Orvieto è un modello di integrazione e inclusione con la comunità di accoglienza per minori stranieri “soli”

Nell’ambito della visita di studio promossa in Italia dal programma EUPROM per gli approfondimenti sulle strutture di accoglienza per giovani rifugiati, nel pomeriggio del 16 novembre, l’assessore alle Politiche Sociali Angela Maria Sartini ha ricevuto una delegazione di esperti (magistrati, assistenti sociali, psicologi) provenienti da vari paesi della Comunità Europea che ad Orvieto hanno poi visitato il Centro di seconda accoglienza SAI MSNA (ex SPRAR) e la struttura di prosecuzione per neomaggiorenni in prosieguo amministrativo. Durante il colloquio con l’assessore Sartini gli ospiti, accompagnati dai responsabili per le problematiche dei minori stranieri presso l’Ufficio di Cittadinanza del Comune di Orvieto e dagli operatori della Cooperativa Sociale “Il Quadrifoglio”, soggetto gestore del Progetto SAI MSNA, hanno appreso le modalità di sviluppo e funzionamento delle 2 comunità presenti sul territorio, quella per minori stranieri non accompagnati XENIA, e la comunità di proseguimento per neomaggiorenni INOUSENE, mostrando un forte interesse per le dinamiche di integrazione ed inclusione che negli anni le due strutture hanno saputo costruire sul territorio.

Al termine, la delegazione ha riconosciuto alle strutture orvietane un livello di lavoro eccellente nella costruzione dei rapporti e delle relazioni ritenendo le stesse un esempio nel panorama nazionale. “Il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) – afferma l’assessore Angela Maria Sartini – è il servizio del Ministero dell’interno che in Italia gestisce i progetti di accoglienza, di assistenza e di integrazione dei richiedenti asilo a livello locale ed è stato istituito dalla legge 30 luglio 2002, n. 189. Negli anni ha cambiato denominazione, SIPROIMI (sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati) continuando ad agire sul territorio, ed oggi è diventato SAI, Sistema di accoglienza e integrazione. Il modello SAI, prevede due livelli differenziati di erogazione dei servizi, un primo livello destinato ai richiedenti asilo, cui sono rivolte prestazioni di accoglienza materiale, l’assistenza sanitaria, l’assistenza sociale e psicologica, la mediazione linguistico-culturale, la somministrazione di corsi di lingua italiana e i servizi di orientamento legale e al territorio; ed un secondo livello, ovvero il caso delle strutture della Zona Sociale n. 12, destinato ai titolari di protezione internazionale e finalizzato all’integrazione, che include l’orientamento al lavoro e la formazione professionale. Nella struttura Xenia, autorizzata al funzionamento per l’accoglienza di 10 minorenni e attiva dal dicembre 2017, hanno trovato accoglienza ad oggi un totale di 30 ragazzi, i quali, una volta terminato il percorso comunitario, hanno comunque deciso di restare nel nostro territorio proprio grazie all’eccellente tessuto di inclusione e integrazione costruito negli anni. Nel 2020, inoltre, il Ministero ha chiesto agli Enti la disponibilità all’ampliamento dell’accoglienza con l’apertura di una struttura per neomaggiorenni in prosieguo amministrativo, richiesta accolta favorevolmente dai Comuni della nostra Zona Sociale e nel 2021 ha preso avvio la struttura ‘Inousenè’ che al momento accoglie 4 giovani. Il feedback estremamente positivo di questo incontro – conclude – conferma la validità del lavoro svolto da tutti gli operatori che a vario titolo intervengono in questo progetto”.
Il viaggio della delegazione di esperti internazionali, attraverso le strutture di prima accoglienza in Italia, era iniziato lunedì a Catania e proseguito con la visita al Tribunale per i Minori di Roma dove si è tenuta una tavola rotonda con gli operatori del settore che ha riguardato le questioni dell’accertamento dell’età, della identificazione e procedure di regolarizzazione, la ripartizione delle competenze fra i vari operatori, il ruolo del tutor volontario, il ricollocamento dei minori dalla Grecia, ma anche i minori scomparsi, la protezione internazionale, i rimpatri assistiti, il ruolo del mediatore culturale, la presa in carico del minore e il ruolo dell’assistente sociale nella rete dei servizi.




Orvieto set a cielo aperto per il film con Giallini, “Il principe di Roma”

Inizieranno la prossima settimana a Orvieto le riprese de “Il Principe di Roma”, il film prodotto da Lucky Red con Rai Cinema in collaborazione con Sky. Per una settimana Orvieto diventerà un set a cielo aperto e la magia del cinema questa volta tramuterà vicoli e piazze del nostro centro storico negli scorci della Roma dell’Ottocento.

