Cristina Croce, “sindaca, ma i lavori all’Albornoz quando finiscono?”

In data 28 settembre 2020 in un comunicato istituzionale l’amministrazione comunale informava la cittadinanza che, a conclusione delle relative procedure di gara, erano stati affidati i lavori riguardanti il  progetto Rupe Valle che “consentiranno tra le altre cose il collegamento tra l’Albornoz, il Pozzo di San Patrizio ed il Tempio del Belvedere, permettendo così di valorizzare ulteriormente l’area di piazza Cahen mentre, rendendo fruibile un secondo accesso alla fortezza, sarà possibile mettere a disposizione quegli spazi per iniziative e manifestazioni rispettando i protocolli di sicurezza; i lavori prevedono un importo di 376.904,96 Euro oltre Iva ed avranno una durata di 5 mesi”;

In data 17 febbraio 2021 appariva sulla stampa locale un ulteriore articolo dal titolo “Fortezza Albornoz lavori in corso”, in cui la Sindaca e l’assessore ai lavori pubblici dichiaravano che “saranno completati entro la primavera i lavori in corso alla fortezza Albornoz per metterla in collegamento con la zona del Pozzo di San Patrizio e creare in questo modo un secondo punto di accesso che è anche indispensabile per il futuro svolgimento di eventi in piena sicurezza”;

Premesso ancora che

i lavori suddetti sono stati finanziati dai fondi europei del Psr nell’ambito della Strategia delle Aree interne Sud Ovest Orvietano dopo che l’amministrazione, a luglio del 2018 con il progetto di riqualificazione dell’Anello della Rupe, cosiddetto progetto “Rupe Valle” si era aggiudicata il finanziamento sul Programma di Sviluppo Rurale per l’Umbria, 2014-2020 (Misura 7, Sottomisura 7.6, Intervento 7.6.2 Servizi di base e rinnovamento nelle zone rurali);

Considerato che

i lavori preannunciati dalla Sindaca e dall’assessore iniziarono nella primavera del 2021 ma furono interrotti subito dopo, tanto che ad oggi la Fortezza Albornoz, in particolare l’area dei giardini pubblici, nella parte dell’anfiteatro, è transennata, sede di deposito di materiale edile vario tra cui anche parti in ferro e, cosa più grave, è completamente abbandonata come dimostrano le foto riprese da tanti cittadini che in più occasioni, anche pubblicamente, hanno manifestato preoccupazione e disappunto per la perdita di un luogo da sempre punto di riferimento per tanti ragazzi e famiglie con bambini e che oggi potrebbe addirittura rappresentare motivo di rischio per l’incolumità delle persone che vi accedessero;

a seguito di una question time posta sempre dalla sottoscritta in merito al motivo del fermo lavori, l’assessore ai lavori pubblici rispondeva che “vi era un problema su una particella che è stato risolto, stiamo aspettando l’autorizzazione della Regione per poter ripartire”;

quanto premesso

si chiede alla Sindaca:

  • perchè dopo l’annuncio del completamento della procedura di affidamento dei lavori, avvenuta a settembre del 2020, gli stessi siano stati interrotti subito dopo il loro inizio;
  • perchè l’amministrazione, nonostante fossero stati già acquisiti tutti gli atti autorizzativi, pareri e/o nulla osta necessari all’ottenimento del finanziamento, non sia stata, ad oggi, in grado di ottenere le eventuali ulteriori autorizzazioni funzionali all’inizio e all’ultimazione dei lavori;

se sia intenzione dell’amministrazione adoperarsi con urgenza perché siano eliminati quanto prima dal cantiere, accessibile nonostante le transenne, i materiali edili ivi giacenti evitando che possano rappresentare un rischio per la pubblica incolumità.




Signore/i consiglieri, ma siamo proprio sicuri che Orvieto riesca a rimanere “città viva” nel prossimo futuro?

Che cosa sta accadendo alla politica orvietana? Sono più o meno dieci giorni che si accapigliano intorno alle dichiarazioni del presidente Garbini sulla distanza tra realtà civile e politica, ora altri giorni sulla questione Sartini, tra l’altro sospesa dal partito e sfiduciata dal sindaco, e la minoranza battaglia con una mozione di sfiducia che, come già successo all’epoca di Gnagnarini a parti invertite, non può essere discussa in consiglio perché non competente in materia, tanto che quella effettiva è già cosa fatta. Però si scrivono post su post sui social, eccoli di nuovo i social, quelli al centro della polemica politica di questi giorni, anzi di queste settimane, diciamolo pure di questa consiliatura e in parte della scorsa.

