CNA, terzo aumento del prezzo del pane per il rincaro dei costi, “l’alternativa è spegnere i forni”

“L’economia umbra, cosi come quella italiana, è costretta ancora una volta ad affrontare difficoltà crescenti. Se la guerra in Ucraina non finirà presto andremo in recessione, mentre i prezzi dei beni di primo consumo continueranno ad aumentare. In questo scenario anche i panificatori, alle prese con i rincari eccezionali dei costi dell’energia, delle materie prime e dei trasporti, si apprestano a varare il terzo aumento consecutivo dei prezzi dei prodotti da forno”. Una decisione obbligata, quella dell’ennesimo aumento, annunciata a malincuore dal coordinamento dei panificatori aderenti a CNA Umbria, costituito nei mesi scorsi e composto da 17 imprenditori in rappresentanza degli iscritti all’associazione e dei diversi territori della regione: Luigi Bonucci, Giorgio Cecchini, Claudio Puccetti, Francesca Galletti, Mauro Passagrilli, Doriano Cangi, Silvia Duranti, Fabio Pioppi, Davide Mela, Nazzareno Pizzoni, Piero Perella, Federico Argenti, Giuliano Latini, Giampiero Rossetti, Tiziano Brunetti e Sandro Lisarelli. In Umbria sono attivi, tra produzione e rivendita, circa 500 panifici.

“L’unica alternativa all’aumento dei prezzi è quella di spegnere i forni e chiudere le nostre attività – dichiara Luigi Bonucci, il portavoce del coordinamento-. L’Italia è un paese di trasformazione e la nostra dipendenza dalle forniture estere per frumento duro e tenero, mais, gas ed energia elettrica espone anche le nostre imprese alle turbolenze dei mercati internazionali. Purtroppo l’incremento dei prezzi che ci accingiamo a varare potrebbe non essere l’ultimo se non ci saranno cambiamenti veloci degli scenari in cui ci troviamo a operare. Il protrarsi della guerra in Ucraina ha intensificato le tensioni sui prezzi di tutte le materie prime, e in particolare su quelle agricole, inserendosi in una situazione preesistente di forti speculazioni e di grandi incertezze, iniziate già prima dello scoppio del conflitto e che avevamo denunciato da tempo. Basti pensare che negli ultimi mesi il costo della farina ha registrato aumenti di circa il 60%, aggiungendosi alla scarsità di prodotti come uova, latte e derivati e ai rincari eccezionali dei costi energetici, con picchi di oltre 300 %, sia per il gas che per l’energia. Gli operatori del settore stanno vivendo lo stesso disagio dei consumatori ma non sono più in grado di sopportare i continui aumenti dei costi di produzione. – continua Bonucci -. Queste sono le ragioni che ci stanno spingendo, nel giro di pochi mesi, verso il terzo rincaro dei prezzi, sia per il pane che per la pizza, le focacce e i dolci”. Oggi il prezzo medio al chilo è di 2,80 euro per il filoncino da mezzo kg, mentre per quello da 1 kg è di 2,20 euro.

“Noi – dichiara Francesco Vestrelli, responsabile regionale di CNA Produzione – pensiamo che, per colmare le criticità strutturali del sistema di dipendenza da Paesi esteri, soprattutto sulle materie prime alimentari, si debba investire seriamente nella costruzione o nel rafforzamento delle filiere produttive locali, nella fattispecie in quella del grano duro e grano tenero; filiera all’interno della quale, oltre agli agricoltori, possono e devono giocare un ruolo di primo piano le imprese di trasformazione. Riteniamo che i tempi siano maturi perché anche la Regione assuma una posizione chiara in merito al ruolo che vuole riconoscere a queste imprese, che vogliono sapere se, nel prossimo futuro, saranno o non saranno ammesse agli incentivi a sostegno degli investimenti previsti dal nuovo Piano di sviluppo rurale (PSR), cosi come vogliono sapere con chiarezza se ci saranno incentivi all’autoproduzione dell’energia e sostegni per l’inserimento di nuovo personale. Di fronte a difficoltà crescenti è necessario che, a livello regionale, si faccia presto chiarezza anche su questo fronte perché – conclude Vestrelli – il tempo delle decisioni non può più essere rimandato.”