Lucky Red è tornata a scegliere Orvieto dopo le riprese del film “La befana vien di notte 2” dello scorso aprile. Soddisfatta la sindaco, “per la nostra città sarà un’altra importante vetrina e opportunità di promozione dopo il grande successo al cinema del film ‘Carla’, che il prossimo 5 dicembre andrà in onda in prima serata su Rai1, senza considerare l’indotto economico generato dalla presenza della troupe in città che si avvarrà di manodopera e comparse locali. Chiediamo sin da ora collaborazione e pazienza da parte dei cittadini per i disagi che potrebbe causare la chiusura di alcune piazze e vie per l’allestimento del set, certi che gli uffici comunali e la Polizia locale sapranno gestire al meglio la situazione“.

Il film è liberamente ispirato al “Canto di Natale” di Charles Dickens. Il cast è di tutto rispetto con il protagonista Marco Giallini figurano anche Giulia Bevilacqua, Filippo Timi, Sergio Rubini, Denise Tantucci, Andrea Sartoretti e Giuseppe Battiston. La pellicola è diretta dal regista Edoardo Falcone. Per una settimana Orvieto sarà un set a cielo aperto con il compito di interpretare la Roma dell’800, l’ambientazione della pellicola.

Tra le location scelte per gli esterni: via Lattanzi, via Malabranca, piazza Ippolito Scalza, piazza Ranieri, piazza Gualterio, vicolo Albani, piazza Febei, via Magalotti e la piazzetta tra via del Duomo e via Gualtieri. Per gli interni saranno invece utilizzati, tra gli altri: Palazzo Mocio e Palazzo Simoncelli. Circa 300 le comparse locali che saranno reclutate e utilizzate sul set.




Appello del SITI agli azionisti BPBari, costituitevi parte civile nel procedimento penale contro i collaboratori degli Jacobini

Banca Popolare di Bari naviga ancora in acque piuttosto mosse e in audizione alla commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche, Giampiero Bergami, ad del gruppo BPB, ha spiegato che il rapporto cost income è molto alto e la strada da percorrere è ancora lunga.  La presidente della commissione, Carla Ruocco, ha assicurato che l’obiettivo primario è un ristoro per gli azionisti.  E proprio questi ultimi, infatti, sono per ora rimasti drammaticamente alla finestra in attesa dell’evolvere degli eventi sia societari che giudiziari.  Domenico Bacci, presidente del sindacato SITI, Sindacato Italiano per la Tutela dell’Investimento e del risparmio di Milano, che rappresenta gli interessi degli azionisti Popolare Bari, e l’avvocato Paola Cagossi del Foro di Bologna, che li assiste, ci hanno tracciato un quadro definito proprio dell’andamento giudiziario per gli azionisti.  Bacci ci tiene a sottolineare che “siamo fiduciosi per i prossimi appuntamenti giudiziari, questa è la strada attraverso la quale gli azionisti potranno avere finalmente un ristoro”.  Ma a che punto siamo con i procedimenti giudiziari?  Paola Cagossi spiega, “attualmente i procedimenti avviati nei confronti degli Jacobini e dei loro collaboratori sono due.  In un primo filone, quello che vede protagonisti gli Jacobini, in particolare, gli azionisti sono stati ammessi come parte civile, ma e’ stata esclusa la chiamata del responsabile civile, la Stessa Banca.  In un secondo procedimento contro i collaboratori più stretti della famiglia Jacobini è ancora possibile aderire alla richiesta di costituzione di parte civile fino all’udienza dibattimentale che sarà fissata all’esito dell’udienza preliminare tutt’ora in corso innanzi al GUP dr. Galesi.  Voglio sottolineare come la Popolare di Bari sia, a nostro parere, responsabile del malfatto dei suoi esponenti, ma nel primo procedimento il Tribunale ha ritenuto non praticabile la sua chiamata in causa,  perché la  Procura di Bari, dopo aver estratto la copia forense del materiale ivi reperito, ha riconsegnato i device ed i supporti elettronici agli indagati, sicché al l Tribunale non è rimasto altro che constatare che il dissequestro ha reso irripetibile la prova rispetto al responsabile civile Banca Popolare di Bari che nella fase delle indagini non era stata avvertita dell’operazione. La rigida interpretazione dell’art. 96 cpc, peraltro caldeggiata strenuamente dalla Procura in udienza, ha determinato l’esclusione del responsabile civile da quel procedimento, con buona pace degli azionisti”.  Sempre Cagossi spiega, “gli azionisti di BPBari sono stati e continuano ad essere trattati in maniera diversa da quelli delle banche venete e delle altre con insolvenza dichiarata nel medesimo periodo.  In estrema sintesi l’azionista pubblico ha acquisito il controllo del gruppo bancario pugliese perché la politica ha scelto di non farlo fallire, caricando il costo in primis sulla collettività ma sicuramente anche sui piccoli azionisti che non hanno visto un euro a differenza degli altri delle banche sopra citate che invece hanno ricevuto e stanno ricevendo i ristori”.

