PCI, “torniamo, nostro malgrado, a dover parlare si sanità”

Riceviamo e volentieri pubblichiamo una nota sulla situazione della sanità nell’orvietano inviata a firma della segreteria del PCI di Orvieto

È stato lento, forse per permetterne un migliore e più indolore assorbimento, ma comunque preannunciato dal costante impoverimento, il processo di ottimizzazione, così decantato ed attuato dalla giunta regionale, che ha rimosso l’ultimo riferimento amministrativo e gestionale del servizio sanitario sul nostro territorio. In piena contraddizione con le misure del PNRR, almeno nell’enunciato fortemente orientate alla implementazione, sviluppo e specializzazione della medicina di territorio, la classe dirigente umbra, ritenendosi detentrice della conoscenza completa di tutti i fattori che consentono di operare dal centro la migliore pianificazione, programmazione, gestione e controllo delle risorse da destinare al servizio pubblico per eccellenza, quale quello deputato alla salute dei cittadini,  ha eliminato il Distretto Socio Sanitario del comprensorio orvietano.

Se guardiamo questa decisione con gli occhi di chi ha lottato per la promulgazione della vecchia legge 833, legge che ha permesso a tutti, indistintamente, l’accesso gratuito alle prestazioni sanitarie, non dovremmo certo domandarci se, ma caso mai dove abbiamo sbagliato. Eppure nell’ottica economica tanto cara al liberismo che governa l’Umbria, la cosa risulta perfettamente in sintonia con il mandato di far quadrare i bilanci e di promuovere in ogni maniera il ricorso al servizio sanitario privato: promuovendolo come sostitutivo e non complementare di quello pubblico, che invece deve rimanere pienamente rispondente in termini di qualità e tempi, a disposizione delle esigenze dei cittadini. Abbiamo parlato non a caso di processo lento. La soppressione del Distretto Socio Sanitario, che si conclude con questo ultimo atto, è iniziata da tempo con l’attribuzione del ruolo di semplice esecutore di disposizioni decise al vertice senza poter discutere. Parliamo naturalmente di un servizio reale, concreto, efficace, da misurare letteralmente sulla pelle delle persone, ben diverso da quello erogato, che viene enfatizzato nei discorsi di fine anno per auto celebrare le virtù dei vari dirigenti e politici.

Forse è bene riflettere su che cosa esattamente è stato soppresso.

Stiamo parlando di una struttura alla quale la legge ha attribuito bilancio ed autonomie proprie, strutturata sul territorio e per il territorio, con risorse materiali ed umane oltre che di estrazione medica anche a carattere amministrativo e tecnico, governata da un dirigente. Una struttura che nell’ indifferenza generale, è stata progressivamente spogliata delle sue funzioni essenziali, come quelle riferite alla partecipazione attiva, alla pianificazione ed assegnazione delle risorse, sulla scorta di parametri e dati oggettivi specifici, desunti dalla conoscenza del territorio di competenza, delle patologie prevalenti, della loro incidenza, dell’età media della popolazione, dei fattori logistici e quanto altro in misura certificata e non statistica. L’accentramento delle decisioni su quali e quante risorse stabilire, per cosa e come impiegarle, trasferisce drasticamente alla esclusiva dimensione storico statistica il modello di gestione della sanità, privandolo delle caratterizzazioni analitiche necessarie, che spesso giustificano l’eccezione allo standard. Aver tagliato fuori possibili interlocutori scomodi che avrebbero potuto recriminare un diverso piano economico ed attuativo, elimina alla fonte qualunque problema di rendicontazione contabile ed amministrativa, oltre a scoraggiare il cittadino da perorare recriminazioni che a distanza, per ovvi motivi, calano di intensità e di numero.

