risponde su punizione: Bachini pesca a centro area Videtta che colpisce di testa, palla che sfiora la traversa. Ma è un fuoco di paglia perché i ragazzi di Fiorucci si fanno pericolosi altre due volte nel giro di pochi minuti, ancora Mignani, dopo aver vinto un rimpallo, tira a botta sicura, ma una deviazione della difesa gli nega il gol, quindi Ricci pesca con un filtrante in area Tomassini che arriva leggermente in ritardo all’appuntamento col pallone. L’Orvietana gioca bene, le trame chiamano applausi del pubblico, le conclusioni in porta un po’ meno. La gara poi si fa meno spettacolare e solo nel finale di tempo arriva un altro sussulto: ottima palla di Rosini per Tomassini, l’attaccante si gira, ma sbaglia la mira. Si va al riposo con non pochi rammarichi.

Il secondo tempo sembra regalare lo stesso copione: Orvietana alla ricerca del gol, Ghiviborgo che si difende bene e riparte costringendo i padroni di casa alla massima attenzione. Passano dieci minuti e Rosini viene pescato in area, ma si allunga troppo il pallone sul più bello. A metà tempo Mignani riceve palla negli ultimi metri, la difende in tutti i modi, riesce di forza a trovare lo spazio per il tiro, ma non centra i pali. Poco dopo anche Rosini riesce a farsi spazio in area ma la conclusione è debole. Insomma Orvietana costantemente nell’area avversaria, ma senza riuscire a gonfiare la rete. L’ultimo quarto d’ora invece torna a pungere il Ghiviborgo, prima con una sgroppata del neo entrato Bertonelli che serve Tiganj, ma la deviazione sotto porta dell’attaccante finisce a lato. Poi con l’occasionissima a dieci dal termine quando Marricchi è costretto agli straordinari per negare il gol a Bongiorni. Fiorucci, scampato il pericolo, cambia tutto: dentro Alagia per Bassini, Frabotta va a fare il centrale e arretra anche Siragusa. E proprio Alagia sfiora il gol un minuto dopo quando trova una traiettoria a girare che finisce di poco alta. Il Ghiviborgo finisce in avanti: due corner guadagnati nel recupero, che portano solo apprensione, ma nessun pericolo reale.

Con questo pareggio l’Orvietana resta in zona playout, in una classifica cortissima: la zona salvezza è a 2 punti, ma anche la zona retrocessione diretta è alla stessa lunghezza vista la vittoria del Terranuova a San Giovanni Valdarno.

Prossimo incontro domenica 16 a Ponsacco, contro una squadra che ha tre soli punti in più.

NUMERI E NOMI DELLA PARTITA

ORVIETANA (4-4-2): Marricchi; Frabotta, Bassini (35’st Alagia), Siciliano, Caravaggi; Rosini, Ricci, Proietto, Omohonria (15’st Siragusa); Tomassini, Mignani (26’st Chiaverini). A disp.: Rossi, Carletti, Patrizi, Purgatori, Megaro, Vicaroni. All.: Fiorucci.

GHIVIBORGO (4-3-3): Manrrique; Mukaj (26’st Nottoli), Videtta, Del Dotto, Seminara; Campani (26’st Bertonelli), Bachini, Mata (38’st Del Carlo); Zini, Tiganj, Bongiorni. A disp.: Becchi, Izzi, Giannotti, Sgherri, Cristofani, Della Pina. All.: Maccarone.

ARBITRO: Selvatici di Rovigo (Di Curzio di Civitavecchia e Mazza di Reggio Calabria).

NOTE: Ammoniti: Frabotta, Siciliano, Proietto (O); Campani, Bachini, Nottoli, Videtta (G). Angoli: 7-7. Recupero: 2 + 3.




Torna la tradizione delle “merenne borsenese” l’11 aprile al Parco di Turona

L’11 aprile tornerà il consueto appuntamento con le ‘Merenne Borsenese’ al Parco di Turona, dalle 9 del mattino fino a tarda serata. L’Associazione Idea, con il patrocinio del Comune di Bolsena e in collaborazione con la Misericordia, la Protezione Civile e la Pro Loco, ormai da diversi anni ha riportato in auge questa manifestazione conviviale, dalle origini antichissime e religiose.

