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CRO, il presidente della Fondazione Libero Mario Mari, “aumento di capitale in programma ma decideremo nella massima trasparenza”

Cassa di Risparmio di Orvieto è di nuovo al centro della cronaca economica e finanziaria regionale. Dopo il previsto taglio delle filiali dal prossimo 8 ottobre, ora si torna a discutere su un aumento di capitale piuttosto importante. OrvietoLife aveva anticipato a marzo 2021 che si sarebbe trattato di circa 16/20 milioni di euro con un impegno della Fondazione che ritenevamo già pesante. Oggi le cifre che circolano sono di una decina di milioni più alte anche se non confermate ufficialmente.

Il presidente della Fondazione Cro, Libero Mario Mari, raggiunto telefonicamente, ha spiegato che “l’aumento di capitale è confermato ma non abbiamo contezza dell’ammontare né dei tempi visto che ancora ufficialmente non ci è stato comunicato nulla dall’azionista di controllo. E’, questa, una manovra conservativa su sollecitazione di Bankitalia e ritengo sia positivo che lo Stato decida di investire su CariOrvieto, è un segnale di fiducia nel futuro della banca”. Per quanto riguarda l’impegno della Fondazione il presidente è stato altrettanto chiaro, “ribadisco che non abbiamo ricevuto alcuna comunicazione ufficiale e comunque quando arriverà coinvolgeremo tutti gli organi istituzionali preposti e anche la città perché l’impegno è importante, circa 7 milioni di euro, e tutto verrà deciso nella massima trasparenza e nell’interesse della banca e della città”. Il presidente Mari è tornato anche sulla questione delle filiali che verranno chiuse il prossimo mese di ottobre, “come Fondazione abbiamo ascoltato i sindaci e anche il dg della banca. Oggi tutto sta cambiando e il taglio delle filiali è un problema comune a tutti i gruppi bancari, piccoli medi e grandi. Provare ad ottenere un rinvio non avrebbe certamente risolto i problemi che i sindaci dei piccoli comuni hanno manifestato, d’altra parte la banca non può non accogliere la sfida digitale e soprattutto non può continuare a sopportare i costi di gestione in un momento delicato per l’intero comparto non solo per CRO”.




Le filiali di banca non sono gratis

Ho lavorato per decenni nelle filiali CRO nei vari comuni e borghi dell’orvietano.
Conoscevamo uno ad uno i clienti e i clienti conoscevano noi impiegati. Dopo il sindaco, il medico e il farmacista e il prete venivamo noi bancari come punto di riferimento per le famiglie e le piccole attività commerciali.
Il sistema delle filiali si reggeva su un semplice e automatico profitto ovvero pagavamo la raccolta qualche punto percentuale e la reimpiegavano a tassi triplicati in linea con l’inflazione del momento. Questo differenziale garantiva là copertura delle spese di funzionamento e il pagamento dei nostri stipendi automaticamente semplicemente alzando la saracinesca ogni mattina.
Man mano che questa forbice si restringeva per effetto delle politiche monetarie di contenimento dell’inflazione i guadagni per le banche si restringevano mentre i costi di esercizio restavano fissi con tendenza in aumento.
E’ stato agli inizi degli anni 2000 che le banche hanno iniziato a integrare i profitti da intermediazione tra raccolta e impieghi attraverso il collocamento di prodotti finanziari esterni alla banca sui quali percepiscono commissioni che mano a mano sono diventate la fonte primaria delle entrate con le quali far quadrare i bilanci.
L’operazione fu quella di prendere per mano la clientela fidelizzata da oltre un secolo di storia della CRO e traghettarla dai semplici depositi o dai BOT di stato agli strumenti finanziari a rischio come obbligazioni , fondi di investimento ecc… ecc..
A fronte di rendimenti allettanti questa trasformazione per lo più ha creato problemi e talvolta disastri fino, nel caso di CRO e di altre banche, nello scaricare sugli stessi clienti i propri problemi finanziari attraverso l’offerta di azioni del proprio capitale sociale.

Se non si è ancora capita questa lezione, ovvero che il mondo del credito non si mantiene attraverso qualche decina di euro da far pagare per la tenuta di un conto corrente allora il rischio è che la politica ( si vedano le iniziative della Tesei in Regione e i Sindaci dei Comuni interessati alle annunciate chiusure di alcune filiali di CRO) crei le condizioni per ulteriori crisi di impresa che le banche, in un modo i nell’altro finirebbero con lo scaricare ancora sui propri clienti.
Basta, lasciate che le banche si riorganizzino secondo il mercato e se serve lasciatele fallire in santa pace.