L’ultimo post in ordine di apparizione riguarda la domanda retorica posta da un consigliere di maggioranza sul reale perché delle strade vuote, imputando la colpa alle politiche di contrasto al covid. E’ l’ultima esternazione di una lunga serie, ma alla domanda come rispondere? Questo dovrebbe essere il ruolo della politica, ma non sembrerebbe così e allora proviamo a darla noi da cittadini: probabilmente perché non ci sono soldi a disposizione, le bollette stanno arrivando e sono cresciute e i prezzi, nonostante i saldi, sono aumentati, un mix terrificante che rischia di far sbattere il Paese tutto in recessione se la bolla, in parte speculativa, dei costi energetici e della spirale dei rialzi generalizzati non verrà nel breve periodo arrestata e almeno parzialmente compensata da un aumento degli stipendi così da riconsegnare una parte di potere d’acquisto perso in questi ultimi tre mesi. L’appello che ci sentiamo di lanciare alla politica tutta, di destra, di centro, di sinistra e civica riguarda la reale situazione di Orvieto che non può essere racchiusa semplicemente nel jingle “città viva, esperienza unica”.

Ma è chiaro che, come ben evidenziato dall’ultimo report di Cittadinanza Territorio e Sviluppo curato da Antonio Rossetti su dati di Medicom043, Bollettino Economico del CSCO e Report sulle prime 20 aziende dell’area interna sempre di CTS, che Orvieto è in pieno declino, che non c’è “voglia di futuro” che s’investe poco ma soprattutto s’innova poco? E’ chiaro che il turismo è un settore importante ma che nelle prime 20 aziende dell’Area Interna sud-ovest, e di quelle dell’orvietano, non vi è alcuna realtà del comparto e che una delle aziende principali presenti nella classifica, Vetrya, appesantiva gli indici nel 2019 e ora è in liquidazione e, comunque vada, con alcune decine di lavoratori che avranno accesso alle tutele di legge ma senza lavoro? E’ chiaro che si moltiplicano le realtà imprenditoriali in crisi che chiudono, come nel caso di Michelangeli, storica bottega orvietana, o vengono messe in liquidazione e che le attività commerciali soffrono grandemente? E’ chiaro che c’è una questione ancora aperta riguardante la banca di territorio e il suo prossimo futuro con un aumento di capitale alle viste e le continue voci su nuovi tagli e soprattutto quelle mai sopite, di una possibile fusione con conseguente scomparsa del marchio e della sede legale? E’ stato compreso che a ogni chiusura, delocalizzazione e fusione corrisponde anche una perdita fiscale per il Comune che non si ritroverà più addizionali Irpef in bilancio? E i campanelli d’allarme non finiscono qui…

La crisi demografica che ci ha fatto scendere sotto i 20 mila è un male comune dell’Umbria ma, tra i centri più grandi, con una percentuale maggiore e rischia di scendere ancora, magari sotto i 18 mila il che significherebbe vedersi cancellare alcuni servizi ora presenti. E poi l’ospedale e la sanità di territorio con la Casa di Comunità prevista accanto al Duomo, scelta almeno discutibile, e non alla Piave, altra questione ancora scoperta, dove la USL ha un immobile di proprietà, pagato con soldi della collettività, e fermo lì a marcire. Si preferisce andare a spendere sicuramente di più, visto il pregio e i vincoli, oltre alle dimensioni e al sistema viario tutto da mettere a sistema e rendere fruibile, al Duomo invece di procedere così come a suo tempo fu definito, in un posto con parcheggi già disponibili, sistema viario già pronto, collegato con il resto della città grazie alla vicinanza della funicolare e nel centro storico…mah!

E ancora la partita dei rifiuti e del sistema viario su ferro e su gomma che ci lascia ancora isolati dal resto della Regione e ci vede testimoni passivi dell’Alta Velocità. Qualcuno ha mai provato a stendere una lista della spesa da chiedere come parziale risarcimento per l’impatto ambientale, per i danni d’immagine e per le difficoltà che ogni giorno i cittadini orvietani devono superare per raggiungere Tribunale, Regione, Provincia, Camera di Commercio, Ospedali, università e altro?

Le stesse domande le poniamo anche ai rappresentanti delle categorie produttive, ai sindacati e a chi più in generale si occupa di impresa. La politica ha un ruolo primario e il consiglio comunale non può scollarsi dalla realtà del quotidiano, intervenendo laddove ha possibilità e capacità concrete e individuando le strade per interloquire e fare pressioni sugli organi competenti quando non si ha capacità di incidere direttamente. Il teatro della politica è parte integrante del sistema ma non può essere il protagonista assoluto per gran parte del tempo, salvo alcune eccezioni. Orvieto vuole essere viva ma per farlo ha necessità di avere gli strumenti adatti e politica, impresa e sindacato, insieme possono tentare questa battaglia, anche nelle differenze, ma con l’obiettivo comune del benessere dei cittadini tutti.