La festività delle Merenne infatti, cade il giorno dopo la pasquetta, momento in cui a Bolsena, presso la Basilica di Santa Cristina, vengono esposte le Sacre Pietre, due mesi prima del Corpus Domini. Tra i contadini e i pescatori, dopo il rito dell’adorazione delle pietre, era consuetudine ritrovarsi nelle campagne vulsinee per consumare pasti frugali e bere del buon vino… da lì nacque questo appuntamento ricco di sacralità ma anche di allegra ricreazione. Convivialità, momenti devozione, una preghiera alla natura e attimi di riflessione sul creato, segnati in un percorso simbolico e spirituale, accomuneranno tutti i presenti che si ritroveranno nei prati sconfinati e nei boschi incontaminati del Parco di Turona. A soli cinque chilometri dal centro del paese, ci si potrà incamminare lungo i sentieri naturali, si osserverà il paesaggio e ci si immergerà nell’ambiente, si potrà guadare il fiume e arrivare fino alle cascate ma soprattutto si starà in piacevole compagnia, degustando anche i prodotti tipici del territorio.

L’Associazione Idea, custode delle tradizioni popolari, organizzerà danze e canti folcloristici, escursioni archeologiche all’interno del parco naturalistico, pic-nic, fuoco libero e pranzo conviviale nel quale vigerà la regola del porta-party (ognuno porterà le proprie stoviglie riutilizzabili); non mancheranno inoltre eventi sportivi, educazione ambientale, musica e giochi all’aperto.

Grazie al prezioso contributo dell’Asilo Nido di Bolsena ‘L’Isola che Non C’è’, verrà organizzato un laboratorio di pittura nella natura per i bambini, che potranno inoltre dilettarsi con il Ludobus dell’animazione ‘Il Salto’ e con il Truccabimbi. Ma la novità del 2023 sarà un uovo di Pasqua gigante, che i più piccoli potranno aprire e giocare con le tante sorprese racchiuse al suo interno. L’appuntamento è dunque il giorno 11 aprile presso il Parco di Turona, dalle 9 fino ad oltre l’imbrunire




Orvietana, la Corte sportiva riduce l’ammenda e 1500 euro e cancella la diffida del campo

È stato accolto il ricorso che l’Orvietana, avvalendosi dell’avvocato Fabio Giotti, aveva presentato contro le decisioni del Giudice Sportivo per i fatti inerenti al dopo gara di Orvietana – Flaminia Civita Castellana. La multa di 2800 euro è stata ridotta a 1500 euro, ma soprattutto è stata cancellata del tutto la diffida del campo, il Muzi quindi non è più a rischio squalifica.

Di seguito il comunicato: (Dispositivo n. 192/CSA/2022-2023)

LA CORTE SPORTIVA D’APPELLO NAZIONALE SEZIONE III

composta dai Sigg.ri: Patrizio Leozappa – Presidente, Fabio Di Cagno – Vice Presidente, Antonino Tumbiolo – Componente (relatore) e Antonio Cafiero – Rappresentante A.I.A.

nell’udienza fissata il 5 aprile 2023, tenutasi in videoconferenza, a seguito del reclamo numero 220/CSA/2022-2023, proposto dalla società Orvietana Calcio S.r.l. in data 27.03.2023, avverso la sanzione dell’ammenda di € 2.800,00 e diffida inflitta alla reclamante in relazione alla gara Orvietana/Flaminia del 19.03.2023;

udito l’Avv. Fabio Giotti per la reclamante; sentito l’Arbitro;

ha pronunciato il seguente DISPOSITIVO:

Accoglie parzialmente il reclamo e, per l’effetto, riduce la sanzione alla sola ammenda di € 1.500,00. Dispone la restituzione del contributo per l’accesso alla giustizia sportiva.