Ricordiamo che per gli azionisti delle banche venete, di Banca Etruria di CariFe è intervenuto il FIR (Fondo Indennizzo Risparmiatori) istituito con la legge 145 del 30 dicembre 2018 e successive modificazioni, con una dotazione iniziale di 525 milioni annui per il 2019, 2020 e 2021.  L’obiettivo è quello di indennizzare i risparmiatori danneggiati da quelle istituzioni bancarie poste in liquidazione coatta amministrativa dopo il 16 novembre 2015 e prima del 2018, a causa delle violazioni massive degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza e buona fede oggettiva e trasparenza previsti dal TUF (testo Unico in materia di intermediazione finanziaria).  Domenico Bacci, segretario del SITI, interviene sottolineando come proprio il sindacato avesse “presentato una petizione per portare all’attenzione della politica la questione dei piccoli azionisti della Popolare di Bari ( che e’ ancora possibile sottoscrivere ) visto che il crac finanziario è del tutto assimilabile a quello delle banche venete, ad esempio.  Nel  gennaio 2020 – prosegue Bacci – abbiamo organizzato una riunione con oltre 500 azionisti della POPOLARE BARI presso la Fiera del Levante, proprio per spiegare la necessità, a latere dei procedimenti penali, di introdurre anche per loro una forma di ristoro diretto, e tra queste il Fir,  ma per evitare la procedura c’è stata una forte opera di disinformazione basata sul fatto che agli azionisti delle banche che hanno aderito al FIR è stato riconosciuto il 30% del valore perduto, mentre per quelli di Bari si poteva ottenere molto di più!.  Ad oggi gli azionisti di Bari sono ancora senza ristoro mentre agli altri stanno arrivando i soldi”. Ci sono però le sentenze dell’arbitrato bancario ma anche in questo caso, continua Bacci, “la banca continua a non pagare le ingiunzioni arbitrali.  L’unica proposta messa in campo è quella risibile dei 2,38 euro per azione che presuppone la rinuncia al contenzioso ed è riservata solo ai cosiddetti soggetti fragili, veramente poca cosa”.   Le prossime mosse, dunque, sono fondamentali per i piccoli azionisti, a partire dalla richiesta di costituzione di parte civile nel secondo procedimento penale a carico dei collaboratori più stretti degli Jacobini.  Spiega Bacci, “siamo fiduciosi che questo secondo processo vada a sanare la situazione degli azionisti di BPBari.  Se qualcuno non si è attivato è possibile farlo aderendo al SITI e seguendo tutte le indicazioni sulla documentazione necessaria per la costituzione di parte civile.  I tempi sono stretti perché si può agire fino alla data dell’udienza dibattimentale che potrebbe essere fissata per i primi mesi del nuovo anno”.  Nella pagina internet per la costituzione di parte civile del SITI sono presenti i modelli e l’elenco dei documenti con tutte le deleghe.  “E’ una procedura semplice – sottolinea l’avvocato Paola Cagossi – ma necessaria se si vuole combattere.  Tra i documenti c’è anche un modulo di auto-valutazione per le modalità di vendita delle azioni da parte dell’intermediario.  Questa è una possibile seconda strada da seguire presentando il dossier all’arbitrato bancario”.  Sempre l’avvocato Cagossi spiega che “le modalità illecite di collocamento in questo caso, riguardano non soltanto le cosiddette operazioni baciate ma il fatto che nella documentazione non è chiaramente spiegata l’illiquidità del titolo, questo riguarda quasi il 99% dei casi che abbiamo fin qui esaminato”.  Ribadisce Domenico Bacci, “basta la dimostrazione della non chiara indicazione di illiquidità per poter agire”.  E’ bene ricordare che il valore delle azioni di BPBari, così come quella di molti istituti di credito simili, veniva deciso “in house”.  Poi è arrivata la quotazione all’Hi-MTF “che è un sistema di scambio – sottolinea Bacci – un S.S.O. multilaterale che si differenzia da quello precedente denominato bilaterale.  Diciamo che hanno dovuto farlo e cambiando il sistema si è compreso che c’era tanta offerta e poca domanda, cioè il titolo era del tutto illiquido: Informazione non fornita ai sottoscrittori”. 

Prima di concludere due domande, ci sono rapporti con il nuovo azionista di controllo ed è comunque un vantaggio avere come controparte lo Stato?

Domanico Bacci interviene subito, “assolutamente, il SITI non ha avuto rapporti con la nuova proprietà ma posso assicurare che la linea di condotta non è mai cambiata.  Non c’è un tavolo di trattativa serio, e i fondi FIR sarebbero lì disponibili per essere eventualmente destinati agli azionisti della BPBari, ma la politica non si muove”. 

