Il Consiglio di Stato, no alla geotermia a Torre Alfina. Andrea Garbini, “siamo fiduciosi per il ricorso al TAR sull’impianto di Castel Giorgio”

Il Consiglio di Stato ha emesso sentenza di rigetto del ricorso presentato da Itw & Lkw Geotermia Italia s.p.a contro la sentenza del TAR per quanto riguarda l’impianto previsto a Torre Alfina.  Si è dunque ad un passo dalla parola fine per quanto riguarda le geotermia sull’altipiano dell’Alfina.  Leggendo il disposto del Consiglio di Stato, il collegio rileva che, tra l’altro, la tradizionale vocazione agricola (“uno degli ultimi esempi regionali di realtà agricola, in equilibrio con l’ambiente, che si è mantenuta integra”), i cui tratti caratteristici (“l’armonica integrazione fra la natura e le opere realizzate dall’uomo”) sarebbero ancora pienamente percepibili; la valenza archeologica dell’area, “interessata da un’articolata situazione di presenze che si scaglionano cronologicamente, sia pure con modalità di occupazione diverse legate a differenti periodi, in un arco cronologico amplissimo, dalla Preistoria al pieno Medioevo e oltre”.  In questo modo si da ragione a chi ha sostenuto da tempo che l’Alfina è un luogo di particolare pregio.  E ancora, “il fatto che l’impianto (“peraltro di grandi dimensioni: metri 100 x 38 x 10”) ‘provocherebbe un impatto negativo con il patrimonio archeologico e andrebbe a compromettere irrimediabilmente, nella sua qualità di bellezza panoramica, il paesaggio e l’ambiente riconosciuti di notevole interesse pubblico’, sia perché, nonostante gli accorgimenti previsti dalla società, sarebbe ‘visibile, per il particolare andamento del terreno che non consente mitigazioni, dalle strade provinciali, comunali e vicinali che attraversano l’area’, sia perché ‘tutte le soluzioni di tracciato (aereo o interrato) proposte per la realizzazione dell’elettrodotto che dovrebbe collegare l’impianto alla cabina primaria … tagliano zone di elevata sensibilità paesaggistica ed archeologica”.

Andando al punto 8 si legge, “d’altra parte, il PTPR osta alla realizzazione di un impianto quale quello di causa.

8.1. Nella versione vigente ratione temporis, invero, il PTPR stabiliva:

– la non compatibilità con il paesaggio naturale agrario (“costituito dalle porzioni di territorio che conservano i caratteri tradizionali propri del paesaggio agrario, e sono caratterizzati anche dalla presenza di componenti naturali di elevato valore paesistico”) della realizzazione di “impianti per la produzione di energia areali con grande impatto territoriale (centrali idro – termoelettriche, impianti di termovalorizzazione, impianti fotovoltaici)”;

– la compatibilità con tale paesaggio della realizzazione di “impianti di produzione energia rinnovabile di tipo areale o verticale con minimo impatto”, purché “di pertinenza di edifici esistenti se con essi integrati o parzialmente integrati nel rispetto delle tipologie edilizie”.

Per quanto riguarda la valenza archeologica poi, “la nota prot. n. 11681 del 7 novembre 2015, in tesi non elaborata nell’ambito della conferenza di servizi né acquisita ai relativi atti, è stata comunque conosciuta dall’appellata, che ha potuto articolare in proposito le proprie difese nel corso del presente giudizio; a prescindere da tale considerazione, comunque, il parere della Soprintendenza (recepito dal MIBACT e, quindi, dalla conforme deliberazione del Consiglio dei Ministri) mirava a valorizzare non specifiche e puntiformi emergenze, bensì il diffuso e complessivo rilievo storico-archeologico dell’area in questione, che, secondo il motivato avviso dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo, il cui merito è sottratto al sindacato giurisdizionale, esprime nel suo insieme un’importante testimonianza del passato remoto della Penisola”.

Le motivazioni si concludono chiaramente con “i ricorsi riuniti vanno accolti: in riforma dell’impugnata sentenza, dunque, il ricorso di primo grado va rigettato”.

Il sindaco di Castel Giorgio, Andrea Garbini, ha commentato, “ho avuto notizia che è stata rigettata dal Consiglio di Stato la sentenza del TAR e quindi l’impianto geotermico di Torre Alfina non si farà più.  Rimaniamo ora in attesa della sentenza del TAR per l’impianto di Castel Giorgio che dovrebbe uscire a breve.  Siamo fiduciosi anche perché la sentenza del Consiglio di Stato crea un precedente giurisprudenziale importante e che collima con tutte le nostre argomentazioni”.




