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Il 12 aprile a “lo Scalo Hub” Enotekne, l’arte del vino dalla protostoria fino a oggi

Mercoledì 12 aprile alle 18,30 a “Lo Scalo” Community Hub, prenderà il via “Dulcis Aqua”, il breve ciclo di aperitivi culturali con il quale le associazioni culturali “Il Giglio” di Corbara e “Vitis Sapientiae” di Castiglione in Teverina intendono riproporre all’attenzione dell’opinione pubblica i progetti di ricerca e di valorizzazione del sito archeologico di Pagliano, importante insediamento portuale ubicato alla confluenza tra Paglia e Tevere, “sulle vie dell’acqua tra Etruria e Roma”. Con apparente paradosso, il primo appuntamento di “Dulcis Aqua” è intitolato “Enotekne. L’arte del vino dalla protostoria fino ad oggi”, proprio per porre in evidenza una delle tipiche produzioni locali che, in età classica, da Pagliano giungevano a Roma attraverso la via fluviale.

Alla breve presentazione del progetto e del programma della serata farà seguito l’intervento di Pietro Tamburini, archeologo, già direttore del Museo Territoriale del Lago di Bolsena, su “Il vino più antico del territorio volsiniese”. Sarà poi la volta di Benedetta Cosimi, archeologa, presidente di “Vitis Sapientiae”, che tratterà di “Scrivere il vino. La produzione attraverso le fonti scritte latine”. Alessandro Trapassi, archeologo, già tutor delle campagne di scavo e ricerca archeologica condotte a Pagliano dalla Scuola di Etruscologia e Archeologia dell’Italia Antica, compirà quindi un excursus “Dall’anfora alla damigiana. Evoluzione delle forme vinarie”. La serata si concluderà in modo appropriato con l’intervento curato dalla Cantina Castello di Corbara che, nell’illustrare l’attualità nella tecnica e nell’arte vinaria, introdurrà il pubblico alla degustazione. Il ricavato dell’aperitivo, al netto delle spese, andrà a sostenere i progetti di studio e ricerca su Pagliano. L’ingresso è libero.

Alla luce degli studi finora compiuti, si può affermare che a Pagliano si sviluppò un importante insediamento portuale di epoca romana che, in base allo studio preliminare delle monete e degli altri reperti ritrovati negli scavi di fine Ottocento e, di recente, nelle indagini effettuate dalla Soprintendenza Archeologica dell’Umbria e dalla Scuola di Etruscologia e Archeologia dell’Italia Antica, sembra essere stato attivo agli inizi del I secolo a.C. fino all’intero arco del IV secolo d.C.. Quest’area ha svolto, sin dall’epoca molto antica, la funzione di centro di raccolta e smercio di prodotti e manufatti provenienti dall’Etruria interna e dai centri produttivi limitrofi. Qui venivano non solo imbarcate merci per Roma, ma anche prodotti agricoli del territorio orvietano, come olio, vino e grano, insieme a manufatti ceramici e laterizi.




Lettera di encomio per il Pronto Soccorso dell’ospedale di Orvieto diretto da Cesare Magistrato

Riceviamo e pubblichiamo la lettera della figlia di un paziente, inviata nei giorni scorsi al direttore della struttura complessa Pronto Soccorso del Presidio Ospedaliero di Orvieto dott. Cesare Magistrato, in cui ringrazia i sanitari del “Santa Maria della Stella” per l’assistenza e le cure prestate al padre.

“Pregiatissimo Dott. Cesare Magistrato, vorrei ringraziarla e complimentarmi per la professionalità, efficienza, disponibilità e attenzione di tutto lo staff del pronto soccorso dell’ospedale di Orvieto ‘Santa Maria delle Stella’. Troppo spesso si parla solo di criticità mentre ci sono delle realtà e situazioni di eccellenza della sanità italiana che vanno riconosciute come la vostra.

In data 6.4.2023 ho avuto esperienza con mio papà, gestito presso il Pronto Soccorso dal Dott. Damiano Vincenzo, una persona di altissimo livello professionale e umano. L’assistenza e la presa in carico del paziente sia da un punto di vista clinico che umano sono state incredibili!

Colgo l’occasione per ringraziare Lei e tutto l’organico e augurare una felice e serena Pasqua”.