Sulla stessa lunghezza d’onda l’avvocato Paola Cagossi, “si ha la netta sensazione che la politica si sia mossa per tutelare la partecipata BPBari a spese del piccolo azionista e che la Procura abbia commesso una leggerezza quando ha riconsegnato gli apparati elettronici agli indagati invalidando qualsiasi prova per i procedimenti successivi per sua stessa ammissione”

Ambedue rimangono comunque fiduciosi del fatto che questa nuova possibilità di costituzione di parte civile è un’opzione da non sprecare da parte dei piccoli risparmiatori e una strada aperta, la piu’ diretta e semplice, per ottenere il giusto ristoro.




15 novembre, il giorno della sanità orvietana. De Fino risponde “l’ospedale è stato sempre aperto e i numeri lo dimostrano”

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Il 15 novembre nel pomeriggio sono stati presentati i progetti e i lavori in fase di avvio nel territorio di Orvieto per quanto riguarda la sanità. E’ stata anche l’occasione per la presentazione della nuova TAC e per fare il punto sulla reale situazione del nosocomio orvietano. Massimo De Fino, direttore generale della USL Umbria 2, ha illustrato, alla presenza dell’assessore regionale Luca Coletto, la situazione per quanto riguarda i ricoveri, le visite specialistiche, il personale a tempo indeterminato. In realtà le cifre indicano che l’ospedale in definitiva ha tenuto botta al covid reagendo piuttosto bene nonostante la pandemia e la ormai endemica crisi del personale.

De Fino nell’analizzare i dati è partito dai filmati ormai divenuti virali delle corsie deserte per spiegare che in realtà proprio l’emergenza sanitaria ha obbligato a rimodulare tutti gli spazi e al personale e ai pazienti a rivoluzionare i propri comportamenti. Non ci sono più gli accompagnatori, fatto salvo laddove previsto, si entra in prossimità dell’orario stabilito, si attende fuori dalla struttura in caso di forte anticipo, ad esempio. Non si entra in ospedale se non si ha un appuntamento per una prestazione medica o diagnostica e poi a questo si aggiunge la carenza di personale medico in particolare. Certamente le criticità ci sono e sono evidenti, le liste di attesa sono piuttosto lunghe e il recupero indicato dai dati ufficiali non sembra così evidente. De Fino ha anche annunciato che nelle prossime domeniche gli specialisti hanno dato la loro disponibilità per lavorare durante il festivo sempre con l’obiettivo di abbattere le liste di attesa.

L’audio della relazione a tratti non è proprio chiaro ma non dipende da problemi tecnici nostri. Comunque torneremo sicuramente a discutere di sanità e di sanità pubblica in particolare. La relazione del direttore generale della USL Umbria 2, Massimo De Fino sui ricoveri, le prestazioni ambulatoriali e le nascite negli ultimi tre anni e poi i prossimi progetti in fase di realizzazione, l’impianto di cogenerazione, l’hospice che momentaneamente sarà all’interno dell’ospedale e la nuova TAC già operativa. Per l’abbattimento delle liste d’attesa sono previste tre domeniche dedicate proprio a chi attende da troppo tempo di avere risposte ed esami.




Un uomo investito da un pirata della strada a Bardano ricoverato in ospedale

Nel pomeriggio di domenica 14 novembre a Bardano un cittadino orvietano di 60 mentre attraversava la strada è stato investito da un pirata della strada che dopo l’impatto è scappato senza fermarsi a prestare soccorso. Sono arrivati immediatamente i soccorsi con l’ambulanza che ha portato l’uomo in ospedale dove è stato sottoposto ad un delicato intervento per gravi fratture al femore oltre ad un trauma cranico.

Gli investigatori stanno passando al vaglio i filmati delle telecamere per risalire all’identità del colpevole.




Don Luca Conticelli spiega l’importanza delle nuove luci di Sant’Andrea nella liturgia

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La Chiesa di Sant’Andrea da qualche giorno ha qualcosa di diverso. Basta entrare per accorgersene. Luce, una luce intensa che illumina le volte, l’altare, le piccole imperfezioni e poi c’è quel cielo stellato che ti avvicina all’infinito. La luce ha però un significato più profondo, legato alla religione in generale e soprattutto alla liturgia. Il battesimo, la Pasqua con il passaggio dal buio alla luce…Don Luca Conticelli si spiega questi passaggi e sottolinea la grande importanza della comunità in cammino che si apre, che ospita che aiuta il prossimo, proprio il proprio vicino prima di tutto.