Il Partito Comunista di Orvieto, rivendica non solo il ripristino di una struttura territoriale attiva e partecipata, ma ancora prima un diverso criterio di rendicontazione dell’operato del Servizio Sanitario Regionale, che non si può e non si deve misurare in euro.  Non significa certo dover spendere senza logica, senza linee guida o riferimenti a standard statistici di orientamento. Significa però non subordinare l’efficacia del servizio ad alcun tipo di limite economico preventivo, ma invece perseguire come obiettivo primario la migliore e più completa qualità misurata sul grado di soddisfazione di coloro che la percepiscono. Se volessimo definirla con il medesimo parametro in uso, dovrebbe essere assunto il livello essenziale di assistenza percepito e non quello erogato, facendo entrare nella sua definizione, non solo i numeri e le osservazioni di chi eroga il servizio ma anche quelli di chi lo riceve.  Soprattutto, ed entriamo nel punto più dolente del problema, tra i livelli di assistenza considerati secondari o minori, che sono invece da prendere in considerazione, non ci sono soltanto quelli ascrivibili a cure somministrate negli ospedali, ma anche tutti quelli legati alla medicina preventiva, all’assistenza domiciliare, alle persone sole, ai non autosufficienti, ai punti di erogazione delle prestazioni, alle patologie particolari che non accedono ai nosocomi, alle cure pre e post ricovero e quanto altro non va a popolare, chissà perché, i tabulati dei risultati che vengono sbandierati spesso a sostegno dell’eccellenza della nostra Sanità.

Non si può tendere a nessuna medicina di territorio senza la partecipazione attiva ed autorevole del territorio alle decisioni che lo riguardano, meno che meno stando a chilometri di distanza e vivendo in contesti del tutto disomogenei e diversi rispetto a quello da gestire. Anche per questo ribadiamo che siamo di fronte ad una esclusiva operazione aziendale, di carattere economico gestionale, finalizzata al solo recupero di risorse, senza nessuna logica propositiva e che ha guidato la definizione e la strutturazione dei nuovi Distretti Socio Sanitari.

Dovrebbero almeno dirci quali miglioramenti dovremmo aspettarci e di quale entità!

Nel silenzio generale della politica sul problema, noi Comunisti, dopo aver presentato proposte di legge, fatto comunicati e manifestazioni a sostegno di un modello di sanità più partecipato e responsabile da parte delle strutture periferiche e delle Amministrazioni comunali, proviamo ancora una volta a scuotere l’opinione pubblica e le aggregazioni di varia natura, per amplificare e “portare in piazza” una criticità endemica che rischia di peggiorare e produrre danni ancora più irrimediabili. Ci troviamo di fronte ad un problema enorme, volutamente e per lungo tempo ovattato, per non far avvertire il boato dell’ultimo atto, per l’impoverimento ulteriore di questo territorio e di questa comunità. Non vediamo prese di distanza efficaci da parte della politica locale, interrogazioni, iniziative, proposte. Il PCI non ha rappresentanza nelle sedi istituzionali, da semplici cittadini quali siamo, non vogliamo limitare a questo comunicato, l’effetto di una protesta che auspichiamo condivisa e partecipata, quindi, oltre a promuoverla, ci dichiariamo fin d’ora disponibili a partecipare, senza pregiudizi o preclusioni, a qualunque aggregazione di persone, si prefigga di denunciare pubblicamente e mettere in atto possibili azioni tese ad ostacolare l’attuazione del processo descritto.

Non continuiamo a rimanere indifferenti, significherebbe solo fare il loro gioco!

                                                                                         P.C.I. Orvietola segreteria




“Diamoci una Mano” e IPSIA “Luca Coscioni” portano la Befana alla Casa natività di Maria a Morrano

Quella di quest’anno appena iniziato è stata una “Befana” ancora una volta con il freno tirato. Pochissime manifestazioni all’aperto, anzi nessuna, e festeggiamenti solo in casa con i bambini appena svegli a correre vicino al camino o in sala per scoprire la loro calza. Dolci, dolcetti, cioccolate e anche carbone, ma quello dolce. E per gli anziani? Sì, per gli ospiti delle tante RSA? E’ un altro periodo di festività complesso, spesso senza potere ricevere le visite dei propri cari, insomma soli. L’associazione Diamoci una Mano coordinata da Beatrice Casasole ha voluto portare un piccolo, grande raggio di sole nella struttura “Casa Natività di Maria” a Morrano.