La sanità orvietana è malata

Con grande rammarico e preoccupazione, ma anche con molta rabbia, devo far presente all’assessore alla sanità, nonché sindaco di Orvieto, Dott.ssa Roberta Tardani, che la situazione del nostro ospedale è drammatica. Nonostante i Suoi appelli alla Presidente Tesei e le Sue recenti ottimistiche previsioni sul futuro della sanità locale, persistono criticità intollerabili.

Faccio degli esempi per rimanere sul concreto. Ad Orvieto abbiamo un day hospital oncologico che lavora con grandissimo impegno, con personale preparato e sempre disponibile. Ma un day hospital non è un reparto vero e proprio. Ciò significa che ha delle limitazioni enormi in termini di operatività e di risorse. Per esempio, nei festivi (sabato e domenica, e durante le feste) rimane chiuso. Questo significa che chi si deve curare, chi deve far le chemioterapie deve sottostare ad interruzioni del protocollo. I tumori purtroppo non rispettano le chiusure nei festivi, vanno avanti. Come possiamo fare per risolvere la situazione? Di quali risorse abbiamo bisogno per far si che i malati oncologici possano ricevere le cure di cui hanno bisogno 365 giorni all’anno?

Secondo problema: i protocolli covid. Mi chiedo: come si fa, a distanza di due anni, a non aver ancora previsto dei protocolli di accesso alternativi per i malati oncologici? Se un malato oncologico ha il covid (anche in forma lieve, asintomatica) non può accedere alle cure. Ma siamo matti? Capisco che la pandemia ha sottratto attenzione e risorse a tutte le altre patologie, ma qui si rischia la pelle. Il day hospital oncologico non cura le dermatiti (ammesso e non concesso che le dermatiti possano attendere). Allora mi chiedo: quali soluzioni possono essere trovate per far si che chi deve curarsi possa farlo senza interruzioni assurde dovute ad ottusi protocolli?

Esiste un direttore del presidio sanitario di Orvieto? L’assessore è a conoscenza dei problemi sopra evidenziati? La prossima volta che leggeremo che va tutto bene e che a breve risolveremo tutti i problemi, chiediamoci come. Iniziamo dalle cose concrete, non dalla propaganda. Non parlo di altre questioni perché altrimenti dovrei scrivere un libro. Mi dispiace per gli operatori sanitari che devono lavorare in condizioni assurde, ma mi dispiace ancora di più per i pazienti, che non ricevono le cure che meritano. I pazienti che hanno avuto esperienze negative dovrebbero unirsi e fare presente quello che non va. Intanto, attendo risposte sulle due questioni da me sollevate.




Il 24 luglio in Piazza del Popolo lo spettacolo di Maurizio Battista “Tutti contro tutti – summer edition”

Il calendario unico degli eventi estivi  “Orvieto Always On” si arricchisce con uno dei comici più conosciuti e popolari, Maurizio Battista con lo spettacolo  “Tutti contro tutti – Summer edition”  che andrà in scena domenica 24 luglio alle 21 in piazza del Popolo

“Tutti contro tutti – Summer edition” – È proprio vero che si è destinati a vivere tutti contro tutti? Che si è costretti ad assecondare i ritmi frenetici di una vita mandandola spesso fuori giri? Che i social sono l’unico momento di aggregazione o non piuttosto il modo migliore per alienarsi e soffrire di solitudine? A queste e a tante altre domande l’attore romano risponderà nel suo nuovo show che, con la sua indiscutibile capacità di far ridere, riuscirà sicuramente a unire tutti gli spettatori nel divertimento e le risate. Perché la risata – afferma il comico romano – udite udite: unisce tutte le persone. Visto che la cosa più bella che abbiamo in questa vita, sono proprio gli altri! Oddio, non proprio tutti, eh…”.

I biglietti dello spettacolo organizzato dalla Skyline Productions e dalla AR Spettacoli sono già disponibili in prevendita sui circuiti Ticket One a partire da 28,50 euro




I tanti misteri e le poche certezze delle liste d’attesa per le prestazioni sanitarie

La sanità pubblica è il vero termometro del funzionamento dei servizi pubblici. Lo sanno bene tutti gli amministratori pubblici che con la sanità hanno un rapporto di amore-odio, perché basta poco per andare dalle stelle alle stalle. Il problema principale riguarda le prestazioni ambulatoriali e specialistiche con tempi di attesa che sono, in alcuni casi, biblici. A chi non è capitato di recarsi al CUP o in farmacia e sentirsi dire che non c’è posto fino al…2023 o che si è in lista di attesa. La parolina magica è “lista d’attesa” e si entra in un limbo senza tempi certi.