13 novembre, il “compleanno” del Duomo

Tutti, troppi, ce l’hanno col “fuori scala” di questo incredibile solenne monumento. Certo, è la prima cosa che salta all’occhio. Che ci fa sto popò de “ottavameravigliadelmondo” in un posto come Orvieto? Perché hanno copiato la facciata del duomo di Siena? Quesiti che rivelano una evidente carenza di Conoscenza. Della Storia e della Storia del Luogo e della costruzione della sua cattedrale. Marcel Reymond nel suo ‘L’antica facciata del duomo di Firenze’ è perentorio e lapidario nell’asseverare che il modello ispiratore originario tricuspidale (di tante facciate famose da Siena a Firenze S. Maria Novella e S. Croce, a St. Urbain a Troyes, etc.) sia proprio il nostro duomo di Orvieto: perché se è vero come è vero che a Siena avevano intrapreso l’opera una quarantina d’anni prima che ad Orvieto è altrettanto vero che quella si interruppe per varie ragioni, soprattutto finanziarie. Il duomo di Orvieto invece da quel 13 novembre del 1290 ininterrottamente fino a metà Trecento fu completato nella mirabile facciata tricuspidale prima di tutti. Ed infatti a Siena ripresero qualche secolo dopo a tirar su la facciata avendo come traccia il nostro Duomo, il Duomo di Orvieto. Perciò, rispetto a quei quesiti di cui si diceva è vero l’esatto contrario. Nessun errore. Nessuna esagerazione. Tutto creduto e voluto. No, non si sono sbagliati i nostri concittadini di sette secoli e mezzo fa a voler realizzare questa opera pazzesca che gemina dalla Rupe vulcanica e si staglia verso il Cielo, non hanno erroneamente voluto esagerare costruendo una meravigliosa mostruosità architettonica fuori scala rispetto al resto urbano che sovrasta.

Non c’è da stupirsi. Orvieto era capitale di uno Stato vasto che dalla Vald’Orcia e Valdichiana, alla Teverina e Lago di Bolsena, giungeva alle Maremme, da Corneto all’Argentario, alle Terre Aldobrandesche dall’isola del Giglio fino all’Amiata. Romea Germanica e Francigena, Micaelica e Lauretana solcavano il Contado (e alleati, amici, signori, feudatari, nobili e cavalieri, almeno centocinquanta di loro provenienti da tutto il territorio orvietano comitale e oltre, scesero col papa nelle fondamenta a benedire la pietra angolare, come riportano le cronache medievali). Papa Urbano IV (che eletto non andò mai a Roma) vi stabilì la Sede Apostolica con la Curia e da Orvieto istituì il Corpus Domini nel 1264 per l’universo cristiano, con l’officio ancora usato di Tommaso D’Aquino, anch’egli con Bonaventura da Bagnoregio, Ugone di Provenza, Alberto Magno, nello Studium orvietano, creato nel 1013 da papa Benedetto e dall’imperatore Enrico il santo. No dunque, nessuno sbaglio. Il Fuori Scala è stato proprio stabilito e realizzato. Perché Orvieto è un Altare, un’Ara Etrusca. Perché i primi esseri umani riconobbero la sacralità di questo Luogo nato dalle lave dei vulcani vulsiniesi nell’antico oceano primordiale. Sull’ara antica Luogo Celeste dei Padri Etruschi; sull’altare maggiore rupestre dei Credenti, dei Fedeli, dei Cavalieri, dei Monaci e degli Eretici, è stato fondato questo sublime immenso Tabernacolo del Duomo di Orvieto che racchiude e custodisce gelosamente un altro tabernacolo incorruttibile di marmo che ancora in sé contiene un incredibile scintillante tabernacoloreliquiario di Luce, custodia e scenografia del Mistero della Salvezza, del Dono Eucaristico, il Lino santo intriso di Sangue del Cristo e l’ostia tramutata in Carne. Il Corpo e il Sangue di Gesù. La Sindone di Orvieto. Urbisveteris Civitas Eucharistica Supra Montem Posita. Orvieto la Città del Corpus Domini.

Silvio Manglaviti-Orvieto Città del Corpus Domini




Unione dei Comuni, la scommessa del sindaco di Ficulle Maravalle per promuovere “l’orvietano tutto”

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Torna prepotentemente di attualità la questione dell’unione dei comuni. Le municipalità dell’alto orvietano, con l’esclusione per ora di Montegabbione, e l’aggiunta di Porano stanno per dare mandato ad un ente emanazione della presidenza del consiglio dei ministri di mettere in campo un’unione di 9 Comuni e cioè Fabro, Ficulle, Parrano, Monteleone, Allerona, Castel Viscardo, Castel Giorgio, Baschi e Porano. Il sindaco di Ficulle, Gian Luigi Maravalle, è stato sempre convinto della validità di una rete pronta ad offrire servizi ai cittadini. Oggi, poi, sempre di più i progetti vengono valutati se hanno una valenza territoriale ampia ecco quindi che essere uniti è determinante anche nel confronto con la Regione.