Massimo Gnagnarini




E’ vero alcuni primari remano contro Orvieto e il suo ospedale. Ci sarà un futuro?

Ci risiamo e questa volta è stato scoperto quello che avevamo scritto di temere e cioè che a remare contro lo sviluppo dell’ospedale di Orvieto fossero figure professionali interne. La conferma arriva dal verbale del consiglio comunale di Attigliano con il sindaco Fazio che, rispondendo ad alcune sollecitazioni del consigliere Meloni, ha apertamente spiegato che un primario di Orvieto ritiene inutile l’emodinamica e che anche altri professionisti, riportiamo il virgolettato, “sarebbe opportuno insistere sull’elisoccorso, che arriva immediatamente, anziché su qualcosa che non riescono a fare, perché loro lavorano sui numeri, e non sulla comodità delle persone”. E no, non si tratta della comodità, ma della vita delle persone e un medico non deve lavorare sui numeri ma sui pazienti, deve fare tutto il possibile per salvarle. Oggi, con l’attuale personale sicuramente l’emodinamica non potrebbe funzionare, ma tante altre cose non funzionano. Lo diciamo ormai da più di un anno. L’ospedale di Orvieto viene depotenziato lentamente per una politica “foligno e spoletocentrica” che onestamente risulta stucchevole. Ad agosto ci saranno criticità nel Pronto Soccorso, ad esempio, e ci risulta, attendiamo conferme, che ad alleviare i problemi vengano professionisti proprio da Spoleto e Foligno, guarda caso.

Delle liste di attesa infinite non ne parliamo più per decenza, anche perché basta effettuare una prenotazione a pagamento che come d’incanto non si attende più. Oppure basta girare per l’Umbria e spuntano posti per servizi essenziali che dovrebbero funzionare anche ad Orvieto. Mentre una parte dei primari orvietani è impegnata in una lotta infruttuosa e fratricida la presidente Tesei ha auspicato che Foligno e Spoleto diventino il terzo polo dell’Umbria, giustamente, ma dimenticandosi un territorio piuttosto vasto, l’orvietano, che per raggiungere l’unico polo della Provincia di Terni ha tempi di percorrenza di almeno 45 minuti. Sicuramente con i mezzi di soccorso i tempi si accorciano ma siamo sempre al limite per le patologie tempo-dipendenti. La creazione di un terzo polo, ancora un volta lontano dalle principali direttrici di traffico nazionale sia su ferro che su gomma, testimonia la scarsa attenzione per il territorio che nel corso degli anni, con colori diversi al potere, si è vista sfilare la ASL, il Tribunale, il CAR ricevendo in cambio l’ampliamento della discarica, qualche sistemazione delle strade e il mantenimento di UJW

Ricordiamo che Foligno ha lottato strenuamente, tutta unita, per la perdita della propria ASL e in cambio ha ottenuto tanto dal punto di vista sanitario. Il risultato è semplice, oggi Foligno per un giovane professionista è appetibile mentre Orvieto sicuramente no. E il risultato è ancora più chiaro se si vanno a controllare quanti posti in ospedale sono rimasti vacanti e quanti hanno rifiutato a vantaggio di altri nosocomi anche umbri.

Eppure Orvieto anche stavolta è governata da una coalizione identica quella regionale ma stiamo rischiando lo stesso errore del passato e cioè di essere tiratori d’acqua per conto terzi e non interlocutori con la schiena dritta pronti a combattere per il futuro della città e di tutto il territorio, senza accettare compromessi al ribasso o ancor peggio piccole prebende ad uso personale e non della comunità, troppo spesso. Che si investano soldi e progettualità vere sulla sanità territoriale e ospedaliera per non perdere un ulteriore treno, tra l’altro abbiamo perso anche l’AV a vantaggio di siti extra-regionali, perché senza una sanità pubblica vera, reale, pronta non si attirano residenti nuovi e investimenti privati di rilievo. Non chiediamo un sindaco barricadero ma che ribadisca in ogni occasione la centralità dell’ospedale e valorizzi le professionalità presenti, che punti i piedi e rifiuti ogni offerta se non estremamente vantaggiosa per l’intero territorio!