Ospedali umbri blindati per l’emergenza covid. Fino al 21 febbraio nuove regole e sospensioni delle attività procrastinabili

L’attuale scenario epidemico di criticità ha reso necessaria l’istituzione fino al 21 febbraio di una zona rossa rafforzata per i comuni della provincia di Perugia e per sei comuni della provincia di Terni.  E’ stata riscontrata la presenza di numerosi cluster ospedalieri e nelle strutture extraospedaliere residenziali territoriali che richiedono interventi tempestivi per limitare la diffusione del virus e per ridurre la pressione sugli ospedali.  Per questo la Regione Umbria ha disposto con urgenza a partire dall’8 febbraio e fino al prossimo 21 la sospensione

di tutte le attività chirurgiche di ricovero programmate procrastinabili, comprese quelle intramoenia;

di tutte le attività specialistiche ambulatoriali procrastinabili e con classe di priorità D e P e le intramoenia.

Sempre per cautela vengono chiusi tutti gli accessi negli ospedali consentendo l’ingresso solo dall’entrata principale con sorveglianza e triage; sono sospese le visite ai degenti e limitati gli accessi ai care-giver a coloro con tampone molecolare negativo; vengono potenziale le misure di sorveglianza per il personale e i degenti; a tutti i pazienti in ingresso verrà effettuato un tampone molecolare, come giù avviene, da ripetere nei negativi dopo 48 ore mentendo l’isolamento degli ingressi.
Nelle strutture residenziali extraospedaliere si applicheranno le stesse misure in aggiunta a quelle già disposte con le circolari del 30.11.2020 e del 3.12.2020 in merito a prevenzione e sorveglianza oltre che quelle
specifiche di sorveglianza per le varianti disposte con la circolare del 31.1.2021.  Inoltre verranno sospese tutte le visite salvo autorizzazioni specifiche per i care-giver da parte dei direttori sanitari e comunque potrà essere consentito l’accesso solo a soggetti con tampone molecolare negativo, con l’indicazione di chiare informazioni sui comportamenti per la sicurezza di ospiti e personale, da tenere anche al di fuori della struttura.

A differenza degli ospedali rimangono pienamente operativi i distretti sanitari con rafforzamento delle misure di prevenzione.  Per quanto riguarda l’ospedale di Orvieto non c’è alcuna previsione di trasformarlo in covid-hospital e continuerà ad essere operativo, come tutti gli altri nosocomi regionali, per le emergenze e le urgenze.




Gianluigi Maravalle, sindaco di Ficulle, risponde alle critiche del PD, “la politica è chiamata a ben altre sfide e su queste sarà giudicata”

Mentre il Paese è travolto e stravolto dagli effetti sanitari ed economico/sociali della pandemia, piccole e medie aziende, botteghe artigiane e commercianti sono in difficoltà o chiudono, alle vecchie povertà si aggiungono nuove dimensioni del bisogno, i Circoli PD di Ficulle e Fabro segnalano come fatto rilevante la chiusura consensuale della convenzione per la gestione associata della Polizia Municipale tra i due Comuni.

I problemi attuali sono ben altri ed il futuro, data l’emergenza ed il lavoro da mettere in campo per uscire dalla crisi, non dipende dalla realizzazione di una Unione dei Comuni, tanto più se al momento sono in campo proficue collaborazioni a livello intercomunale, flessibili e compatibili con la gestione di un periodo di transizione, come quelle realizzate attraverso le convenzioni tra comuni. Valutare “fuori luogo” forme di collaborazione su scala più vasta ed anche interregionale, come nel caso delle convenzioni che il Comune di Ficulle ha con Montepulciano, Chiusi e Città della Pieve, significa non cogliere la dimensione delle sfide del presente, che segna una diversa scala delle priorità e dell’azione. Anche le citate convenzioni riguardanti Catasto e Protezione Civile non comprendono più 5 comuni ma da anni coinvolgono i 20 comuni dell’Area Interna Sud Ovest Orvietano.

