Caro Presidente,
ho letto quanto ha affermato nella sua solitaria conferenza stampa di fine anno. Noto anzitutto proprio questo: perché una conferenza del solo Ufficio di presidenza? Mi fa rimpiangere i suoi predecessori, che svolgevano come lei il loro ruolo in quanto appartenenti alla maggioranza ma non dimenticavano di permettere ai gruppi consiliari, specie di minoranza, di fare un resoconto annuale congiunto dei lavori del Consiglio.
Lei ha scelto la solitudine. Per carità, liberissimo di farlo. Però non posso esimermi da farle osservare che se, nel fare un resoconto statistico e formale, si avventura in valutazioni specifiche di natura politica e addirittura in giudizi sulla qualità dell’attività dei consiglieri, allora lei o non avverte che in quello stesso momento da Presidente si trasforma in capogruppo, oppure rinuncia volontariamente al suo ruolo di garante di tutti i consiglieri, trasformando di fatto la conferenza, seppure magari involontariamente, in un piccolo e ingeneroso comizio.
Dispiace dover notare questa caduta di stile, che però, se andiamo al contenuto, in realtà appare qualcosa di diverso, direi di strumentale, che mi sorprende un po’ perché lei ci ha abituati a richiami proprio su questo. Lei in sostanza rimprovera i consiglieri (pare di capire tutti) di avere la cattiva abitudine di pubblicare le loro iniziative sui giornali e sui social ancor prima che arrivino in segreteria consiliare. Può essere certamente cosa discutibile, ma riguarda semmai solo le modalità di comunicazione, non certo il rispetto delle regole istituzionali e tanto meno la validità dei contenuti e le ragioni delle iniziative, che vanno pertanto rispettate, anche e soprattutto da parte sua, per quello che effettivamente sono, non per come vengono comunicate.
Ci sono peraltro almeno due ragioni perché questa sia diventata nel tempo la modalità ritenuta normale di comunicare le iniziative, soprattutto da parte delle minoranze: una è la mancanza di strumenti diversi e tempestivi di comunicazione delle attività; l’altra è la constatazione che per i consiglieri, in particolare per quelli di minoranza, lo spazio per svolgere il proprio ruolo e gli strumenti per far conoscere il modo in cui viene svolto sono davvero poca cosa.
Basti il fatto che quando le interpellanze e le interrogazioni arrivano al traguardo molto spesso sono già lontane dal problema da cui sono nate; e le mozioni, lo strumento di proposta del consigliere, vengono esaminate quasi sempre con ritardi anche di cinque o sei mesi, quando ormai, per quanto serie possano essere, come minimo diventano sparametrate con la realtà, nel frattempo mutata. Non c’entra proprio nulla la presunta non conoscenza del funzionamento. Perciò, se lei pensa che la modalità di comunicazione possa essere diversa e migliore, riunisca la conferenza dei capigruppo e ne parliamo.
Comunque non può uscirsene con affermazioni come queste: «Noto che chi occupa seggi in Consiglio Comunale, interviene nel dibattito cittadino più per ottenere un titolo sul giornale che per programmare e progettare a lungo termine. C’ è una generale miopia della classe politica cittadina che guarda all’oggi e mai al futuro di un territorio». Accusa grave in sé, caro Presidente, ma soprattutto grave perché pronunciata non sappiamo bene se in veste istituzionale o in veste di capogruppo o in entrambe le vesti. Vuole dare una scossa alla politica? Non mi pare questa la strada.
Se la sua accusa è pronunciata in veste istituzionale mi limito a dirle che l’accusa non mi riguarda, essendo ben cosciente che tutte le mie iniziative e tutti i miei interventi vanno in direzione opposta. Se lei le valuta in altro modo, il problema è suo. Comunque, un timbro così smaccato di superficialità e di disinteresse per il bene comune che lei vorrebbe apporre in modo generalgenerico sulla fronte di “chi occupa seggi in Consiglio comunale”, cioè di tutti, è da respingere qualunque sia la ragione che l’ha mossa nella sua veste di Presidente. Perché di fatto suona come delegittimazione dell’organo che lei stesso presiede.
Se invece l’accusa è pronunciata in veste politica di capogruppo, allora la genericità dell’accusa è solo un modo per nascondere il bersaglio, che riguarda oggettivamente e prioritariamente chi ha responsabilità di governo, e dunque lo schieramento al quale lei stesso appartiene. Scelga poi lei di dire se il bersaglio è ancora più preciso e mirato. In ogni caso temo che il suo non sia un contributo al miglioramento della qualità e della produttività del dibattito né in seno al Consiglio né nella città. Se può esserlo nella maggioranza veda lei.
Io continuo a pensare caparbiamente che il dovere primario che abbiamo oggi tutti, al di là delle appartenenze, è di affermare le ragioni di una forte unità intorno alle questioni essenziali che possa fermare lo scivolamento verso un degrado irreversibile, si può dire certificato dall’oggettiva emarginazione, che è anche autoemarginazione, sulle scelte regionali che contano. La forma in democrazia è importante, il formalismo no. Allora riunisca la conferenza dei capigruppo, facciamo un programma di discussioni serrate sui tre/quattro temi fondamentali, elaboriamo una posizione consiliare fortemente unitaria magari largamente partecipata con le organizzazioni della società e concordata a livello territoriale, e confrontiamoci con le altre istanze istituzionali.
Diamo battaglia, caro Presidente, la realtà incalza. Su sanità, rifiuti, pnrr, istruzione e formazione, turismo-cultura-sviluppo, legge elettorale, ci giochiamo la partita del futuro. Le sta davvero a cuore il futuro e ritiene sul serio che ci sia un deficit di consapevolezza delle classi dirigenti politiche della città? Esca dai discorsi generalgenerici e prenda l’iniziativa. Lei un ruolo ce l’ha. Lo eserciti. Il momento è questo.
Cordialità
Il consigliere Franco Raimondo Barbabella