Biodistretto Lago di Bolsena è contrario alle pale eoliche previste dal progetto Phobos

Domenica 2 aprile si è svolta la manifestazione contro il progetto Phobos che prevede l’istallazione di 7 pale eoliche nell’area dell’Alfina.  Il Biodistretto di Bolsena è contrario al progetto. Durante la manifestazione, che si è tenuta in un terreno nell’area della Torraccia, i rappresentanti di associazioni del territorio e comuni cittadini hanno risposto all’appello dei Cittadini Custodi dell’Alfina, manifestando il loro dissenso come comunicato in una nota informativa del Biodistretto, “contro le 7 mega pale eoliche tra Castel Giorgio e Orvieto e una serie di mega progetti tutti collegati alla stazione elettrica prevista in loc. Torraccia di Castel Giorgio.  Striscioni, cartelli e preoccupazione sui volti, parole scambiate su quanto sta per succedere, hanno dato ancor più risalto alla serenità di un paesaggio di nuovo minacciato, da difendere. Gabriele Antoniella, invitato a intervenire in qualità di presidente ha precisato che, anche se territorialmente il Biodistretto non appartiene all’Alfina, i temi affrontati sono appoggiati e condivisi, e la necessità di muoversi insieme è evidente. Chi vive sui territori deve avere più voce e non, al contrario, essere messo a tacere. Emerge dal dibattito una linea comune: le rinnovabili sì, ma prima di stravolgere il paesaggio dobbiamo indagare, focalizzarci su costi e opportunità che i mega-impianti farebbero ricadere sui territori, considerare altre possibilità.

Sitizzazione, dimensionamento e comunità energetiche potrebbero essere le vie alternative.  Limitiamo il consumo di suolo! L’Italia è già campione europeo per SAU dedicata al fotovoltaico, e il viterbese è campione nel Lazio e tra i primi posti in Italia. Che si occupino le superfici già impermeabilizzate, ormai inutili ai servizi ecosistemici e al semplice godimento dell’occhio.  Il Biodistretto Lago di Bolsena da tempo esamina le possibilità offerte dalle comunità energetiche, vere e proprie comunità sociali che ripopolano le aree interne del Paese delocalizzando la produzione di energia, azzerando l’impatto sul paesaggio culturale dei territori, aiutando le famiglie a risparmiare e a diventare energeticamente autonome. Esempi di successo in giro per l’Italia ce ne sono ormai tanti e sono replicabili. Ci siamo salutati con l’impegno di conoscerci meglio per elaborare una strategia comune”.




Sarà Hera Luce a curare la riqualificazione e la gestione dell’illuminazione pubblica di Orvieto

Comune di Orvieto ed Hera Luce hanno concluso un accordo per la gestione e riqualificazione dell’illuminazione pubblica di tutti i quartieri e le frazioni del territorio comunale. L’accordo prevede la riqualificazione di oltre 3.100 punti luce con tecnologia a led che garantiranno un risparmio energetico pari al 65% ovvero 1.109.526 Kwh all’anno, pari a 447 tonnellate di CO₂ che non saranno emesse nell’atmosfera ogni anno. Un taglio ai consumi per l’illuminazione pubblica di Orvieto che corrisponde al consumo medio annuo di circa 410 famiglie. Inoltre, l’energia elettrica fornita sarà certificata verde al 100%.
Il progetto di riqualificazione dell’illuminazione pubblica è stato attivato tramite la convenzione Consip Servizio Luce 4, valido per tutto il territorio dell’Umbria e della Toscana. Si tratta di un completo restyling che coinvolgerà tutto il sistema di illuminazione pubblica del territorio comunale, per illuminare in modo più “green” e più efficace le strade della città.  Oltre alla sostituzione dei corpi illuminanti si procederà con la riqualificazione e sostituzione di 150 sostegni, l’adeguamento di 44 quadri elettrici e l’installazione di 100 sistemi di telecontrollo e monitoraggio dell’illuminazione. Saranno infine sostituiti oltre 6 chilometri di linea elettrica.
Grazie all’accordo stretto – spiega Stefano Amadori, responsabile commerciale di Hera Luce, società di illuminazione pubblica del Gruppo Hera – oltre 3.100 corpi illuminanti esistenti saranno ottimizzati con tecnologia led di ultima generazione, opportunamente dimensionati per soddisfare le diverse esigenze illuminotecniche imposte dalle normative vigenti. Saranno inoltre installati 100 sistemi di telecontrollo da quadro per permettere la gestione remotizzata degli impianti, e quindi un uso più efficace ed efficiente dell’energia in base alle reali necessità del territorio e le fasce orarie, e saranno sostituiti e riqualificati oltre 150 sostegni dei corpi illuminanti. Le nuove luci – proseguono – permetteranno ogni anno di risparmiare il 65% di energia. La riqualificazione dell’illuminazione non è però solo positiva per l’ambiente: la diminuzione delle emissioni, infatti, non preclude l’efficienza luminosa degli impianti, anzi, la migliora nettamente. I corpi illuminanti a led permettono un miglioramento dell’illuminazione stradale sia in termini di uniformità che di confort visivo, incrementando la percezione dei colori. Queste caratteristiche contribuiranno a garantire maggior sicurezza e il corretto livello d’illuminamento, diminuendo l’inquinamento luminoso prodotto. Il progetto – concludono da Hera Luce – rappresenta un’applicazione concreta dell’economia circolare e un contributo rilevante al raggiungimento degli obiettivi per il 2030 dell’agenda sostenibile delle Nazioni Unite, in piena armonia con le politiche europee del Green Deal e le politiche di carbon neutralità”.
“L’intervento è di rilevante importanza – commentano il sindaco di Orvieto, Roberta Tardani, e l’assessore ai Lavori pubblici, Piergiorgio Pizzo – perché ci consentirà di avere una illuminazione pubblica nuova, efficiente e sostenibile. Un obiettivo raggiunto che questa amministrazione ha sin da subito ritenuto prioritario e che è diventato quanto mai attuale e necessario negli ultimi tempi visti i riflessi della situazione internazionale sui costi dell’energia e le pesanti ricadute che si sono verificate anche sui bilanci degli enti locali. Il progetto – affermano – interesserà tutte le zone del territorio comunale di Orvieto ad eccezione del centro storico per cui è stata avviata una procedura di project financing. Secondo il crono programma concordato con Hera Luce, i lavori partiranno a novembre e dureranno presumibilmente sei mesi”.