Ci sono arrivate numerose segnalazioni come quella riguardante una richiesta di visita diabetologica inserita in lista di attesa, o quella per un esame radiografico con la stessa persona che in un caso ha visto rispondersi che in pochi giorni avrà la sua prestazione in un’altra è stato inserito anch’egli in lista d’attesa. E poi abbiamo visite cardiologiche, sempre in stand-by e chi più ne ha più ne metta. Per un semplice visita oculistica posto c’era a Amelia o Foligno, mentre a Orvieto liste chiuse per tutto il 2022, per il 2023 si vedrà. E intanto? O si fa il pendolare della salute in giro per l’Umbria oppure ci si rivolge alla sanità privata, sempre più presente sul territorio, e in pochi giorni con relativo pagamento, si hanno i risultati.

Le liste di attesa sono il vero tallone d’Achille della sanità e a Orvieto la situazione percepita è ancora più grave perché sembra non bastare l’ospedale che anzi in alcuni casi diventa una sorta d’imbuto che rallenta i procedimenti. L’altra questione riguarda i cittadini-pazienti che rimangono spaesati di fronte a tempi anche molto lunghi che spesso non si conciliano con visite specialistiche che necessitano di esami clinici specifici. E allora le farmacie che offrono il servizio CUP si trovano a dover rispondere alle domande più disparate figlie proprio della preoccupazione e del timore che non si riesca a avere la prestazione richiesta nei tempi utili. Le domande più operative sono “quando e a che ora mi chiamano?” e ancora “chiamano al cellulare o a casa?” oppure “ma posso scegliere il medico quando mi chiamano?” A tutte queste domande le farmacie non riescono a rispondere perché il sistema non permette di “vedere” oltre la semplice richiesta di prestazione. Le domande sembrano banali ma non lo sono assolutamente. C’è chi lavora e ha orari da rispettare, chi non sta in casa, chi ha necessità di essere controllato da un medico in particolare e chi deve avere i referti entro un data.

Ma perché si deve attendere tanto? La carenza di personale è la prima causa, poi c’è l’organizzazione generale dei servizi che in questi anni, complice anche la pandemia, hanno notevolmente appesantito il sistema e allungato i tempi di risposta del servizio sanitario nazionale. Rimane aperto l’annoso dibattito sulle prestazioni in intramoenia che dai cittadini sono viste come corsie preferenziali utilizzate spesso in maniera dolosa dai medici. In realtà queste prestazioni vengono erogate fuori dall’orario di lavoro quindi non vanno a confliggere con il servizio pubblico e, secondo quanto indicato dal CIMO (uno dei principali sindacati medici) “se i tempi di attesa massimi previsti dal Piano nazionale di governo delle liste d’attesa non vengono rispettati, i pazienti hanno il diritto di ottenere la prestazione richiesta in intramoenia pagando solo il costo del ticket: una disposizione che puntualmente non viene rispettata a causa dei maggiori costi che ricadrebbero sulle Aziende”. Ma quali sono i tempi medi? Chi deve applicare questa regola? Quali sono i tempi d’attesa massini? La Regione Umbria ha un sistema semplice, il medico di famiglia sulla ricetta inserisce una sigla che indica i tempi massini di attesa che sono:

  • Urgente   – Accesso in Pronto Soccorso
  • Priorità U – URGENZA  (Urgenza differibile, attesa massima 3 giorni)
  • Priorità B – BREVE  (Attesa massima 10 giorni)
  • Priorità D – DIFFERITA (Attesa massima 30 giorni per le visite o 60 giorni per gli accertamenti)
  • Priorità P –  PROGRAMMATA (Attesa massima 120 giorni).

Attenzione, perché i tempi di attesa massimi riguardano l’intera Regione, quindi il paziente di Orvieto potrebbe vedersi prenotato a Perugia o Città di Castello con ovvi problemi logistici soprattutto per quella fascia di popolazione più anziana o per chi lavora anche come libero professionista.

Rimangono in sospeso alcune domande. Perché a Orvieto la percezione sui tempi d’attesa sono così negativi? Perché solo in alcuni CUP si possono avere tutte le informazioni mentre in altri, cioè le farmacie, praticamente nessuna? Perché non indicare degli orari specifici per le chiamate? Attendiamo risposte!