Il direttore generale dell’Azienda Usl Umbria 2 dott. Massimo De Fino, ringraziando la signora e rivolgendo i migliori auguri di un pronto e completo recupero al papà, si congratula con lo staff del Pronto Soccorso dell’ospedale di Orvieto che, come testimonia questa ennesima nota di encomio pervenuta alla Direzione, garantisce prestazioni e risposte assistenziali di alta qualità grazie ad un’organizzazione efficace ed efficiente del servizio e all’impegno, alla dedizione, professionalità ed empatia assicurati giorno e notte dai sanitari che vi operano.




Con la mostra fotografica del FIOF parte il 12 aprile da Orvieto l’omaggio a Letizia Battaglia

Parte da Orvieto l’omaggio a Letizia Battaglia. Dal 12 al 25 aprile 2023 i Sotterranei del Duomo ospiteranno “Viceversa”, la mostra fotografica organizzata da FIOF – Fondo Internazionale per la Fotografia, dedicata al ricordo della fotografa e fotoreporter siciliana scomparsa nell’aprile 2022. Proprio a Orvieto, in occasione dell’ultima edizione di Fiof, l’ultima apparizione pubblica di Letizia Battaglia. 
“Una nota fotogiornalista – spiegano gli organizzatori – ma anche una donna a cui piaceva essere ritratta. ‘Non mi fotografate di nascosto, chiedetemi una foto e io mi metto in posa per voi. Sono una fotografa e amo essere fotografata, noi fotografi siamo vanitosi’, diceva. Eravamo ad Orvieto Fotografia, nel 2017, quando ha tenuto una delle sue più coinvolgenti masterclass con studenti e professionisti. Tanti sono i ricordi e gli insegnamenti che ha donato alla platea Fiof ad Orvieto, soprattutto nell’ultima edizione del 2022, insieme al maestro Francesco Cito, pochi giorni prima della sua scomparsa. Una donna dalla forza indescrivibile, umile e tenace, dolce ma allo stesso tempo forte, una donna sensibile soprattutto alle dinamiche sociali e politiche del nostro Paese. Il suo ultimo saluto dal palco di Orvieto è stato per i giovani: ‘Fate la rivoluzione, continuate a sognare e a lottare per quello in cui credete… Io l’ho fatto!’. Fiof ha deciso di ricordarla attraverso la fotografia, non la sua fotografia, ma ‘Viceversa’, invertendo l’obiettivo fotografico. Letizia raccontata attraverso lo sguardo di chi l’ha conosciuta, di chi l’ha amata, di chi ha vissuto momenti del suo lungo percorso professionale e personale. Mission del Fiof è raccogliere sguardi diversi per raccontare una persona, come lei amava definirsi. Una sfida, un omaggio a Letizia e alla fotografia. Orvieto sarà solo prima tappa di un lungo viaggio della mostra Viceversa. Il progetto ha suscitato l’interesse di altri Comuni d’Italia e associazioni di carattere sociale e professionale, per cui stiamo stilando un calendario per le prossime tappe. Fiof ad Orvieto – concludono – è pronto per scrivere una nuova storia, ma anche a mostrare che la fotografia non ha tempo, non ha etichette, ha infiniti punti di vista, ma soprattutto non preclude nessuna forma di espressione. Oltre alle fotografie, ci saranno poesie, aneddoti, video e racconti di coloro che l’hanno conosciuta ed amata”. Gli autori in mostra sono tanti e la mostra si arricchirà di nuovi autori e nuove immagini durante il suo percorso. In esposizione ad Orvieto: Roberto Strano, Tony Gentile, Leonello Bertolucci, Joe Oppedisano, Mario Laporta, Giancarlo Torresani, Vito Fusco, Robbie McIntosh, Ruggiero Di Benedetto, Roberto Colacioppo, Roberta Cotigni, Gaetano Gianzi, Luigi Corbetta, Emanuela Marchitti, Gian Piero Corbellini, Marco Dragonetti, Massimo Privitera, Vincenzo Cinelli, Giuseppe Marchisella, Elena Datrino, Luciana Trappolino, Mena Romio, e inoltre Graziano Perotti con un suo testo dedicato a Letizia Battaglia, la poesia di Michele Micunco.
Mercoledì 12 aprile 2023 alle 11.30 nei Sotterranei del Duomo si terrà la conferenza stampa di presentazione e l’inaugurazione della mostra che proseguirà fino al 25 aprile e sarà aperta al pubblico tutti i giorni dalle 9.30 alle 19. Saranno presenti il sindaco di Orvieto, Roberta Tardani, il presidente dell’Opera del Duomo di Orvieto, Andrea Taddei, il presidente Fiof Ruggiero Di Benedetto, la presidente Fiof Umbria Roberta Cotigni. In collegamento online, la scrittrice Sabrina Pisu, autrice del libro Letizia Battaglia “Mi prendo il Mondo ovunque sia”.
L’iniziativa gode del patrocinio del Comune di Orvieto, il sostegno di CnaConfartigianatoConfcommercio ed Ebap Puglia, la collaborazione della Fotocine di Francesco Buttiglione e delle associazioni Corigliano Calabro Fotografia e 36 fotogramma di Genova.