In questi giorni l’emergenza è quella sanitaria così come la necessità di dare supporto alle persone in maggiore difficoltà. Al contempo, senza dubbio, devono essere avviati urgentemente i tavoli di confronto a livello locale e regionale per l’impiego delle risorse straordinarie che saranno destinate all’Umbria nel Recovery Plan, che è un tema riguardante l’intero territorio orvietano e non solo. Sarà infatti importante utilizzare tali fondi per investimenti significativi e strategici, evitando inutili parcellizzazioni, al fine di poterne beneficiare per un reale e lungimirante sviluppo di servizi chiave, come ad esempio nella nostra area il miglioramento del collegamento con Roma e Firenze, e gli interventi necessari per la piena funzionalità degli ospedali di Città della Pieve ed Orvieto

E’ del tutto evidente, che dovranno essere poste in atto anche riforme per ammodernare il sistema delle autonomie: da quelle endoregionali a quelle comunali. A livello nazionale è necessario avviare quella Grande Riforma attesa da decenni, come peraltro richiede l’Europa. Ed in questo, a livello locale, deve maturare l’idea e l’azione politica per creare collaborazioni intercomunali forti, dove i capoluoghi dei territori dovranno essere chiamati a giocare un ruolo diverso rispetto al passato, meno chiuso ed autoreferenziale, più sinergico e funzionale allo sviluppo di politiche, strategie e servizi di area vasta.  L’Umbria, in generale, è in ritardo rispetto a questa necessaria evoluzione dell’assetto organizzativo della rete dei comuni e dei servizi, e purtroppo il territorio orvietano non è un’eccezione, anche considerando il disimpegno rispetto alla grande opportunità rappresentata dall’appartenenza alla Strategia Nazionale per le Aree Interne.

La riorganizzazione del territorio è per l’Umbria uno dei grandi temi. Nella nostra Regione sono poche le forme evolute di collaborazione territoriale, sia a livello intercomunale che sul fronte economico: sono solo due le unioni dei comuni, sono rari gli enti di promozione territoriale al passo con i tempi ed è quasi inesistente il sistema dei distretti.  E’ sulla gestione dell’emergenza, sull’apertura di una grande stagione d’investimenti e riforme che la politica sarà giudicata sulla capacità di costruire il futuro.

Il nuovo Governo, che ormai quasi per certo sarà guidato dal Prof. Mario Draghi, autorevole cittadino della vicina Città della Pieve, segnerà inevitabilmente un cambio di passo della politica. Non perdiamo l’occasione!




PD Ficulle e Fabro, “i comuni scelgono l’autarchia cara alla destra e a pagare saranno i cittadini”

In questi giorni si è consumato l’ultimo capitolo della saga: “ Ora la sfida è l’Unione dei Comuni dell’Orvietano” (Comunicato Stampa 19/07/2016).

I Consigli Comunali di Fabro e di Ficulle mettono fine all’ultimo tentativo di dare ai cittadini dell’Alto Orvietano un futuro di servizi efficienti e qualificati.  Così termina l’era dei servizi associati e si ritorna all’autarchia, tanto cara alla cultura della destra nostrana.

Dopo la revoca a settembre 2019, a soli due anni dall’approvazione, della convenzione del servizio Urbanistica ed Edilizia, in questi ultimi due giorni è stata revocata anche la convenzione che aveva istituito il servizio associato di Polizia Municipale e che era stata rinnovata soltanto pochi mesi fa, nel giugno del 2020, tra i Comuni di Fabro e di Ficulle.  I servizi associati non sono un’obbligatorietà o una moda, bensì una necessità per i piccoli Comuni, che lamentano continuamente tagli ai trasferimenti finanziari da parte dello Stato e delle Regioni e servono ad ottimizzare le risorse e/o per dare ai propri cittadini servizi migliori e più efficienti.  Ragionamento ancora più valido in questo momento di grande difficoltà sociale ed economica.

Al momento non esiste una programmazione condivisa per le assunzioni che ogni Comune effettua, strafregandosene di quello che accade nel comune attiguo, visto e considerata l’assoluta impossibilità di avere interlocutori all’altezza della situazione, con il pessimo risultato di pregiudicare in tal modo il futuro dei cittadini per anni e anni.

Fatto salvo per le funzioni Catasto e Protezione Civile che esistono da decenni, per il resto non è stato creato niente.

Oggi delle cinque Amministrazioni dell’Alto Orvietano ben quattro sono dello stesso seme e nonostante questo non sono state in grado di costruire non solo servizi associati, ma nemmeno di formulare una visione strategica di sviluppo e futuro Comune, lasciandosi ormai alle spalle un mucchio di ceneri sul quale sarà molto difficile ricostruire qualcosa.  Si convenzionano con Chiusi, Montepulciano, Città della Pieve, Porano, Allerona, Castelviscardo, ma tra di loro niente.

Non si parlano e non si ascoltano.  Come sempre a pagare saranno solo ed esclusivamente i cittadini.  Poi non ci dobbiamo lamentare se la gente per lavorare è costretta ad emigrare e la popolazione residente diminuisce ogni giorno di più.”

Circoli Partito Democratico Fabro e Ficulle