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Il Comitato “A scuola Umbria”, da settembre tutti in presenza senza sorprese

E’ stata inviata tramite Pec, una lettera aperta promossa dal “Comitato A Scuola Umbria” e sottoscritta da altri comitati di genitori ed insegnanti facenti parte della Rete
Nazionale Scuola in Presenza, indirizzata al Presidente del Consiglio Mario Draghi, ai Ministri
Speranza e Bianchi e a tutti i membri del Cts Nazionale.
La lettera firmata in calce dagli avv. Alessandra Bircolotti e Paolo Pagliacci del comitato umbro e poi dagli altri comitati chiede esplicitamente che gli errori commessi nello scorso anno scolastico non siano ripetuti nel prossimo anno.
I Comitati prendendo atto di una situazione epidemiologica molto diversa dall’estate scorsa data la vaccinazione delle generazioni più colpite dal virus e dei soggetti fragili, aggiungendo a questo una maggiore conoscenza delle modalità di trasmissione virali e dei luoghi dove essa avviene che vede la scuola come ultimo luogo di trasmissione e i bambini e ragazzi colpiti per il 50% in meno rispetto agli adulti, chiedono che dal prossimo settembre la scuola di ogni ordine e grado sia in presenza al 100%, senza se e senza ma. Abbiamo sottolineato, ancora una volta, che i danni psico-fisici dovuti all’assenza di socialità delle nuove generazioni, che hanno pagato il prezzo più alto, non possono essere sottovalutati e che la scuola in presenza come riporta l’OMS debba essere garantita anche durante la pandemia.
Ormai consci degli errori che hanno portato a chiudere le scuole, anche quando non vi era estrema necessità, abbiamo richiesto ai ministeri sopracitati l’attuazione di un protocollo sanitario
scolastico unico
per tutte le Regioni, ma anche, un adeguamento dei protocolli di sicurezza sulla base del nuovo quadro epidemiologico ed di una situazione sanitaria che non può più essere
definita emergenziale. Abbiamo ritenuto fondamentale sottolineare quanto sia importante limitare il potere delle regioni di fronte all’apertura e la chiusura delle scuole, potere a nostro avviso usato lo scorso anno in maniera impropria creando divari sociali, didattici e culturali tra gli studenti italiani.
La lettera porta la firma di 24 comitati, coprendo l’intero territorio nazionale.
Ci auguriamo che finalmente anche i genitori siano coinvolti nel processo decisionale e nelle scelte
che ricadranno sui nostri figli al fine di creare una nuova alleanza tra gli attori della comunità
educante, che miri alla miglior formazione possibile e alla crescita armoniosa delle bambine, dei
bambini, dei ragazzi e delle ragazze del nostro paese tutelandone sempre i diritti fondamentali che non possono essere ridotti alla tutela della sola salute fisica e ad azioni di contenimento del
contagio.

Martina Leonardi, vice presidente Comitato a Scuola Umbria




Lettera aperta a Massimo Braganti, “chissà da dove partono gli umbri alla ricerca di servizi sanitari di qualità”

La sanità umbra è in sofferenza. I conti non tornano come dovrebbero e in particolare balza agli occhi una spesa da 3,3 milioni di euro per la cosiddetta mobilità passiva. In un articolo apparso sul quotidiano “La Nazione” a firma di Michele Nucci il direttore della sanità, Massimo Braganti ha spiegato che “da tre anni la Regione viene richiamata dal MEF per il trascinamento di perdite dai dodici mesi precedenti…”. Quali sono la cause? Certamente ci sono spese non controllate a dovere, come quella farmaceutica ma a ben vedere la mobilità passiva inizia a pesare ogni anno di più. Tanto per sgombrare il campo da illazioni politiche provenienti dall’attuale opposizione, il circolo vizioso è nato e cresciuto durante la gestione Marini per poi continuare nella sua escalation nel 2019, per la gran parte ancora in capo al centro-sinistra. Il covid ha dato la mazzata finale. Ma è colpa del virus? Perché la sanità umbra da eccellenza è diventata un punto debole? E’ così dappertutto? Veniamo al territorio orvietano: si è investito bene in questi anni? Si è pensato e programmato sui bisogni dei cittadini? E’ giusto spendere gran parte delle risorse per la creazione di un centro della salute a due passi dal Duomo? OrvietoLife vuole sapere e ha deciso di scrivere una lettera aperta al direttore regionale alla sanità e al welfare, Massimo Braganti.