Razzismo negli stadi fenomeno dilagante: servono pene senza condizionale

Uno spettro si aggira ormai costantemente negli stadi italiani durante le partite di calcio: il razzismo.
È diventata una triste consuetudine leggere nelle cronache del post partita quanto avvenuto di oltraggioso ed offensivo nelle curve di mezza Italia.  Cori razzisti, inni antisemiti, ed un corollario di ululati verso giocatori di colore sono diventati la colonna sonora di un tifo che non è più rivolto a sostenere la propria squadra con passione ed amore ma che diventa un modo per denigrare ebrei, Rom, omosessuali o per dileggiare intere città italiane, Napoli in testa, con i suoi abitanti.  Per non parlare poi degli striscioni infamanti entrati non si sa come negli impianti, nonostante i rigidi controlli delle forze dell’ordine e degli steward presenti negli stadi anche per garantire che questo non avvenga e che compaiono impunemente per essere srotolati prima e durante le partite.
A chiudere  questo cerchio, sempre più simile a un girone dantesco piuttosto che ad un evento da vivere con passione in maniera gioiosa, città troppo spesso devastate e messe a ferro e fuoco da pseudo tifosi che dietro la sciarpa con i colori della squadre di calcio nascondono le loro vere intenzioni distruttive.  Per sconfiggere questo fenomeno purtroppo si dovrebbe (o si dovrà) agire in maniera intransigente e con pene severe che non consistono solo nell’allontanamento di queste frange violente dagli stadi, ma anche nell’applicazione di leggi che ne restringono il raggio d’azione perché non può e non deve essere lo stadio un porto franco e sicuro per compiere atti che, se messi in pratica al di fuori di un impianto sportivo, verrebbero puniti dal codice penale senza ambiguità e indulgenza.
L’odio razziale e l’incitamento ad esso sono reati da perseguire usando il codice penale, così come è da perseguire chi produce danni a persone o cose e come tali questi avvenimenti vanno trattati.
Non ci si può limitare ad utilizzare lo strumento pur necessario del Daspo, ma per sconfiggere una piaga del genere è necessaria l’applicazione di leggi esistenti ed il momento è arrivato  ormai ineluttabile perché questo avvenga, prima che il fenomeno travolga il sistema come sta rischiando di accadere.
Non si tratta più, quindi, di un fattore transitorio e trascurabile ma soprattutto va preso atto che le curve stanno diventando sempre di più terreno fertile per il reclutamento di giovani leve allevate a slogan e razzismo e che quanto hanno fatto proprio in quei luoghi viene poi esportato da lì.
Troppo spesso le cronache ci raccontano di pestaggi, vessazioni e rapine ai danni di immigrati da parte di bande di violenti o di raid razzisti, e altrettanto spesso poi sono riconducibili le stesse gang le ritroviamo a gruppi violenti del tifo.
Tutto ciò non può essere considerata una semplice coincidenza e meriterebbe uno studio più attento ed approfondito da parte di chi si occupa professionalmente del fenomeno, perché si arrivi finalmente ad una virata e gli stadi tornino ad essere un luogo di aggregazione sociale, di amore e passione.  Di certo le sentenze della giustizia sportiva che comminano squalifiche delle curve con la “condizionale” non sembrano essere un grande deterrente perché questi atti non si ripetano.
Sarebbe molto più utile che il giudice utilizzasse lo strumento della pedagogia allestendo iniziative contro il razzismo piuttosto che attendere invano un anno perché non si reiterino cori ed insulti, obbligando i colpevoli a quel lavoro socialmente utile di studio ed applicazione della educazione civica e del rispetto verso il prossimo.