Franco Raimondo Barbabella scrive alla sindaca, “dopo la gara per il 2025 rilanciamo con il MOST, ora!”

Cara sindaca,

ho seguito con interessata partecipazione lo sforzo tuo e dei tuoi collaboratori per la candidatura della nostra città a Capitale italiana della Cultura 2025. Mi è dispiaciuto che l’esito non sia stato quello sperato, ma credo che non sia questa la cosa più importante. Dal mio punto di vista è più importante capire se e dove questa vicenda abbia evidenziato, soprattutto ab origine, debolezze e contraddizioni nell’iniziativa politica della città e del territorio per trarne insegnamento e guardare avanti.

Io ho ben chiaro che nella proposta, a quanto mi è dato di capire, ci sono alcune idee tutt’altro che disprezzabili, magari qualora inserite in un contesto più strutturato e solido. Preliminarmente però devo confessare il disagio di aver dovuto informarmi del progetto solo attraverso i mezzi di comunicazione, essendomi stata data la possibilità di un contatto diretto solo in due occasioni certo non determinanti. Trovo francamente un errore, disdicevole e senz’altro limitante, che sia stata disattesa la partecipazione dei livelli istituzionali, a partire proprio dal Consiglio comunale per arrivare all’amministrazione provinciale e a quella regionale. Asti ad esempio lo ha fatto, e lo ha fatto soprattutto Agrigento, dando la sensazione di un’intera provincia e di un’intera regione coinvolte in uno sforzo corale. Si dirà che qui in Umbria le città erano tre, ma questo appunto semmai indica un problema non di poco conto, da affrontare senz’altro per il futuro. Credo sia soprattutto produttivo un confronto sul contenuto e sul metodo, la cui analisi critico-costruttiva può anche produrre un rovesciamento di direzione: da quella che per diverse ragioni può apparire una battuta d’arresto ad un rilancio dell’iniziativa in una dimensione ancora più larga e ambiziosa. Ecco di seguito quello che penso, in totale serenità.

Come ho già detto, ho letto la sintesi ufficiale del dossier e ho seguito con attenzione la presentazione ufficiale nelle sue diverse fasi. In particolare mi hanno colpito – lo sottolineo in funzione del ragionamento che sto tentando di fare – le domande dei membri della commissione giudicatrice per la loro acutezza, che denunciava sia la conoscenza puntuale del progetto sia quelli che a loro, e poi devo dire anche a me, sono sembrati punti deboli rilevanti.

Deboli non solo di per sé, ma per la natura e le finalità dell’iniziativa promossa dal Ministero della cultura, con un bando per la capitale italiana assimilato a quello per la capitale europea, e dunque finalizzando la politica culturale delle città a dare forza di futuro al patrimonio, allo sviluppo economico anche per trattenere i giovani, alla coesione sociale e alla crescita civile.

Non a caso dunque è stato chiesto di chiarire e fare esempi sullo sconfinamento delle azioni previste, sulle interconnessioni e sullo spopolamento, su cui il progetto si è concentrato e su cui pure si è molto insistito nella presentazione. Poi perché non si è pensato ad un plesso di azioni per la valorizzazione dell’arte del passato a partire dalla cattedrale. Ancora: chiarimenti circa le proposte con cui si prevedono ricadute permanenti oltre il 2025 in funzione della lotta allo spopolamento e per lo sviluppo dell’area interna. Infine, chiarimenti ulteriori sulle iniziative culturali in funzione degli interessi e delle aspirazioni dei giovani.