Rapporto MediaCom043, aumentano i depositi bancari in Umbria e Orvieto ancora “comune più liquido” della Regione

Il risparmio umbro sempre più liquido, nel 2020 ulteriore crescita dei depositi bancari del 13% (+1,616 miliardi di euro), che ha portato i depositi bancari complessivi umbri a quota 14,046 miliardi di euro. E la tendenza prosegue anche nel 2021, nonostante i venti di ripresa, che dovrebbero aiutare nel dirigere una quota maggiore del risparmio verso le attività economiche: ad agosto 2021, infatti, la mole dei depositi bancari (quindi risparmio liquido o ultraliquido, che alcuni definiscono ‘ozioso’ perché almeno per una parte non marginale non si dirige a finanziare la crescita e lo sviluppo economico-sociale), comprendendo anche i dati di Cassa depositi e prestiti è arrivata a oltre 2mila miliardi di euro e a 20,923 miliardi in Umbria. È probabile che, se la ripresa economica si consoliderà, e con essa il miglioramento dei risultati economici delle aziende, una parte di questa liquidità parcheggiata nei depositi bancari si muoverà verso strumenti finanziari che portano il risparmio verso gli investimenti delle imprese, con rese più interessanti di quelle degli ultimi anni. Ma, al momento, questa svolta non c’è. O meglio c’è ma è ancora troppo debole. Nel senso che, almeno per i depositi delle imprese, che si sono gonfiati grazie ai prestiti bancari a buon mercato – visti bassissimi tassi di interesse – e per di più garantiti dallo Stato grazie ai provvedimenti presi dal Governo durante la pandemia da Covid, si nota un inizio di scongelamento di questa liquidità. Ma è ancora poco per poter parlare di vera svolta, che comunque potrebbe manifestarsi già nei prossimi mesi.

Un passaggio importante: basti pensare che, se solo il 10% dell’ammontare disponibile dei risparmi privati detenuto in depositi in Italia (al netto dei prestiti bancari siamo a circa 275 miliardi di euro) venisse investito in strumenti finanziari a favore delle Pmi si potrebbero mettere in circolo circa 27,5 miliardi di euro, mentre con la stessa percentuale del 10% in Umbria (dove al netto dei prestiti bancari il risparmio ‘ozioso’ è di circa 2,02 miliardi di euro) si potrebbero mettere in circolo oltre 200 milioni di euro. Il tutto con effetti moltiplicati sull’economia e quindi sullo sviluppo economico e sociale.

Quanto ai singoli comuni umbri, nel 2020 le crescite più elevate dei depositi bancari (in questi non è compresa Cassa depositi e prestiti) sono state registrate a Marsciano, Città di Castello, Acquasparta, Gualdo Tadino e Bastia Umbra, mentre Orvieto – nonostante una bassa crescita dei depositi nel 2020 – resta il comune umbro con il livello più elevato di depositi per abitante, quindi il comune più ‘liquido’, seguito da Perugia, Norcia, Città della Pieve e Magione.

Sintesi del Rapporto

La pandemia non ha fermato la crescita – anzi l’ha spinta ulteriormente – dei depositi bancari degli umbri (famiglie e imprese), che nel 2020 sono aumentati di un altro 13%, arrivando alla cifra ‘monstre’ di 14,046 miliardi di euro (escludendo i dati di Cassa depositi e prestiti), con un incremento di 1,616 miliardi rispetto al 2019, dimostrando che famiglie e imprese della regione hanno aumentato ancora la loro preferenza per la liquidità, parcheggiando il risparmio in strumenti liquidi o facilmente liquidabili come conti correnti o comunque investimenti finanziari diretti a breve, a significare la permanenza di un clima di incertezza. E se la crescita maggiore dei depositi bancari nel 2020 in termini percentuali è avvenuta a Marsciano, Città di Castello, Acquasparta, Gualdo Tadino e Bastia Umbra, continua ad essere Orvieto il comune umbro più ‘liquido’, ossia che presenta il valore più elevato a livello di depositi bancari medi per abitante, neonati e ultracentenari inclusi. Subito dopo Orvieto, sempre per depositi bancari pro capite, ci sono Perugia, Norcia, Città della Pieve e Magione. L’incremento è stato più forte in provincia di Perugia (+13,4%) che in quella di Terni (+11,3%).

È il quadro che emerge dai dati forniti a livello comunale dalla Banca d’Italia ed elaborati dall’Agenzia Mediaco043, diretta da Giuseppe Castellini, che in sostanza evidenziano un’età dell’incertezza che spinge famiglie e imprese umbre (ma anche italiane) a tenere il risparmio fermo, ‘ozioso’, sia a scopo precauzionale sia perché il rapporto rischio/rendimenti è ritenuto troppo elevato per allocare diversamente questa mole di denaro. Il tutto facilitato da un’inflazione bassissima che non fa perdere valore reale al risparmio, benché detenuto in strumenti a breve che non rendono nulla e che, si considerano i costi di gestione, spesso danno addirittura un rendimento negativo, per quanto in forma leggera.

Un quadro di incertezza e timore dettato certamente dalla pandemia da Covid-19 (i dati della Banca d’Italia fotografano infatti la situazione al 31 dicembre 2020), ma non solo, perché anche negli anni pre-pandemia in Umbria e in Italia c’è stato un continuo incremento dei depositi bancari, frutto di un’economia stagnante quando non declinante, con il risparmio che si è rinserrato nel fortino della liquidità, invece che andare ad alimentare la crescita e lo sviluppo (in Italia siamo arrivati ad agosto 2021, ultimo dato che fornisce Banca d’Italia, a oltre 2mila 041 di euro di depositi bancari). Tanto per dare qualche numero, nel 2018 in Umbria i depositi bancari erano già al livello altissimo di 11,72 miliardi di euro, per poi passare a 12,43 miliardi nel 2019 e appunto a 14,05 miliardi di euro nel 2020.