Egr. dr. Massimo Braganti,

la notizia che ogni anno il saldo di bilancio tra spese verso altre regioni e incassi da altre regioni è in rosso per 3,3 milioni euro ha lasciato a bocca aperta molti, ma non tanto i cittadini di un’area, quella dell’orvietano, che ormai da anni subiscono le lentezze, la mancanza di professionalità mediche e la carenza di servizi nella sanità pubblica. Ci risulta, infatti, poco credibile che questi 3,3 milioni vengano spesi in maniera più o meno omogenea in tutta la Regione. Perugia e Terni hanno ospedali eccellenti e Foligno segue a ruota, tanto che la prima mobilità per gli orvietani è proprio verso questi tre hub regionali. Nulla da eccepire, si badi bene, in una Regione con poco più di 850 mila abitanti pretendere servizi sotto casa è fuori luogo. Alcune domande però ci girano nella testa; è giusto ragionare in termini meramente aziendali? Come mai il privato, invece, riesce a guadagnare e bene? Le patologie tempo-dipendenti vengono tenute nel giusto conto? La posizione geografica e logistica di Orvieto è stata ragionata bene?

Ragioniamo e cerchiamo di capire. L’area “Umbria ovest” è a scarsa presenza di presidi ospedalieri con unico riferimento l’ospedale di Orvieto. Dovrebbe essere una garanzia, anche perché a ben guardare il territorio è cerniera con altre due Regioni, che spesso afferiscono al Santa Maria della Stella per le prestazioni ospedaliere e specialistiche. Quindi il sistema sanitario umbro prende dal territorio con la mobilità passiva dell’Alto Lazio e della Bassa Toscana. Ma la Regione Umbria, intesa come politica, ha mai ragionato sul bacino d’utenza allargato, oppure si è fermata ai meri numeri dei Comuni del distretto? Insomma quando a Perugia si programma si ragiona sui circa 120 mila cittadini potenziali o su numeri sicuramente più bassi? Si è mai pensato ad Orvieto come “Porta dell’Umbria” vera e propria? Dal punto di vista degli investimenti nei trasporti e nella viabilità la risposta è più che chiara, assolutamente no, ma ciò sembra valere, purtroppo, anche in sanità.

A parte Terni, che per ovvie ragioni è un’eccellenza, poi abbiamo Foligno, con alcune specializzazioni di riferimento per l’intera USL Umbria2, Narni-Amelia che supportano il capoluogo, e a Orvieto? La programmazione sanitaria ha preso in considerazione i numeri della patologie croniche, acute e tempo-dipendenti in rapporto, ad esempio, all’età media della popolazione? Ha mai preso in considerazione i costi per il trasferimento di pazienti solo stabilizzati verso Terni per patologie cardiache acute? La mobilità passiva potrebbe addirittura aggravarsi se i cittadini provvedessero alle visite specialistiche e agli esami diagnostici presso strutture fuori Regione pubbliche. Invece in molti scelgono il privato, pagando di tasca propria, almeno chi può, per evitare liste d’attesa da tempi biblici. A proposito, il privato investe in mezzi e professionisti, spesso ex-pubblici, e il gioco vale la candela; perché lo stesso ragionamento non dovrebbe valere nel pubblico? E ancora, perché nel PNRR Umbria, certo poco più di una lista della spesa, gli investimenti nella sanità orvietana sono ridotti al lumicino? Un po’ di telemedicina, non si capisce bene come e con quale specializzazioni incluse, lavori di ristrutturazione del Pronto Soccorso, alcuni macchinari sostituiti (finalmente!) e poi un palazzo di grandissimo pregio vista Duomo, che verrà trasformato in centro salute e residenza diurna per anziani…Verrebbe da dire, tutto qui? 3,3 milioni di euro di mobilità passiva rischiano di crescere ogni anno in maniera esponenziale mettendo a rischio, alla fine, il sistema sanitario. Quali cittadini partono per i “viaggi della speranza” dall’Umbria, allora? E’ poco credibile che siano perugini o ternani o folignati o spoletini. Il territorio che negli anni ha perso appeal, professionalità e con adeguamenti tecnologici dell’ultimo minuto è Orvieto, almeno questo balza agli occhi.