Personalmente giudico apprezzabile lo sforzo, tuo e di tutti i sostenitori, di fornire spiegazioni convincenti. Eppure era evidente un certo imbarazzo nel fornire risposte probanti e soprattutto la debolezza dell’impianto concettuale strategico. Si capiva che alla radice non c’era stata una elaborazione centrata sul destino possibile della città operando con occhio lungimirante nel presente per vederne il futuro, direi cercando di cogliere il suo spiritus loci, che è la sua storia secolare di naturale capoluogo territoriale, che non solo non va sminuito o addirittura dimenticato, ma che semmai va riscoperto e reinterpretato catturandone tuttavia ed esaltandone la più intima essenza.

Può essere fatto evidentemente proprio esaltando il raccordo città-campagna-territorio e il rapporto tra creatività artistica e valorizzazione dei beni culturali come risorsa solida a cui ancorare iniziative capaci di effetti duraturi, che poi significa, senza scendere qui nei particolari, anche lavoro, speranza, attrattività. Questione a cui forse non si può rispondere con interviste, per forza di cose improvvisate in quanto fatte in funzione della partecipazione ad un bando, da cui scaturiscono “12 linee di intervento che vengono sviluppate con cinquanta azioni prevalenti”. Forse in occasioni come queste è bene costituire un comitato promotore, se non tutto cittadino almeno territoriale con esperti a supporto. Probabilmente, bisogna poi stabilire filiere interrelate più organiche e selezionare le attività in base a criteri di coerenza e gerarchie di priorità. E questione però a cui non può sopperire il metaverso, utile sì, ma con effetti che, in mancanza dell’ancoraggio ad operazioni strutturalmente stabili, rischiano di restare puramente scenografici.

Innanzitutto, un comune capofila di venti comuni dell’area interna sud-ovest orvietano avrebbe dovuto apparire capace di problematizzare nell’attualità il ruolo territoriale della città storica. Orvieto può essere infatti interpretata oggi senza forzature, con tutto ciò che significa anche praticamente, come naturale porta d’accesso della vasta e variegata regione dell’Etruria, tutta da riscoprire e da trasformare in quel “Distretto della cultura dell’Italia centrale” che anni fa fu opportunamente ipotizzato per la civiltà etrusca (“Distretto dell’Etruria meridionale”) e che poi però senza ragione apparente fu inopportunamente abbandonato. D’altronde, per una città che aspira ad essere proclamata capitale italiana della cultura, è addirittura un’ovvietà assumere come tratto peculiare della sua politica culturale la valorizzazione di un aspetto della storia e della cultura territoriale che, come quella etrusca, è anche un aspetto dell’identità dell’Italia nel mondo. A proposito appunto di sconfinamento.

Allo stesso ordine e dimensione di problemi appartiene la presenza di una cattedrale capolavoro dell’architettura gotica nota in tutto il mondo per il suo intrinseco valore artistico e però anche custode del Corpus Domini, una delle reliquie più celebrate e uno dei simboli più potenti della natura universale del cristianesimo, cui com’è noto è legata la bolla Transiturus, emanata da Papa Urbano IV° nel 1264 e di cui perciò ricorre il prossimo anno il settecentosessantesimo anniversario. La candidatura a città italiana della cultura non dovrebbe trascurare un aspetto come questo, che fa di Orvieto uno dei luoghi più importanti della cristianità, parte di un Paese sede del papato. Né può ignorare che il Duomo custodisce anche uno dei vertici dell’arte rinascimentale, il Giudizio universale, capolavoro di Luca Signorelli, di cui quest’anno corrono i cinquecento anni dalla morte. Sarebbe stato quanto mai opportuno, come peraltro è emerso da una delle domande della commissione, partire proprio dalla valorizzazione del patrimonio storico e artistico, religioso e laico, civile e militare, e innestare in modo appropriato su questo le iniziative di quella “nuova e più dinamica narrazione” che a te, e non solo a te, sta a cuore, e che però non può essere generativa di novità strutturate se non in una città posta in rinnovata dimensione territoriale proiettata a livello nazionale e internazionale.