Un’accelerazione che, almeno per quanto riguarda le imprese, è anche frutto della mole di liquidità a buon mercato (anzi, a ottimo mercato) immessa dalla Bce, che, con l’aggiunta più recentemente della garanzia statale su tali prestiti – ha spinto non poche aziende a prendere denaro in prestito visto che costa assai poco, sia per avere una scorta di liquidità con cui affrontare eventuali imprevisti, sia per essere pronti ad avere risorse immediate per investimenti qualora la ripresa economica fornisse nuove opportunità. La speranza è che, con la ripartenza post Covid, questa montagna di risparmio ‘congelato’ inizi a scongelarsi, transitando verso le attività produttive per produrre crescita e sviluppo. Ma ancora, almeno stando ai dati di agosto 2021 di Bankitalia, questo segnale non c’è. O meglio c’è ma è ancora troppo debole. Nel senso che, almeno per i depositi delle imprese, che si sono gonfiati per i motivi citati sopra, si nota un inizio di scongelamento di questa liquidità. Ma è ancora poco per poter parlare di vera svolta, che comunque potrebbe manifestarsi già nei prossimi mesi. Complessivamente, comunque, finora la liquidità detenuta nei depositi bancari nel 2021 ha continuato a crescere mese dopo mese, nonostante la marcata ripresa economica.

Un passo indietro

Un’analisi completa della situazione dovrebbe disaggregare i depositi bancari per tipologia della clientela (imprese non finanziarie, famiglie consumatrici, famiglie produttrici e così via) e mettere a confronto i depositi con i prestiti, valutando così meglio l’entità effettiva della ‘bolla’ dei depositi ‘oziosi’, che non si trasformano in risorse per gli investimenti del settore produttivo. Ma analisi del genere comportano uno o due Rapporti a sé stante, che produrremo ma non in questa sede per non appesantire troppo l’esposizione. Su questi fronti, al momento, basti dire alcune cose per avere un quadro di riferimento:

  1. La crescita dei depositi bancari in Italia non si è fermata nel 2021, nonostante i venti di ripresa economica. In Italia i depositi bancari, al 31 agosto 2021, ammontano a oltre 2mila 041 miliardi di euro, +104,84 miliardi rispetto ad agosto 2020 (+5,4%) e +208,12 miliardi di euro (+11,4%) rispetto ad agosto 2019, mentre negli ultimi cinque anni (agosto 2021 – agosto 2016) i depositi sono cresciuti di 355,383 miliardi (+21,1%). In questo quadro, l’incremento percentuale maggiore è stato quello dei depositi delle imprese (comprese le famiglie produttrici, ossia le piccole e piccole e piccolissime imprese), a conferma dell’ipotesi che almeno una parte importante di questa crescita derivi da prestiti accesi dalle imprese con le banche – visti i bassi tassi di interesse e anche, più di recente a causa della pandemia, dalla garanzia statale su tali prestiti – e poi tenuti fermi come scorta di liquidità disponibile per investimenti futuri. Crescono comunque anche i depositi delle famiglie consumatrici.
  2. Per quanto riguarda l’Umbria, neanche nella regione la crescita economica registrata nel 2021 ha frenato l’aumento dei depositi bancari. Ad agosto 2021 questi ammontano in Umbria a 20,493 miliardi di euro, +1,687 miliardi (+9,8%) rispetto ad agosto 2020, quindi assai più della media nazionale (+5,4%). Tra il 2021 e il 2019 i depositi bancari umbri sono cresciuti di 3,248 miliardi di euro (+18,4%), anche in questo caso ben più della media nazionale. Negli ultimi 5 anni (2021-2016) la crescita dei depositi bancari in Umbria è stata di quasi 5 miliardi di euro, pari a +31,4% (media nazionale +21,1%). Anche in Umbria si nota che l’aumento percentuale maggiore spetta ai depositi delle imprese (tra 2021 e 2019 +43%), mentre quelli delle famiglie consumatrici aumentano meno rispetto alla media nazionale.

L’andamento dei depositi bancari in Umbria (totale e pro capite) comune per comune

  1. Come si può vedere dalla Tabella 1, in Umbria i depositi bancari sono aumentati tra il 2019 e il 2020 di 1,62 miliardi di euro, pari a +13%. L’incremento maggiore in provincia di Perugia (+13,4%) rispetto a quella di Terni (+11,3%). Da notare che in nessun comune umbro si evidenzia il segno meno, anche se i tassi di crescita dei depositi tra comune e comune sono molto diversificati.