I sogni infranti di un piccolo azionista Vetrya, “poca competenza e capacità di diversificare dopo la stretta sui VAS”

Il futuro prossimo in via dell’Innovazione non è ancora certissimo ma intanto iniziano a muoversi coloro che hanno più da perdere e che hanno già perso molto con Vetrya e cioè i risparmiatori, i piccoli azionisti.  All’inizio della lunga cronistoria dell’azienda di Bardano sentimmo il SITI, il sindacato che tutela i risparmiatori che avevano annunciato di aver acceso un faro sull’intera questione iniziando a raccogliere informazioni e adesioni da parte proprio dei risparmiatori per una possibile, nel caso in cui ce ne saranno i termini, azione collettiva, una class action. 

Nei vari forum si discute animatamente della questione e dei protagonisti, Tomassini e Sagrafena, ma fino a ora le bocche sono rimaste piuttosto cucite.  Sono di poche parole i sindacati, i lavoratori, i collaboratori, i creditori ma nel muro di gomma ecco la prima crepa.  Il piccolo azionista Giacinto Consorti, 34 anni e una laurea in economia e finanza.  Al telefono ci tiene a sottolineare di essere una persona normalissima che investe i frutti del suo lavoro.  “Non sono figlio di papà e non ho grandi disponibilità”, continua Consorti che poi inizia a parlare come un fiume in piena della sua personale esperienza con il titolo quotato all’AIM, Vetrya. 

Perché ha scelto il titolo Vetrya?

Vetrya è stato uno dei miei primi investimenti.  Ho iniziato a seguirli 6 mesi circa dopo la loro quotazione.  Personalmente cercavo di diversificare il portafoglio, come quasi tutti facciamo per livellare verso il basso il rischio, e soprattutto cercavo un titolo legato al settore tecnologico.  Chiaramente ho analizzato i numeri che allora erano piuttosto buoni.

Posso farle una domanda un po’ indiscreta, quante azioni e quanto ha investito in Vetrya?

Dopo aver fatto tutte le valutazioni ho acquistato il primo lotto da 245 azioni a circa 6,40 euro pari a circa 1570 euro.  Continuando a monitorare il titolo ho avuto occasione di vendere in guadagno a poco più di 7 auro, ma non l’ho fatto.  Il resto è più recente.  Quando il titolo scende si prova ad abbassare l’esposizione, ma ora ho imparato la lezione, e così ho acquistato un altro lotto minimo intorno ai 5 euro e un terzo con il titolo sotto i 3 euro.  In totale ho investito poco più di 3700 euro.

Ma quando è cambiato tutto?

Sicuramente nel 2019, il primo anno con un bilancio in perdita.  Se mi devo dare una colpa è quella di non aver seguito con attenzione massima il titolo ma noi “pesci piccoli” non facciamo trading di mestiere e quindi non sempre siamo pronti a reagire in tempi strettissimi.  Gli azionisti di riferimento e manager di Vetrya, poi, si presentavano e proponevano come la risposta italiana alla Silicon Valley, ma in realtà il vero core business erano i VAS, i servizi a valore aggiunto, solo questo e nel 2019, con le nuove e stringenti regole per il comparto, di fatto si è fermata l’azienda.  A quel punto non mi è rimasto altro da fare che ridurre la mia posizione.  Era il campanello d’allarme che ho ascoltato solo parzialmente.  Per mia abitudine, infatti, una posizione cerco di gestirla fino in fondo e Vetrya non ha fatto eccezione, almeno per un primo periodo.  Ora ho un lotto di 245 azioni che ho tenuto per avere il diritto di guardarmi lo spettacolo in prima fila.

Torniamo però a Vetrya e all’analisi del titolo.  Dopo il periodo “VAS” l’azienda ha diversificato e ha chiesto al mercato nuove risorse…

Certamente, ha spinto sul cloud ma per competere servono persone e risorse finanziarie visto che la concorrenza è grandissima a livello mondiale.  Alla fine, devo ammettere che c’è stata poca competenza nella gestione tecnica e dal punto di vista finanziario le risorse erano presenti ma il ricorso agli aumenti di capitale è stato per cifre veramente irrisorie e non hanno inciso sui bilanci, come poi si è dimostrato.  Nell’ultimo aumento hanno convinto il fondo ATLAS e grazie a quest’intervento hanno ottenuto, così come previsto dalle regole, anche soldi da Invitalia, soldi pubblici, quindi di tutti noi, ma il risultato finale non è stato positivo, assolutamente.  Chiaramente ho iniziato a pormi delle domande generali sui reali motivi di questa discesa senza fine.  La fiducia nei confronti di chi ha gestito l’azienda non c’è più e allora mi sono chiesto, “che stipendio si sono dati?”.  A questa domanda non sono riuscito a trovare una risposta (dai bilanci si evince l’aumento della voce emolumenti anche in piena crisi e in presenza di una diminuzione degli addetti ma non c’è una divisione per ruoli o di altri tipo ndr).