Qui arriva il nodo, se non principale certamente rilevante, che, se colto, può determinare il passaggio, di cui ho detto all’inizio, dalla battuta d’arresto alla ripresa di una progettualità vincente in quanto coerente con la storia peculiare della città e con il suo ruolo di soggetto produttore di cultura con respiro nazionale e mondiale. Parlo del MOST, il Museo dei Tesori Nascosti, un’idea progettuale a te nota fin dal giugno 2021, da me riproposta nel 2022 e finalmente approvata all’unanimità dal Consiglio comunale con apposita mia mozione il 30 dicembre scorso. Nelle condizioni che ora si sono create, cara sindaca, non c’è progetto risolutivo più importante e dotato di potenzialità multiple di questo. Non ti sembri paradossale il mio discorso. Pensaci, la città si è presentata con un progetto per la capitale della cultura molto impegnato, dimostrando, al di là di debolezze e contraddizioni, che è consapevole, al netto dell’entusiasmo su cui tu hai tanto insistito, di problemi strutturali vasti e gravi (crisi demografica e spopolamento, isolamento, giovani che se ne vanno per mancanza di prospettive, precarietà di impieghi, patrimonio in dismissione, ecc.). La città ci ha provato, con un progetto tutto spostato sulla creatività. Non è andata. Ma quella creatività ora potrebbe innestarsi su qualcosa di molto solido e strutturato: convincere i grandi musei italiani a mettere a disposizione per periodi determinati una selezione concordata di opere oggi conservate nei magazzini, che potrebbero così trasformarsi nel più grande museo al mondo di opere di valore finora non esposte al pubblico.

Cosicché, oltre a grandi flussi turistici organizzati e destagionalizzati, si potrebbe generare una mole enorme di attività interconnesse (studio e ricerca, formazione e restauro, allestimento ed esposizione, ecc.) e uno sviluppo di qualità che dalla città nel suo complesso può proiettarsi nel suo vasto territorio di riferimento. Da qui anche residenzialità, ragioni per la permanenza dei giovani e ripopolamento. Tutto naturalmente accompagnato da una adeguata politica dei servizi individuali e collettivi, dell’offerta turistica e della qualità ambientale. Certo, si rimane interdetti nel constatare che anche di questo non si sia fatto cenno, se non nel progetto almeno nella presentazione la mattina del 28 marzo, ciò che avrebbe potuto rappresentare una premessa di colloquio con il Ministro che il Consiglio ti ha incaricata di chiedere con urgenza. Ora quell’urgenza è diventata pressante, anche perché si sono profilate nuove condizioni che rendono ancor più interessante per lo stesso Ministero e per il Governo prendere in considerazione un’idea come il MOST. C’è infatti il pericolo per l’Italia di non riuscire a spendere una enorme quantità di fondi del PNRR e si è aperta una partita di rilancio e di impegno in cui il ruolo dei sindaci sta diventando determinante per non restituire all’Europa soldi con tanto sforzo ottenuti. L’idea può in tempi abbastanza rapidi essere trasformata in progetto. L’ex caserma Piave è lì, attende un riuso intelligente al servizio della città e del Paese. Facciamolo allora questo progetto! Perché è giunto il tempo di muoversi davvero con determinazione e coraggio.

Lo so, ne sono ben consapevole, che si tratta di operazione difficile. Ma so anche che spesso ciò che appare difficile o addirittura impossibile si può rivelare più dotato di senso pratico di quanto non si creda. D’altronde, se non avessimo ragionato così, se ci fossimo arresi allo scetticismo, che pure anche allora veniva sparso a piene maini, non avremmo né ottenuto la legge speciale per Orvieto e Todi e i suoi successivi consistenti rifinanziamenti né sviluppato e realizzato il Progetto Orvieto. Accordati allora con la presidente Tesei, visto che l’idea è stata approvata all’unanimità anche dal Consiglio regionale, e andiamo a Roma! Adesso però, non tra qualche settimana o mese. Il tempo è diventato oro. Esprimo la fiducia che vorrai accogliere favorevolmente questo mio accorato appello.