A livello di singoli comuni, nel 2020 in termini di crescita percentuale dei depositi bancari rispetto al 2019 in testa sono Marsciano (+28%, +43 milioni di euro), Città di Castello (+27,8%, 174,4 milioni), Acquasparta (+23,3%, +13,9 milioni), Gualdo Tadino (+27 milioni) e Bastia Umbra (+19,8%, +70,7 milioni di euro). Seguono Foligno (+18,4%), Giano dell’Umbria (+17,9%) e Gubbio (+17,8%). La ‘top ten’ è completata da Deruta (+16,9%) e Norcia (+16,4%).

A ben guardare, il primato della crescita dei depositi bancari avviene nel 2020 per il gruppo indistinto dei ‘comuni riservati’ (si tratta di quei comuni in cui operano meno di tre sportelli bancari), in cui i depositi aumentano del 36,6% (+268,6 milioni di euro).

In coda per crescita Castiglione del Lago (+2,5%), Orvieto (+3,3%, pari a +17,7 milioni), che comunque come vedremo mantiene il prato di municipio umbro con il livello più elevato di depositi pro capite, Nocera Umbra (+9,4%), Spoleto (+9,5%) e Fabro (+9,7%).

Sotto la media la crescita dei depositi a Perugia (+10,1%, contro +13% della media regionale), che comunque mantiene il secondo posto per quanto riguarda i depositi per abitante, mentre Terni marca +13,3%.

  • Nonostante una bassa crescita – rispetto alla media regionale (tabella 2) – dei depositi bancari per abitante nel 2020, Orvieto mantiene il primato di comune più ‘liquido’ della regione, con 27mila 352 euro di depositi per abitante, lattanti e ultracentenari inclusi. Seguono Perugia (26mila 928 euro per abitante), Norcia (25mila 2917), Città della Pieve (23mila 974) Magione (21mila 388). Completano la ‘top ten’ Panicale (21mila 274), Città di Castello (20mila 888), Giano dell’Umbria (20mila 547), Fabro (20mila 406) e Bastia Umbra (20mila 055).

Da notare che, sul fronte dei depositi bancari per abitante, il comune di Perugia (26mila 928 euro) surclassa quello di Terni (14mila 993). In sostanza, per ogni 100 euro di depositi bancari di Terni a Perugia ce ne sono 179,6.

In media, anche la provincia di Perugia è assai più ricca di liquidità rispetto a quella di Terni: 17mila 337 euro contro 13mila 046.

In coda, sempre in termini di depositi per abitante, ci sono Nocera Umbra (6mila 705), Amelia (7mila 789), Narni (9mila750), Gualdo Tadino (10mila 049), Passignano (10mila 735). I ‘comuni riservati’, nonostante la netta crescita dei depositi bancari nel 2020, si attestano a una media di depositi per abitante assai bassa: 6mila 705 euro.

Per dare un’idea delle notevoli differenze, basti fare i confronto tra la prima e l’ultima della classifica: per ogni 100 euro di depositi bancari esistenti a Nocera Umbra, a Orvieto ce ne sono 351,2.

  • La Tabella 3 riprende i dati della Tabella 2 sui depositi bancari in ciascun comune umbro e li mette a confronto con la media regionale, in modo che la graduatoria diventi ancora più chiara. Emerge, ad esempio, che nel 2020, per ogni 100 euro di depositi bancari per abitante esistenti nella media umbra, ad Orvieto ne esistono 168,4, a Perugia 165,8, a Norcia 155,3, a Città della Pieve 147,6, a Magione 131,7 e così via. Da rilevare che il comune di Terni è sotto la media regionale (una un indice di 92,3 fatta 100 la media regionale).

In coda, Nocera Umbra ha un indice di depositi per abitante di 48, quindi oltre la metà della media regionale, Amelia di 52,7, Narni di 60 e così via.

A livello provinciale, l’incide della provincia di Perugia (106,8) è sopra la media regionale, mentre quello della provincia di Terni è assai sotto (indice 80,3).




Arrestato a Fabro dai carabinieri un 46enne per il furto di un marsupio da un’auto

Nel pomeriggio dell’11 novembre i carabinieri delle Stazioni di Fabro e Ficulle hanno tratto in arresto in flagranza di reato G.S. di 46 anni, originario e residente della provincia di Napoli, con l’accusa di furto aggravato.  L’uomo si è reso responsabile del furto di un marsupio custodito all’interno di un furgone contenente un telefonino e 162 euro, mentre il proprietario era intento a scaricare della merce.

Appena la vittima si è accorta del furto ha immediatamente avvertito le forze dell’ordine che, dopo aver raccolto alcune testimonianze, si sono messi alla ricerca del ladro che è stato poi rintracciato alla stazione ferroviaria di Fabro pronto a lasciare la zona.  G.S è stato fermato, la refurtiva è stata recuperata e l’uomo è stato “accompagnato” alla Casa Circondariale di Terni.