E quest’anno il raggio di sole è stato più forte grazie alla collaborazione dell’Ipsia “Luca Coscioni” di Orvieto. Gli studenti e i docenti hanno attivato un progetto di “Servizio Solidale” dal titolo “Dolci messaggi”. Attraverso i fondi che la Provincia di Terni, nella persona di Tiziana De Angelis, ha indirizzato in favore dell’istituto, è stato possibile ristrutturare l’area lavaggio afferente al reparto Sala, destinata alle attività laboratoriali di indirizzo e di inclusione di tutti gli indirizzi di enogastronomia e accoglienza turistica. E’ stato quindi possibile organizzare una grade azione di solidarietà per i soggetti più fragili, Le classi III e IV C con la collaborazione di una studentessa del corso serale, hanno preparato e confezionato dei dolcetti natalizi, accompagnandoli con un messaggio personalizzato tratto dal Libro dei Proverbi.

I volontari dell’Associazione “Diamoci una Mano” sono sti gli speciali ambasciatori e, come ogni Befana che si rispetti di buon mattino sono arrivati a Morrano per portare il dono del 6 gennaio. La Befana si è presentata con le “scarpe tutte rotte” e un carrello pieno di dolci, di musica, di allegria, di sorrisi ma soprattutto della solidarietà e dell’emozione anche degli studenti dell’IPSIA.

E allora ancora una volta Buona Epifania e buon 2022 con l’augurio che la pandemia allenti la morsa e permetta ai familiari di tornare a fare visita ai propri cari, ai volontari di portare gioia e calore allontanando il freddo della lontananza dalla propria casa e dai propri affetti, la malattia, i piccoli e i grandi dolori per quanto possibile per rendere più serena quest’ultima parte della vita.

 

 




“Un museo tira l’altro”, protocollo tra Comune di San Venanzo e Fondazione per il museo Claudio Faina

Il Comune di San Venanzo e la Fondazione per il Museo “Claudio Faina” hanno sottoscritto un protocollo d’intesa in merito alla possibilità di programmare e realizzare iniziative congiunte di carattere culturale e promozionale. Si vuole così ribadire gli stretti legami che univano e uniscono i Faina alla realtà di San Venanzo, di cui la famiglia è originaria. In particolare, si pensa di realizzare insieme mostre temporanee, presentazioni di libri e cicli di conferenze. Come pure di allestire spazi promozionali nelle rispettive sedi, o in altri luoghi gestiti direttamente o indirettamente, e di predisporre itinerari turistici.

Inoltre – secondo il protocollo sottoscritto denominato Un museo tira l’altro – sarà consentito l’ingresso al Museo “Claudio Faina” con il biglietto ridotto ai possessori di quello del Museo Vulcanologico di San Venanzo e viceversa. Un approccio teso a creare legami culturali sempre più forti tra i centri del comprensorio orvietano, che potrà essere replicato con altri Comuni.




Il Liceo “Ettore Majorana” festeggia i suoi 50 anni con la città

Nel 2022 il liceo Majorana compie cinquant’anni. Una storia che merita un racconto o un accidente dalla fortuna transitoria? Le cose accadute, i dati di fatto, le numerose e diverse vite che vi hanno trovato accoglienza e formazione, gli esiti, le reti di relazione, le proiezioni esterne, le idee, il lavoro di tanti professionisti dell’educazione, tutto dice che si tratta di una storia, anzi, di una grande storia.

Grande storia in quanto non c’è solo un passato da raccontare, ma anche un futuro che si costruisce nel presente. Questo in effetti è oggi il liceo Majorana che, inserito nel contesto di un istituto divenuto nel tempo sempre più articolato e complesso, mantiene tuttavia una sua specificità proprio per le sue caratteristiche originarie: essere scuola d’innovazione con solide basi culturali aperta al mondo che cambia.