Maurizio Conticelli scrive al Vescovo per il progetto pale eoliche all’Alfina e le scelte dell’Opera del Duomo

Riceviamo e volentieri pubblichiamo la lettera che Maurizio Conticelli ha inviato al Vescovo della Diocesi di Orvieto-Todi, S.E. Gualtiero Sigismondi, sulla questione del progetto Phobos che prevede la messa in opera di 7 pale eoliche sul piano dell’Alfina. Parte di queste pale andranno a ricadere su terreni di proprietà dell’Opera del Duomo.

Eccellenza buongiorno,

la disturbo per il ruolo determinate che Ella svolge nei confronti dell’Opera del Duomo di Orvieto in merito ad un progetto per un impianto eolico con 7 aerogeneratori ciascuno alto 200 metri previsto nei Comuni di Orvieto e Castel Giorgio a confine con il Comune di Bolsena. Il progetto, denominato PHOBOS, suscita in molti angoscia e terrore non solo per il nome, ma per il devastante impatto che potrà determinare sul suggestivo tavolato vulcanico dell’Alfina.

Ci stiamo battendo, come associazioni e comitati, contro tale realizzazione che investe anche terreni di proprietà dell’Opera del Duomo di Orvieto che legge c.c., senza peraltro che quest’ultima abbia sollevato obiezioni e presentato formali osservazioni come risulta dalla documentazione presente nel sito del MASE (Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica). Né sembrano avere avuto effetto i pareri contrari dei Comuni di Orvieto e Castel Giorgio, se è vero che il MASE avrebbe dato parere favorevole alla procedimento di VIA (Valutazione di Impatto Ambientale) e che il parere definitivo sarebbe ora nelle decisioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri per dirimere il contrasto sorto a seguito del parere negativo del Ministero della Cultura (MIC).

Le scrivo per segnalarLe un articolo apparso su Astrolabio, giornale degli Amici della Terra, che riporta una lettera emblematica su questi argomenti a firma dell’Arcivescovo Metropolita di Benevento – Francesco Arrocca – e del Ministro Provinciale dei Frati Minori Cappuccini della Provincia di Sant’Angelo e Padre Pio – Fr. Francesco Dileo – dal titolo La spada e la sentinella della terra di San Pio da Petralcina, auspicando un Suo autorevole interessamento per scongiurare, in extremis, l’approvazione del progetto PHOBOS.
La ringrazio per l’attenzione e per ciò che potrà fare a difesa delle comunità locali, con l’invito per ultimo a consultare la documentazione di cui ai link sotto riportati, rimanendo a disposizione per illustrarLe più compiutamente quanto sopra descritto.

Distintamente 

Maurizio Conticelli, Orvieto 




Orvieto 2025 e ora? Per non rimanere solo un logo e un sogno infranto

Sono passati alcuni giorni dalla scelta della Capitale della Cultura che ha visto prevalere Agrigento sulle altre nove concorrenti, fra queste la nostra Orvieto. E’ quindi maturo il tempo per alcune riflessioni sul prossimo futuro e sulle reazioni alla decisione della giuria.