Allora non si può sopportare chi si meraviglia di questo risultato. Non si può sopportare l’indignazione di un’opposizione che ha iniziato la “privatizzazione” dei servizi e il depauperamento professionale dell’ospedale di Orvieto; le liste d’attesa sono un problema annoso e molti primari top sono “andati via” in quegli anni. Oggi l’attuale maggioranza non ha cambiato lo schema, anzi lascia convivere pubblico e privato ma senza il filtro sociale della “convezione”, quindi chi può si cura e chi non può aspetta e prega. A questo punto non resta che attendere il nuovo Piano Sanitario Regionale per capire definitivamente verso quale sanità si vuole andare e soprattutto se e quanto è importante il territorio orvietano per l’Umbria.




Manifestazioni all’aperto oltre 1000 persone si deve comunicare alla Regione

Gli organizzatori di manifestazioni all’aperto con più di 1000 persone dovranno comunicare alla Regione Umbria il numero dei partecipanti e le modalità operative per garantire il rispetto delle “Linee guida per la ripresa delle attività economiche e sociali”, contenute nell’Ordinanza dello scorso 29 maggio, emanata dal Ministro per la salute, Roberto Speranza. Al di sotto di questa soglia di partecipanti non è prevista alcuna comunicazione alla Regione Umbria, fermo restando il più rigoroso rispetto delle norme anti Covid-19 definite con la citata ordinanza dello scorso 29 maggio. È questa l’indicazione emersa nel corso della riunione del Centro operativo regionale della Regione Umbria; riunione coordinata dal direttore regionale competente, Stefano Nodessi Proietti, cui hanno partecipato – tra gli altri, anche gli altri direttori regionali Massimo Braganti, Carlo Cipiciani e Luigi Rossetti.

 Nel corso della riunione, inoltre, è stato dato parere favorevole alla richiesta di deroga avanzata dalle organizzazioni del Festival di Spoleto e di Umbria Jazz per portare rispettivamente a 1150 e 1700 il numero di persone ammesse agli eventi. Le stesse organizzazioni, anche in questo caso, dovranno garantire il massimo rispetto delle norme stabilite dalle “Linee guida per la ripresa delle attività economiche e sociali”.




IL CTS Umbria, “anticipare le seconde dosi dei vaccini”. I giovani devono attendere

L’andamento del piano vaccinale in Umbria sta rispettando pienamente i tempi della programmazione con una copertura dell’80% della popolazione over 60 e l’avvio della somministrazione della prima dose agli over 30. Alla luce delle indicazioni ministeriali finalizzate a contenere la diffusione della variante Delta e delle comunicazioni del generale Figliuolo sull’approvvigionamento dei vaccini per il mese di luglio che vede una riduzione di dosi di Pfizer rispetto a giugno, il Comitato tecnico scientifico ha accolto le proposte del commissario regionale per l’emergenza covid, Massimo D’Angelo, che vedono una rimodulazione della somministrazione delle seconde dosi.

Visto che le forniture copriranno solo le seconde dosi, non potendo più dare appuntamenti per le prime somministrazioni fino a nuove comunicazioni sulle forniture, è stato deciso di utilizzare tutto il vaccino Pfizer e Moderna che sarà inviato settimana per settimana, per coprire le seconde dosi già programmate anticipando dove possibile, a 21 e 28 giorni la somministrazione rispettivamente di Pfizer e Moderna per completare l’immunizzazione della popolazione in base alle priorità. Inoltre, avendo ricevuto già tutti i vaccini AstraZeneca previsti per la fornitura di luglio, è stato deciso di anticipate alla nona settimana la seconda dose programmata inizialmente all’undicesima.

 “Spiace – ha detto l’assessore alla Salute della Regione Umbria, Luca Coletto – che la diminuzione delle forniture del mese di luglio rallenteranno il nostro piano vaccinale che, a partire dalla seconda metà del mese, prevedeva di somministrare la prima dose ai più giovani, ovvero ai ragazzi dai 29 anni in giù che in questo periodo sono più soggetti a sposamenti che non sono solo legati ad attività di svago e vacanza, ma anche di studio e formazione professionale. Ad ogni modo – ha concluso l’assessore – la programmazione della campagna vaccinale scelta dall’Umbria, è stata quella di raccogliere le preadesioni e assegnare di volta in volta gli appuntamenti, quando si aveva certezza sugli arrivi dei vaccini. Questo metodo si è rivelato vincente, visto che ora non ci siamo trovati nella difficoltà di dover disdire gli appuntamenti come invece stanno facendo altre Regioni. L’auspicio è che somministrando in questo mese il maggior numero possibile di seconde dosi, potersi dedicare quasi esclusivamente alla copertura dei giovani nel mese di agosto e accelerare per raggiungere l’immunità di gregge”.