E ora?

Ora spero che vengano tutelate quelle categorie che ci rimettono di più e cioè, prima di tutto i dipendenti, e personalmente non comprendo come facciano alcuni a avere ancora fiducia piena negli azionisti di controllo, i fornitori e i tanti piccoli azionisti come me, e siamo tantissimi, che hanno avuto fiducia nel titolo e nella politica aziendale, nelle parole di chi aveva responsabilità di gestione.  E’ altrettanto vero che chi investe se ne assume il rischio ma in questo caso mi sento di dire che il primo responsabile è chi ha guidato Vetrya. Per tutelarmi ho già scritto al SITI e attendo una loro risposta.  Per ora non posso che ringraziarvi per l’informazione che ci avete offerto, trasparente, basata sui numeri.  Chiudo con il mio personale umilissimo pensiero, qualcosa poteva essere fatta ma ora è sicuramente tardi e chi ha avuto responsabilità, il fondatore e signora, hanno anche ottenuto soldi pubblici, di tutti quindi, ecco perché si deve controllare bene.  Se poi gli organi di controllo preposti non troveranno nulla allora torniamo all’assunzione del rischio da parte di chi investe.




Galeotto fu il post! Il senatore Briziarelli pranza a Orvieto proprio nel mezzo della bufera Sartini e rimpasto di giunta

La domenica è giorno dedicato al riposo e alla famiglia, ma un occhio ai social ci va sempre anche perché le news degli ultimi giorni sono importanti e la cronaca non si ferma neanche nei giorni di festa. Ecco che arriva il post giusto. Galeotto fu il post! Il senatore della Lega Luca Briziarelli ne mette uno semplice, “una domenica in giro per l’Umbria ,a tra un impegno e l’altro il tempo per una pausa tra sapori e luoghi caratteristici si trova”. La foto è quella di un notissimo ristorante di Orvieto. Ecco il senatore, tra l’altro alla vigilia dell’impegno istituzionale come “Grande elettore” del Presidente della Repubblica, avvezzo di solito a soffermarsi sulle bellezze del Trasimeno, ma a onor del vero, spesso presente anche nell’orvietano, ha trovato un momento per deviare e fermarsi sulla città del tufo, proprio in piena bufera Sartini, l’assessore appena sfiduciato dalla sindaco Tardani.

Che ci sia un rapporto privilegiato tra Briziarelli e Tardani è cosa nota e che nel gruppo consiliare della Lega non si siano mai sopiti i mal di pancia dopo il caso Ranchino è altrettanto noto. Arrivare a sintesi rischia di essere piuttosto complesso anche perché ancora non ha rilasciato dichiarazioni il convitato di pietra Virginio Caparvi, anch’egli “grande elettore”. Proprio la questione Quirinale potrebbe allungare i tempi o, a seconda dei punti di vista, accorciarli lasciando campo libero al primo cittadino che già con Ranchino dopo circa venti giorni di messaggi e disfide mediatiche ha lasciato tutti di stucco con il “barbatrucco” Mazzi. Ma ha lasciato tutti infelici e scontenti e la Lega non può rischiare un nuovo scivolone e ritrovarsi in giunta con un solo assessore, piuttosto tiepido, Gianluca Luciani e essere contemporaneamente l’azionista di controllo della maggioranza. La situazione s’ingarbuglia ancor di più per la questione delle quote rosa, con l’attuale composizione non più garantite. L’identikit del nuovo assessore è quindi semplice: della Lega e donna. Riuscirà il grande capo Virginio Caparvi, che sicuramente non ha dimenticato lo sgarbo del vice-sindaco non più in quota Salvini, ha tenere i nervi saldi? riuscirà il senatore Briziarelli ha smussare le spigolosità della sindaco Tardani?

Sicuramente, di questo siamo certi, la pausa per il pranzo è stata molto soddisfacente ma speriamo che le trattive abbiano un esito nel brevissimo periodo perché una nuova paralisi il Comune non può permettersela e non per liti e cambi di casacca per per questioni ben più importanti e gravi che incidono sulla carne viva della città.