E’ stato sicuramente un successo arrivare fra le dieci città finaliste e aver visto una gran parte delle associazioni e dei cosiddetti stakeholder partecipare alla costruzione del progetto di “Orvieto Capitale della Cultura 2025. Il punto di partenza è la città di Orvieto con la sua particolare conformazione e la sua storia che parte dagli etruschi per arrivare fino ai giorni nostri, un unicum che ci deve far riflettere, tutti, sulle grandi potenzialità e sul privilegio di vivere a Orvieto. Un secondo punto forte e la presenza di due monumenti già conosciuti nei circuiti internazionali come il Duomo e il Pozzo di San Patrizio. Il racconto costruito per la gara ha ampliato la visione a 360 gradi sull’intero centro storico, sui borghi vicini, sulle aree archeologiche, sul paesaggio e sulle eccellenze orvietane. Un altro punto fondamentale è la capacità di fare squadra, di mettere in rete le realtà imprenditoriali e associazionistiche, gli enti e il terzo settore. Questo è un tesoretto che non deve ora essere disperso per la delusione della sconfitta. Non deve essere disperso anche il patrimonio di idee racchiuso nel dossier ricercando nuovi canali di finanziamento e nuove occasioni di collaborazione.

La domanda da porsi è perché si è perso? La risposta più ovvia è che contro la corazzata Agrigento-Lampedusa era difficilissimo concorrere, ma non impossibile. E allora cosa è mancato, se qualcosa è mancato e quali sono stati i punti deboli? Ecco che le risposte iniziano a essere più complesse. Essere capitale della cultura significa grande afflusso di turisti, ospitare eventi continui, offrire servizi ma soprattutto avere già dei servizi in essere. A Orvieto necessita, e su questo si deve lavorare, una rete di servizi e infrastrutture da città vera che poi ognuno può declinare come vuole, turistica, artistica, artigianale, digitale e tanto altro. La città deve attirare potenziale residenzialità soprattutto produttiva, perché se uno dei principali punti deboli è la demografia economica. Il dato è stato evidenziato nel report di Cittadinanza Territorio Sviluppo che ha registrato il trend negativo in termini di residenti e in particolare di cittadini che emigrano tra i 18 e i 50 anni. Orvieto rischia di ritrovarsi nei prossimi dieci anni sotto la soglia dei 16 mia abitanti, con una media piuttosto alta e con poche risorse umane per i settori trainanti: servizi, agricoltura e turismo che non posso fare a meno di manodopera generica e specializzata. per trattenere la popolazione attiva serve lavoro e questo si crea solo con la presenza di imprese che investono in ricerca e produzione. Alle imprese, poi, servono infrastrutture, trasporti rapidi e una città sempre accesa che poi vogliono anche i turisti.

Dopo il risultato non poteva mancare anche la stira e l’ironia. Certo’ la satira non può essere politicamente corretta, a tratti cattiva e non può essere altro. E’ altrettanto chiaro che la satira spesso arriva da chi è distante come pensiero da colui o colei che comanda, ma non può esserci soddisfazione per la sconfitta di una città che dovrebbe essere unita, invece.

Per chiudere volgiamo un occhio al futuro. Non è tutto perduto ma tutto deve essere costruito. Gli artisti contemporanei, il convinto supporto alla proposta del MOST alla Piave sparita dai radar dell’amministrazione, il coinvolgimento dei giovani nelle fasi decisionali, una cura maggiore del centro storico, nuove infrastrutture al servizio dei flussi turistici rapidi e dei residenti, un ospedale al servizio della città e dei suoi ospiti e credere fortemente nelle potenzialità di Orvieto, senza campanilismi fuori moda ma cercando di creare reti, abbattendo le distanze e trovare legami per essere pronti a rilanciare la sfida magari insieme ad altre città vicine per cultura, tradizioni e logistica.