Ecco, dunque, il succo di questa storia. Nato all’inizio degli anni ’60 come costola del liceo classico per dare spazio alla cultura scientifica come connotato formativo delle professioni moderne, il Majorana giunse all’autonomia appunto nel 1972 e crebbe rapidamente in credibilità e numeri. La cultura scientifica si faceva strada e diventava ambizione di crescita sociale e civile. Anche per questo con un concorso tra gli studenti fu scelto il nome del fisico che abbinava in sé il genio della conoscenza con l’amore per il suo uso umano.

Il salto arrivò poi con la sperimentazione degli indirizzi Brocca. Da lì partì un processo di innovazioni continue e di progettualità formativa e didattica che non si è più fermata e costituisce la base solida per guardare ancora avanti. Ecco allora l’approdo: una scuola innovativa che riflette su se stessa e sul mondo che cambia, un luogo del sapere organizzato come offerta formativa differenziata, aperta e inclusiva, impegnata ad offrire ai giovani di questo nostro territorio le migliori opportunità formative per vivere e operare nella società della conoscenza.

Per tutte queste ragioni celebrare i cinquant’anni di questo istituto è, come s’è detto, sì raccontare una storia ma nel contempo è anche e soprattutto esaminare come questa storia diventa linfa del presente e proiezione verso un futuro che di questa linfa già vive. Il programma che segue ne esemplifica la logica e le tappe.

  1. L’ISTITUTO E IL TERRITORIO, GUARDANDO OLTRE

Le storie vanno raccontate e questa è una storia che merita di essere raccontata. Perciò ci sarà:

  • Il racconto di una storia durata cinquant’anni e …
  • L’almanacco delle vite in transito
  • L’ISTITUTO, LA SUA MISSIONE CULTURALE E PROFESSIONALE

La scuola non è solo curricolo e organizzazione, ma sintonia con le idee, i sentimenti, i bisogni, della società, di cui è servizio e interprete attiva ed emozionale. Ecco allora le iniziative:

  • La scuola che stimola l’uso critico del pensiero

presentazione di libri sul rapporto proficuo tra cultura umanistica e pensiero scientifico; convegni e/o tavole rotonde a tema.

  • La scuola che promuove la scienza

Iniziative per valorizzare le figure di intellettuali che, attraverso collaborazioni con il liceo Majorana, hanno contribuito alla promozione della cultura scientifica nel territorio e nel Paese.

  • La scuola che forma le professioni

Riflessione approfondita di livello centrale e periferico su come adeguare in progress i curricoli ai bisogni formativi parametrati con la realtà.

  • La scuola che forma il cittadino consapevole e responsabile

Riflessione sui diritti e i doveri di cittadinanza nel mondo di oggi, non solo cambiato dalla pandemia ma anche, prima e insieme, dalla rivoluzione tecnologica.

  • L’ISTITUTO DENTRO LA SOCIETÀ COMPLESSA

Cambiano i quadri delle competenze chiave per il ventunesimo secolo e di conseguenza diventa necessità impellente la riflessione su come aggiornare efficacemente gli obiettivi formativi nella concreta prassi educativa. Su due aspetti in particolare, che direttamente interessano il sistema di istruzione e formazione, la riflessione appare urgente:

  • quale revisione dei curricoli e dell’organizzazione scolastica può essere necessaria per superare il gap tra mondo dell’educazione e mondo del lavoro;
  • come migliorare la formazione in direzione del cittadino competente e responsabile nella società della conoscenza e del continuo cambiamento.
  • ALTRE ATTIVITÀ

Mostre su vari temi; attività ludiche; attività di memoria e socializzazione.

LE PRIME AZIONI È stato bandito il concorso di idee interno per la scelta del logo del cinquantesimo. Quello scelto è opera di tre studenti del Liceo. Il prossimo 14 gennaio, presso la Sala dei 400 del palazzo del Capitano del Popolo si terrà invece la prima iniziativa pubblica.