PrometeOrvieto, “nella sanità abbiamo bisogno di programmazione, non di improvvisazione”

Quando è venuto ad Orvieto il 29.11.2022 l’Assessore alla Sanità Umbra Coletto ci ha illustrato il piano sanitario regionale che prevede il mantenimento dell’Ospedale di Orvieto come DEA di primo livello e della realizzazione della Casa di Comunità nell’immobile storico dell’ex ospedale in piazza Duomo, strutture considerate pietre angolari dei servizi sanitari del futuro nel nostro territorio, e la soppressione del Distretto di Orvieto. In quell’incontro Coletto ed i suoi hanno, ad onor del vero, parlato più che altro della ristrutturazione urbanistica dell’immobile storico e dell’utilizzo di tecniche “green” per l’esecuzione di lavori presso l’ospedale, senza parlare invece di ciò che a noi ed alla popolazione orvietana interessa di più, cioè della erogazione dei servizi e della loro fornitura all’utenza.

I cambiamenti che si sono e che si stanno verificando nella nostra Società impongono per il futuro un mutamento radicale nell’organizzazione dei servizi sanitari, mutamento che è stato recepito a livello legislativo nazionale e che inevitabilmente si ripercuote anche sulle singole organizzazioni regionali e locali. In sostanza, ci sarà: 1) Casa di Comunità (struttura centrale per l’erogazione dei servizi sanitari preventivi, programmati e di urgenza); 2) Ospedale (interventi solo per acuzie); 3) Distretto sanitario di Orvieto viene cancellato e spostato a Terni, allontanando con esso il monitoraggio e la supervisione del territorio orvietano.

La scelta di realizzare la Casa di Comunità ad Orvieto in piazza Duomo dà invece l’impressione che si sia pensato in primo luogo a recuperare un immobile storico ristrutturandolo, ma non ad organizzare i servizi necessari a garantire la salute dei cittadini.  Se poi pensiamo alle grandi complessità degli appalti pubblici in Italia, i relativi tempi impossibili (basti soltanto pensare alle problematiche inerenti l’attuazione del PNRR in Italia e, più specificamente, i tempi biblici per la realizzazione di un piccolo tratto di complanare ad Orvieto), ci sembra che la Casa di Comunità dell’orvietano funzionante nel 2026 sia una professione di fede, più che un evento effettivamente realizzabile. Ma se anche si riuscisse nel 2026 a fare ciò che è stato programmato, in questo frattempo come si curerà la popolazione di Orvieto e dell’Orvietano? Esistono iniziative in sostituzione della Casa di Comunità, visto che in altre città dell’Umbria già ci sono case di comunità aperte o in apertura? Specialmente in un territorio come il nostro, lontano da Terni e da Perugia, dunque dai maggiori centri di erogazione dei servizi sanitari?

Ad esempio, a Terni Ausl Umbria 2 e Azienda Ospedaliera di Terni hanno siglato un accordo per la presenza di un medico di Medicina Generale tutti i giorni dalle 9 alle 19 presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale Santa Maria per accogliere i pazienti in codice bianco e decongestionare lo stesso P.S., quasi realizzando un embrione di casa di comunità all’interno dell’ospedale.  Un’azienda che si rispetti, in presenza di una ristrutturazione così profonda nell’erogazione dei servizi sanitari come quella attuale, dovrebbe fornire al pubblico una chiara indicazione di quale sia il punto di partenza, il punto di arrivo, ma anche come sopravvivere nel frattempo per arrivare all’obiettivo, perché lasciare la situazione così com’è sarebbe ingiusto e finirebbe per esacerbare scontentezza e provocare proteste sempre più forti.

Noi vogliamo per la cittadinanza orvietana dei L.E.A. adeguati e soprattutto che i cambiamenti fisiologici siano apportati senza improvvisazione, possibilmente senza imitare in alcun modo quanto fatto per il Cup regionale, entrato in vigore senza sperimentazione adeguata e che tanto disagio ha creato e sta creando ai pazienti umbri.

Tutto è forse più semplice di quanto sembrerebbe: programmare e realizzare ciò che è possibile realizzare, senza voli pindarici e mettendo al centro di tutti gli interventi il servizio sanitario, non altre cose come recuperare un immobile (intenzione nobile che però non risolve i problemi dell’organizzazione sanitaria).

Programmazione, non improvvisazione, questo è ciò che vogliamo!

Il 2026 è più vicino di quanto sembra.